albinea_jazzDa molti decenni le province italiane sono ricche, soprattutto nei mesi estivi, di,offerte culturali non solo all’interno del capoluogo, ma anche in tutti i comuni, satellite. In questi luoghi le proposte fanno spesso leva proprio sulla natura decentrata della location, che diventa un’arma competitiva su cui sviluppare offerte distintive e coinvolgenti. È così possibile trovare programmi artistici basati sul binomio “luogo non convenzionale – offerta non convenzionale” in una strategia identificativa di completa rottura rispetto agli standard comuni. Altre realtà preferiscono invece mantenere una strategia coerente, un fil rouge con la tradizione locale e si pongono, sospinti anche dall’odierna tendenza allo slow movement, all’ecologia, alla spiritualità, come invito a ri-scoprire il territorio e le sue ricchezze.
In questo panorama si colloca uno dei festival jazz più longevi del nostro Paese, Albinea Jazz. Organizzata dall’omonimo comune reggiano a partire dal 1988, la manifestazione ha visto esibirsi sul proprio palcoscenico musicisti jazz di fama internazionale, il cui richiamo è andato ben oltre i confini provinciali.
Ciò che caratterizza e distingue questo festival non è solo l’alta qualità del programma musicale, elemento facilmente riproducibile, ma, soprattutto, la coerenza artistica e la continuità storica. Sono infatti poche le realtà che hanno saputo o potuto eguagliare questo primato, resistendo agli incalzanti interessi e alle dure logiche di mercato. Alcune manifestazioni sono state abbandonate e poi riprese – la stessa Umbria Jazz fu sospesa per alcuni anni – altre sono cambiate in itinere assumendo, a volte, anche caratteri molto diversi da quello originale. Albinea Jazz si è mantenuta un appuntamento costante nel tempo, un punto di riferimento atteso, non solo dagli appassionati di jazz, ma anche da molti di quelli che cercano una proposta alternativa e culturalmente stimolante per una serata estiva.
Il ventennale della manifestazione non ha rappresentato però solo la celebrazione di un traguardo storico ed artistico, ma anche un momento di transizione gestionale che sembra dover sfociare in un cambiamento significativo del carattere stesso del festival e rappresentativo di tutto il settore.
La trasformazione, cui si fa riferimento, è il passaggio da una formula gestionale flessibile, basata su rapporti personali, ad una maggiormente burocratizzata e con l’esigenza di una progettazione e pianificazione a lungo termine. Le condizioni che hanno visto nascere e crescere il festival, sono caratterizzate dal lavoro di poche persone che, con scarsa o nessuna nozione teorica sull’organizzazione di eventi, hanno costruito dal nulla un progetto ambizioso. Questa natura “casalinga” e volontaristica ha dato vita ad un team organizzativo flessibile, libero da stili formali e con funzioni, mansioni, procedure e compiti non burocratizzati. Si tratta di un successo basato sui rapporti umani e, soprattutto, sulla condivisione di obiettivi ed interessi comuni.
Nel perseguire questi obiettivi e nel tentativo di colmare la mancanza di risorse finanziarie, il project team iniziale ha stretto un’alleanza con il privato. Alleanza aperta, collaborativa e dialettica, risultato ancora lontano a molte delle realtà aziendali più evolute.
La seconda tipologia di gestione, quella sviluppatasi negli ultimi anni e che, come accennato, sembra essersi affermata definitivamente proprio nel 2007, ha istituzionalizzato la precedente struttura ibrida, delineando una formula organizzativa formata da uffici comunali, soggetti privati e un nuovo project team, del quale mantiene un controllo indiretto.
I cambiamenti non hanno interessato solo la forma gestionale, ma anche l’offerta al pubblico: si è abbandonata la centralità del prodotto principale e ci si è orientati verso un’offerta più globale ed articolata. È facile ipotizzare che a questo mutamento faccia seguito un successivo avvicinamento ad una strategia cosumer oriented, caratterizzata da una maggiore apertura ai servizi e alla totalità dell’offerta. Se, infatti, la mostra fotografica, organizzata durante l’ultima edizione, può ancora restare nell’ambito delle celebrazioni per il ventennale, l’introduzione di pacchetti turistici articolati e la creazione del sito internet sono un chiaro passo in quella direzione. Si tratta di iniziative ancora allo stato embrionale, ma l’intensificarsi delle attività di promozione e lo sviluppo di un nuovo canale di comunicazione e di marketing, per quanto periferiche o accessorie rispetto al nucleo principale, possono essere determinanti nella creazione di una relazione diretta tra festival ed utenze.
Vanno anche evidenziati una maggiore attenzione al valore complessivo della manifestazione e il recente ricorso a competenze manageriali e di marketing per razionalizzare le spese. In questo momento di crescita, data la precarietà della situazione, non solo del festival, ma di tutto il settore di riferimento, appare quanto mai opportuno si proceda all’introduzione di nuovi servizi ed offerte con estrema cautela, solo dopo un’approfondita ed accurata analisi strategica, e non come avviene in molti casi, per “prova ed errore”. Far evolvere il prodotto di punta, ampliandone il ventaglio dei servizi o costruendovi attorno un universo da cui ricevere legittimazione, e viceversa, è un’arma competitiva efficace, se non fondamentale, ma il successo non è sempre assicurato. Innanzi tutto occorre che l’offerta sia qualitativamente competitiva e che i servizi offrano reali benefici. Un basso profilo sul fronte del servizio rischia di compromettere anche standard qualitativi elevati del prodotto-evento. Servizio significa maggiore assistenza, disponibilità, efficienza e deve permettere un risparmio significativo.
In secondo luogo c’è da prestare attenzione ad un altro rischio insito nel ampliamento dell’offerta al pubblico, quello del brand stretching: far fruttare il proprio capitale-marca, facendo riverberare le sue intrinseche valenze su altri prodotti, è un’azione che in molti casi può essere corretta e la presenza di “prodotti” con lo stesso marchio può consentire di realizzare interessanti e proficue sinergie, moltiplicando la visibilità del marchio. La line extension deve però avvenire nell’assoluta salvaguardia di una duplice condizione: il mantenimento degli stessi livelli qualitativi che caratterizzano il prodotto originario e la coerenza con la mission, la filosofia e l’identità della marca. Sarebbe ipotizzabile, in una situazione ancora sperimentale come quella attuale, la creazione di un marchio-contenitore dentro il quale Albinea Jazz funga da motore propulsivo e non protagonista trainante. In questo modo, nel caso in cui qualche iniziativa o servizio non ottenga i risultati sperati, la si potrà cancellare senza che il nome del festival ne risenta direttamente.
Prendendo in considerazione il macroambiente si evidenzia come quello di Albinea Jazz è uno dei tanti esempi di come il settore dello spettacolo si sta modificando, soprattutto in base alle nuove teorie accademiche, e di quali sembrino essere le tendenze per il futuro, ma è anche testimonianza di come valori profondi e un obiettivo fortemente condiviso favoriscano l’eccellenza dei risultati.

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Bibliografia:
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Sitografia:
www.albamusicfestival.com
www.albineajazz.it
www.jazzitalia.net
www.lucianovannieditore.com/guida.html
www.umbriajazz.com/canale.asp