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Nei giorni in cui a Venezia è in corso la 65a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, il cinema torna ad essere protagonista, non solo per l’interesse suscitato dalla proiezione dei film in concorso, ma anche per la delicata questione che ruota intorno al sistema di incentivi fiscali, proposto dal ministro per i Beni e le attività culturali Sandro Bondi e dal suo pool di esperti.
Le nuove norme fiscali, adottate con la conversione in legge del decreto n. 112/2008, avvenuta il 5 agosto scorso, potranno essere utilizzate già a partire dalla fine di novembre, una volta superato il vaglio della Corte europea di Bruxelles.
Le misure previste contano di apportare risorse finanziarie pari a 16,7 milioni di euro per il 2008, e contributi pari a 76,8 milioni di euro per il 2009 ed il 2010 rispettivamente, attraverso gli strumenti del credito d’imposta (o tax credit) e della detassazione degli utili (o tax shelter).
Scopo principale dell’intera manovra è quello di favorire e incoraggiare gli investimenti privati nel settore cinematografico italiano, puntando – soprattutto – su quelle imprese che pur essendo estranee alla filiera produttiva dell’audiovisivo, mostrano un rilevante interesse nei confronti della cultura, in generale, e del cinema e della sua capacità di apportare valore e valori, non solo all’esterno ma anche all’interno delle aziende stesse, in particolare.
Chi opera, infatti, in un comparto merceologico diverso da quello del cinema, se decide di investire parte del proprio capitale in progetti cinematografici, potrà recuperare fino al 40% della spesa sostenuta, riducendo o azzerando i propri debiti nei confronti dell’erario. La misura fiscale che vale per tutti i tipi di imposta, dall’Iva all’Ires all’Irap, prevede come unico limite l’ammontare massimo che un’azienda può decidere di investire nel settore cinematografico, fissato in 2,5 milioni di euro l’anno.
Riportando in auge l’annoso dibattito sulla necessità della co-esistenza di finanziamenti pubblici e privati a favore della cultura, l’adozione di tale normativa spinge a porsi due interrogativi di fondo: se davvero la leva dello sgravio fiscale sarà sufficiente da sola, in un paese come l’Italia con una diversa tradizione rispetto al mondo anglosassone, a stimolare una maggiore partecipazione dei privati; e se, sfruttando il “buon esempio” del settore cinematografico, lo Stato saprà mettere a punto analoghi sistemi di incentivi, orientati a sostenere e sviluppare gli altri ambiti di cui la cultura si compone.