parco minerarioLa tradizione mineraria italiana ed europea affonda le sue radici in un passato millenario in cui storia sociale, antropologia, sviluppo economico e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio si fondono e si confondono. Le numerose testimonianze materiali lasciate dalle miniere, in gran parte dismesse, costituiscono un patrimonio da riconoscere, conservare e valorizzare; un patrimonio in cui gli elementi naturali e quelli prodotti dalla mano dell’uomo si sono mescolati e hanno dato vita ad un ambiente unico e particolarmente suggestivo, con un percorso che abbraccia secoli di storia, tanto da trovare per la prima volta riconoscimento all’interno del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Federculture, facendosi portavoce delle richieste provenienti da operatori e amministratori pubblici locali, ha creato un tavolo di lavoro insieme al Parco Geominerario storico e ambientale della Sardegna, al Parco Tecnologico e archeologico delle Colline Metallifere, al Parco Archeominerario di San Silvestro, al Parco Minerario dell’Isola d’Elba, al Villaggio Minerario di Formignano/Museo Miniera di Formignano, al Parco dello Zolfo delle Marche, a Sulphur/Museo storico minerario di Perticara, a Scopriminiera/Ecomuseo delle Miniere e della Valle Germanasca, allo scopo di analizzare e promuovere il fenomeno della progressiva trasformazione delle ex miniere in siti e parchi minerari aperti al pubblico.
Si tratta di realtà presenti su tutto il territorio nazionale e che presentano caratteristiche a volte molto dissimili fra di loro, dalle miniere di epoca etrusco-romana a moderni impianti ed architetture della produzione, da siti puntuali ad insediamenti territoriali diffusi.
Fino ad oggi sul tema della riconversione di questi siti a fini turistico-culturale è mancata una politica nazionale, forse perché ancora si stenta ad attribuire valore culturale alle testimonianze delle produzioni in generale, e di quella mineraria in particolare, che pure sono state determinanti per la storia e le trasformazioni del territorio. Nel corso degli anni ’80 e ’90 numerose sono state, invece, le iniziative locali volte alla conservazione della memoria storica del lavoro minerario. Sempre nello stesso periodo, talune di queste iniziative hanno preso consistenza anche sotto il profilo della forma organizzativa e della gestione, con una pluralità di modelli che vanno dai parchi istituiti con decreti nazionali, a consorzi di enti, alle società per azioni, fino a semplici associazioni culturali.
La mancanza di un quadro conoscitivo organico – da parte degli organi statali – di questo specifico settore, fa sì che ancora oggi, a distanza di quattro anni dall’approvazione del Codice, pochissimi siano stati i beni e i siti effettivamente vincolati. Spesso non lo sono neppure quelli che da oltre un decennio vengono gestiti e promossi come parchi e musei minerari. Basti pensare che nell’avviare i processi di valorizzazione in questo settore spesso ci si imbatte in competenze concorrenti di più Ministeri (Beni Culturali, Ambiente, Sviluppo Economico) e di funzioni non ancora del tutto definite tra Stato, Regioni ed enti locali.
L’obiettivo della ricerca effettuata da Federculture, in collaborazione con l’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, è quello di contribuire a far capire il valore di “testimonianza avente valore di civiltà” – come recita la definizione di bene culturale presente nel Codice dei beni culturali e del paesaggio – degli strumenti della produzione che processi di dismissione troppo rapidi e vasti potrebbero compromettere irrimediabilmente. Un convegno pubblico, che si terrà a fine ottobre a Roma, cercherà di alimentare il dibattito sul tema.