Quando è nato il Museo Piaggio e quali sono state le tappe salienti della sua storia?
La storia del Museo Piaggio non può prescindere da quella degli altri “istituti culturali” dell’azienda ”“ la Fondazione e l’Archivio storico ”“ che vanno a costituire quella che noi chiamiamo la “triade” che compone il “progetto culturale” della Piaggio.
Il progetto culturale Piaggio nasce nei primi anni ”˜90 con Giovanni Alberto Agnelli, allora presidente. La storia del museo è strettamente legata alla sua figura. Era un uomo di grande cultura, non solo aziendale ma anche umanistica e sociale. La sua curiosità  di far stilare delle tesi di storia economica sulla storia dell’azienda Piaggio, lo ha condotto a contattare il sottoscritto (Prof. Tommaso Fanfani, docente di Economia dell’università  di Pisa, ndr ) per fornire ai suoi amministratori delle ricerche approfondite sulla storia delle tappe decisive dell’azienda.
Senza la presenza di un archivio di documentazione l’attività  di ricerca si rivelò alquanto complessa. Ne derivò la necessità  e la volontà  di creare un Archivio Storico.
Fu una fase concitata e non eccessivamente lunga, una fase di ricerca delle fonti d’archivio che è durata solo un anno grazie anche ad un colpo di fortuna: furono trovati 42 scatoloni messi da parte un funzionario dell’azienda che contenevano un numero enorme di documenti, che ha poi rappresentato il nucleo iniziale dell’archivio. Dopo un anno di lavoro che ha condotto ad un risultato apprezzabile e apprezzato anche da Giovanni Agnelli. Dato il risultato, nasce anche l’idea del museo. Non solo carte e documenti ma anche dei veicoli e dei pezzi. La sua spiccata sensibilità  verso la cultura, la ricerca di un rapporto con il territorio l’ha portato alla proposta di un ente che permettesse di interfacciarsi col territorio sotto il profilo culturale. Partendo dall’idea che un’azienda metalmeccanica potesse dare al territorio delle risposte su un terreno dei valori immateriali, non solo materiali. Da qui l’idea della Fondazione, nel 1994, quando la costituzione dell’Archivio storico era a metà  del suo percorso, mentre del museo si era solo accennato. La fondazione nasce come ente pubblico-privato costituito per il 50% Piaggio, 25% Pontedera, 25 % Provincia Pisa, con una rappresentanza paritetica in assoluto – degli 8 rappresentanti, 4 all’azienda e 4 agli enti locali.
Impresa-cultura e impresa-territorio sono i due sono i binomi alla base della fondazione, così come dell’archivio e del museo. L’idea del museo procede faticosamente e dopo 6 anni dalla decisione di costituirlo, quando Giovanni Alberto Agnelli è scomparso prematuramente. L’azienda fa del progetto un impegno morale nei suoi confronti. Supportati da questa “spinta” nel 1998, un anno dopo la morte di GAA, mi viene proposto di prendere l’incarico di presidente, da membro del comitato scientifico. Nel marzo 2000 l’inaugurazione del Museo. Da allora in poi la storia si accomuna a quella di qualsiasi altro museo. Il museo Piaggio raccoglie l’immenso patrimonio di carte documentarie, le tavole e io disegni, poi i veicoli tra Vespa, Galera e Piaggio.
Un progetto culturale che ha avuto una gestazione relativamente veloce in un tempo sospetto, quando ancora non si parlava di Corporate Social Responsibility. Alberto Agnelli aveva questa sensibilità  grazie alla quale ha anche introdotto il codice etico nell’azienda Il progetto culturale ha anche rappresentato un elemento di continuità . Da quando sono presidente della fondazione l’azienda ha cambiato tre volte la dirigenza ma è rimasto una costante.
Anzi, è stato potenziato. Colaninno ha in cantiere l’idea di fare un nuovo museo Piaggio, per ospitare ancora altri veicoli, sempre nei capannoni industriali.

Qual è la percezione del Museo sul territorio e il rapporto con esso?
Il rapporto col territorio è intrinseco nelle motivazioni che hanno spinto alla costituzione della fondazione stessa, e del museo. Basti pensare che il vicepresidente della Fondazione è il sindaco di Pondera, nei primi anni fu invece il presidente della provincia di Pisa. Tutta l’attività della fondazione è coordinata e compartecipata con gli enti locali. C’è un rapporto molto stretto col territorio sia dal punto di vista istituzionale, che per il senso di appartenenza che gli abitanti nutrono nei confronti dell’azienda. Essendo la Piaggio una company town, i dipendenti sono prevalentemente i pontederesi; negli anni Ottanta c’erano 13000 dipendenti e Pontedera contava 20000 abitanti. L’impiego in Piaggio era una sorta di carta d’identità e l’azienda una famiglia acquisita. La storia personale della gente si intreccia con quella dell’azienda. Basti pensare che durante il periodo della creazione del museo gli abitanti di Pontedera chiedevano informazioni sulla data d’inaugurazione. La Vespa è sì il risultato della genialità di D’Ascanio e dell’imprenditorialità di Enrico Piaggio, ma soprattutto del lavoro di questo territorio, delle persone, delle maestranze. Il progetto culturale alimenta proprio questo forte senso di appartenenza.

Che tipo di iniziative promuove il Museo Piaggio?
Il nostro è un museo di 2500 metri quadri con un auditorium di 200 posti molto utilizzato per iniziative trasversali al territorio, sia locali che nazionali. Si va dalle presentazioni di progetto di sviluppo del territorio della Valdera, per esempio, alle presentazioni di libri (Saramago, Tabucchi), fino alle mostre sulla comunicazione.
Quindi cultura locale ma anche attività che traguardano confini più ampi, anche oltre le iniziative di valorizzazione della memoria storica aziendale. Abbiamo sempre pensato al museo come un open space, non un contenitore statico. La testimonianza di ciò è che il museo ospita l’allestimento permanente con collezioni Piaggio, Vespa e Gilera, ma anche mostre temporanee non strettamente correlate alla cultura d’impresa. Un luogo che rappresenta una porta d’ingresso per la cultura a Pontedera.
Solo la scorsa settimana, per esempio, abbiamo inaugurato la mostra dedicata a GiorgioDe Chirico. Abbiamo avuto mostre di Nado Canuti, Matthew Spender, Mimmo Di Cesare, i Caravaggisti, Enrico Baj.
Le attività vanno dai seminari sulla giustizia piuttosto che sullo sport. Due anni fa abbiamo proposto un ciclo sull’etica nelle varie discipline.
Potremmo parlare di un vero e proprio polo culturale attorno al quale orbitano una serie variegata di attività, anche nel settore della formazione. Con il progetto IFTS, per la settimana della cultura d’impresa, abbiamo istituzionalizzato un workshop sul design industriale in collaborazione con l’ISIA – Istituto Superiore per le Industrie Artistiche-, che ha visto il coinvolgimento di diverse scuole di design europee. Istituiamo in questa occasione anche un premio, l’anno scorso in collaborazione con il ministero dell’Università  e della Ricerca. Una dimensione oltre i confini locali, ma sempre con l’intento di preservare il valore del territorio.
Inoltre l’Archivio è frequentato da studiosi, ricercatori e laureandi. Dal 2000 ad oggi circa 50 tesi di laurea sono state redatte sull’azienda, per dare un’idea.

Quali chiavi di lettura il Museo vuole fornire al visitatore?

In sintesi: senso di appartenenza e open space (cultura impresa, archivio, formazione, studio sul linguaggio e le dinamiche della comunicazione, tecnologia ).
Potenziare i filoni di design industriale, comunicazione e mobilitazione della cultura tout court.

Che genere di pubblico visita l’open space  Museo Piaggio?
Del pubblico fanno parte naturalmente gli stakeholder del territorio, ma anche gli appassionati vespisti. Non capita di rado di imbattersi in gruppi di vespisti che vengono dalle più disparate zone d’Europa, anche in sella alle loro Vespe. Da un pubblico fortemente legato al brand Vespa, dall’altra anche visitatori di un diverso livello; è il pubblico degli studiosi di comunicazione e di design, che viene a visitare il museo per ammirare l’innovazione la creatività degli oggetti che esponiamo.  L’anno scorso abbiamo fatto 30000 visitatori ma naturalmente aspiriamo ad incrementare questi numeri.