Il primo a soffrire del divario tra creatività e tecnologia, tra pensiero musicale e capacità tecniche fu Edgard Varèse. Compositore francese naturalizzato americano, Varèse – riferimento esplicito di musicisti quali Frank Zappa – fu autore nel 1958 assieme al compositore greco Yannis Xeanakis e al celebre architetto Le Corbusier del primo spettacolo multimediale che la storia ricordi: il “Poème Electronique” per il Padiglione Philips dell’Esposizione Universale di Bruxelles. Ne “Il suono organizzato”, testo fondamentale che riunisce gli appunti di una vita, scrive: “ho messo a punto, sul piano teorico, dei concetti nuovi […]. Purtroppo mi è impossibile trovare le condizioni tecniche per realizzarli”. Quel “sul piano teorico”, è stato ed è una spina nel fianco per i compositori elettroacustici e per chiunque dal Ventesimo secolo in poi abbia lavorato con il suono: musicisti, sound designer, ingegneri del suono, registi, artisti d’ogni campo. La musica su supporto ha richiesto fin da subito capacità tecniche nuove, che non erano alla portata di tutti, che non facevano parte del cursus di studi dei compositori d’allora. Pierre Schaeffer, padre della “musique concrète” e delle sperimentazioni sul suono fissato, era tecnico del suono presso Radio France, e non è un caso.
In un panorama sonoro profondamente mutato altre figure hanno cominciato ad affiancare nell’immaginario collettivo quella del musicista: i fisici, i programmatori, gli ingegneri, i sound designer amatoriali, gli artigiani del suono, gli auto-costruttori. In una parola i geeks, gli “smanettoni” del nuovo millennio, capaci di trasformare un vecchio amplificatore in un impianto home theatre o un Bontempi System 5 in uno strumento di natural interaction; di ricavare dalle piastrine di accensione dei fornelli un’installazione sonora d’arte, e dai sogni di un utopista delle matrici il programma feticcio dell’ultima generazione di artisti del suono, MAX.
Molti musicisti si trovano spaesati, ma una strada, seppur faticosa, verso l’ autosufficienza sonora c’è. I suoi sentieri si snodano nel web, e portano spesso impresso il marchio del Creative Commons. Vediamo come, e dove.
Diciamolo subito, il Do It Yourself (DIY) nel mondo del suono riguarda aspetti molto diversi, e fasi diverse del lavoro. Il software MAX di Miller Puckett fu chiamato così in onore di Max Mathews, il ricercatore dei Bell Labs che nei lontanissimi anni ’60 creò MUSIC, il primo programma per la sintesi sonora. Max dunque fu il padre, la chiave di volta. Il primo strumento digitale che fece credere anche ai musicisti di potersi costruire da sé i ferri del mestiere. MAX infatti è un “programma quadro”, che permette, attraverso un linguaggio di programmazione cosiddetto ad oggetti (quindi più accessibile ai non programmatori in senso stretto), di creare il proprio software ”“ in gergo, la propria patch ”“ in grado così di rispondere alle esigenze specifiche del compositore e di uno specifico avvenimento sonoro. Creato in due versioni, Jitter per la gestione delle immagini e Msp per il lavoro sui segnali audio, Max è divenuto ben presto lo strumento indispensabile e affidabile per ogni spettacolo dal vivo di arte digitale. Ma Max ”“ come il suo fratello più giovane e open source uscito dal cappello di Miller Puckett, Pure Data – attiene ad un fase specifica della catena elettroacustica: la lavorazione e la trasformazione del segnale digitale, il perno centrale che sta tra l’origine del suono e la sua diffusione. Per tutte le esigenze che riguardano gli altri due momenti fondamentali, la comunità del web si è attrezzata e fornisce istruzioni e componenti per dare sfogo ad una creatività manuale e artigianale, come lo fu un tempo la costruzione di strumenti musicali.
Do It Yourself è il posto giusto per ogni Mc Giver dell’amplificatore: il sito e il blog ospitano i più interessanti e bizzarri progetti per costruire diffusori, amplificatori, subwoofer, cavi, e molto altro. I progetti sono dei lettori stessi, che li mettono a disposizione non mancando di indicare dove e come procurarsi i componenti elementari. Spesso si incontrano progetti che reinterpretano progetti caricati da utenti precedenti, nel vero spirito di condivisione e creazione collettiva che anima il nuovo Web. Molto utile poi la pagina dei Link che rimanda ad una lunga lista di siti per il DIY.
Nel quadro della generazione del suono, c’è da sbizzarrirsi. Si va dai workshop per la costruzione di controller MIDI e audio a partire da giocattoli per bambini, ai siti che spiegano come e dove recuperare rifiuti industriali da trasformare in tools sonori. Detto altrimenti, si tratta di manipolare oggetti già esistenti o costruiti con elementi di recupero mettendoli in condizione di produrre e controllare – attraverso un computer – suoni. Le modalità di trasmissione del suono sono quelle fondamentali degli strumenti elettronici: come segnale audio oppure come segnale MIDI, il rivoluzionario protocollo di codifica del segnale digitale nato alla fine degli anni’80.
Un passo più in là, la bravissima Ladyada dei Media Lab del prestigioso Massachussets Institute of Technology, alla voce Make It! del suo sito condivide le istruzioni per costruire l’interfaccia che mette in comunicazione sensori di vario tipo con i software per la modifica, il montaggio o la diffusione del suono. L’interfaccia – il board – rappresenta lo strumento fisico che permette di trasformare i segnali provenienti da sensori (come fotocellule, termometri, distanziometri) in segnali MIDI, pronti ad “entrare” in un software di trasformazione/riproduzione del suono. Una volta in possesso del “codice” per la traduzione, ogni esperimento di interazione e trasformazione di qualsiasi segnale in suono diviene possibile.
Edgard Varèse non avrebbe esitato un attimo, e avrebbe fatta sua la filosofia del Do It Yourself. In essa sta il segreto dell’arte del nuovo millennio, e forse di sempre: costruire gli strumenti che rispondono alle proprie idee, dotarsi dei mezzi per comunicare la propria visione del mondo, riappropriarsi del dato reale, di ciò che apparentemente è bloccato, sottratto al nostro controllo.