OsservatorioinOpera nasce in occasione dell’invito che gli artisti Piero Almeoni, Paola Sabatti Bassini e Roberta Sisti hanno ricevuto dall’Isola Art Center di Milano a collaborare alla crescita dell’allora futuro centro per l’arte contemporanea con un laboratorio permanente che si modellasse sull’esperienza vissuta in stretta relazione con il quartiere Isola. Da poco OsservatorioinOpera si è insediato nella zona San Faustino a Brescia: quartiere colorato e vivace nel cuore della città.

La mostra Vapore Acqueo, che avete presentato presso la Galleria Nuovi Strumenti – Archivio Cavellini a Brescia, è la seconda tappa di un percorso iniziato nel maggio 2007 con il convegno che avete organizzato, con Piero Cavellini e il prof. Francesco Tedeschi, presso l’Università Cattolica di Brescia. Convegno che ha posto l’attenzione, per la prima volta in città, sul rapporto tra la cultura artistica contemporanea e lo spazio pubblico inteso come spazio del cittadino e quindi come luogo politico per eccellenza. Di che cosa si tratta?
In occasione dell’apertura della mostra abbiamo eseguito una performance che simulava una visita guidata alla città di Brescia condotta da Roberta che faceva da guida turistica. In questa visita, Roberta elencava le bellezze della città e i punti di forza economici che l’hanno portata ad essere una delle più importanti città dell’industria e dell’economia italiane, oltre a quegli aspetti legati alla cultura, come ciò che accade nell’ambito delle Grandi Mostre oppure le manifestazioni che la rendono nota in tutto il mondo come ad esempio la Mille Miglia, e anche la sua fama dovuta alla presenza di importanti fabbriche di armi. Tutti aspetti positivi da un lato ma equivoci dall’altro che fanno di Brescia una città nota. Aspetti che per altro la città vuole comunicare. Il tutto è stato raccontato con tono professionale tralasciando le parti descrittive e condensando tutti i fatti in modo da renderli surreali e ambigui nonostante la loro positività. Mentre Roberta parlava, nello spazio interno della galleria, quindi con pareti vuote, Piero e Paola costruivano una gabbia di 2mt x 3mt x 2mt che, in rapporto con quanto veniva raccontato da Roberta, sottolineava, metaforicamente, un aspetto di chiusura, costrizione e impossibilità di agire.

Vapore Acqueo è anche un blog che propone di “esplorare la città”, e in questo caso non solo la città di Brescia ma tutte indistintamente. Qual è, secondo voi, l’approccio migliore, le tattiche contemporanee per vivere, scoprire e passeggiare per una città?
Nel blog chiediamo ai visitatori di fare da esploratore urbano, invitandoli a costruire una mappa che raccolga i loro percorsi abituali, i luoghi più frequentati o semplicemente il loro andare a zonzo. Sulla traccia delle pratiche situazioniste, l’esperienza del blog non restituisce un’immagine univoca della città dettata dallo sguardo dall’alto, ma un’immagine variegata e, perchè no, disordinata, risultante di quelle pratiche dal basso che rendono visibile la città nonostante le sue continue trasformazioni formali. Questa esperienza significa accettare la città come luogo di contraddizioni per evitare scelte monodirezionali e prettamente ideologiche. Le contraddizioni svolgono una parte importante nelle dinamiche urbane perché pongono sempre nuove domande, evidenziano quello stato di tensione positiva che per noi è vitale in quanto ci mantiene in un continuo stato di veglia.

La performance di Vapore Acqueo richiama il vostro precedente intervento a Trieste, Assicurarti, all’interno della manifestazione Public Art a Trieste e dintorni a cura di Maria Campitelli. Che cosa è accaduto in quell’occasione?
Siamo arrivati a Trieste forti dell’esperienza milanese, esperienza che ha messo in luce l’artista come una figura responsabile civilmente e politicamente. Una figura che del resto risulta essere come un fantasma perché da una parte tutto quello che egli può denunciare o dichiarare all’interno del sistema dell’arte viene inglobato e conglobato in un tutto, dove l’attenzione è rivolta solo al gusto dell’ultima moda. Fuori invece, nell’ambiente quotidiano, l’artista viene frainteso in quanto manca una struttura culturale di fondo. Ci siamo quindi chiesti dove e in che modo fosse collocabile la figura dell’artista, da dove arriva la sua credibilità, che cosa lo rende reale.
Abbiamo quindi preso contatto con un procuratore delle Assicurazioni Generali chiedendo di essere assicurati come artisti ossia di inventarsi i termini di una polizza per assicurarci, per assicurare la nostra libertà di espressione e la nostra credibilità. Raggiungere questo significava conferire valore tangibile alla figura dell’artista e formalizzarne l’esistenza.
Il problema del procuratore è stato proprio quantificare il valore monetario da assicurare e imputava la responsabilità della tutela dell’artista alle istituzioni governative.
Quindi la nostra richiesta non è stata accettata, come del resto avevamo messo in conto perché per noi non era necessario cambiare effettivamente le condizioni della realtà o ottenere una vera polizza ma mettere in luce, tramite le Assicurazioni Generali, la mancanza di valore come figura professionale e sociale.
In occasione della mostra a Trieste abbiamo poi realizzato una gabbia da cui distribuivamo un volantino in cui era brevemente illustrato il percorso fatto con le Generali ed era inoltre udibile una registrazione in cui leggevamo la dichiarazione dell’UNESCO del 1980 sui diritti e l’importanza dell’artista.

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