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Nel corso degli ultimi decenni gli studi sulla natura e sulle modalità di funzionamento del cervello e della mente hanno portato a risultati inediti e sorprendenti, capaci di rivoluzionare il pensiero dell’uomo circa la propria esistenza ed il proprio ruolo all’interno dell’ambiente nel quale vive e con il quale interagisce. Le scoperte di famosi neuroscienziati, come l’indiano Vilayanur S. Ramachandran, oltre a fornire le basi di partenza per una spiegazione biologica e scientifica di caratteristiche tipicamente umane quali il linguaggio, la consapevolezza di essere coscienti e la capacità di immaginare l’inesistente, hanno sollecitato ulteriori interrogativi. A questo proposito lo stesso Ramachandran ha osservato che il fatto che esista, ad esempio, una correlazione tra i nostri centri visivi e i sistemi neurali preposti alle emozioni, non solo rende evidente che la risposta emotiva alle immagini visive è fondamentale per la nostra sopravvivenza, ma induce anche a porsi interessanti domande circa la natura dell’arte, il modo in cui il cervello reagisce alla bellezza, e la possibilità che esista una relazione tra la risposta emotiva estetica alle immagini visive e il processo di creazione artistica.
Altro illustre rappresentante dell’universo delle scienze cognitive, Donald A. Norman nel suo libro intitolato “Emotional design”, cerca di fornire una spiegazione del perché alcuni individui preferiscono usare ”“ nella propria vita di tutti i giorni – determinati oggetti piuttosto che altri, partendo proprio dall’osservazione dei meccanismi neurali che sottostanno a questo tipo di scelte, e ponendo al centro del proprio ragionamento l’imprescindibile ruolo giocato dalle emozioni. Per lungo tempo, infatti, la parziale conoscenza del nostro cervello, ha reso plausibile e predominante l’idea che l’uomo fosse un essere perfettamente razionale, in grado di compiere delle scelte ed esprimere delle preferenze basandosi esclusivamente sulla propria utilità personale e sull’uso di ragionamenti logici e lineari. Questo ha portato ad oscurare la nostra parte emozionale ”“ e quindi irrazionale ”“ facendoci dimenticare quanto in realtà “i sentimenti influenzino in forte misura la ragione”, e quanto “i sistemi cerebrali richiesti dai sentimenti siano fusi in quelli necessari per la ragione”1. Con ciò non si intende semplicemente “che siano i sentimenti a decidere per noi, ma che la ragione può non essere così pura come la maggior parte di noi ritiene che sia, o vorrebbe che fosse, e che certi aspetti del processo dell’emozione e del sentimento sono invece indispensabili per la razionalità ”2: perché in fondo noi siamo fatti soprattutto di sensazioni e di affetti. Norman mostra come “nella creazione di un oggetto, il designer deve prendere in considerazione molti fattori [”¦]. Ma ciò che molti non riconoscono è che esiste una forte componente emozionale nel modo in cui i prodotti vengono progettati ed utilizzati”. Il lato emozionale del design può, così rivelarsi decisamente più critico ed importante nel decretare il successo di un prodotto, di quanto non possano fare le sue caratteristiche di praticità e funzionalità . Ma prestare ascolto alle emozioni significa anche dare voce ai desideri e alla soggettività di ciascun individuo. Come può allora il designer progettare oggetti che riescano davvero a soddisfare i diversi modi di fare esperienza di ogni singolo consumatore? Un libro quello di Norman che, intraprendendo un viaggio all’interno del cervello, aiuta a comprendere meglio la componente “emotional” del design, svelandoci perché odiamo oppure amiamo gli oggetti della nostra vita quotidiana.
1 Damasio Antonio, Emozione e Coscienza, 2000, Milano, Adelphi
2 Ibid
Emotional Design
Perchè amiamo (o odiamo) gli oggetti della vita quotidiana
Donald A. Norman
Apogeo 2004 Euro 18
ISBN 88-503-2235-6