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L’avvio del nuovo anno accademico nella maggior parte delle università italiane, si presenta come un ottimo pretesto per tornare a riflettere sul rapporto che intercorre, non solo tra la domanda e l’offerta formativa nel settore dei beni culturali in Italia, ma anche tra le reali esigenze del mercato del lavoro e le professionalità in grado di adempiere quelle stesse richieste, negli ambiti dell’arte e della cultura.
Uno studio di alcuni anni fa sulle professioni e sul mercato del lavoro nel comparto dei beni culturali in Italia, lasciava trasparire una rilevante discordanza tra il numero di corsi preposti alla formazione dei futuri operatori artistico-culturali e le effettive possibilità occupazionali degli enti e delle strutture, destinati ad accogliere queste nuove professionalità. Se da una parte è vero che il settore culturale sembra essere in grado di attrarre consistenti numeri di studenti – a titolo di esempio nel solo anno accademico 2004-2005 gli iscritti alla classe 13 dei Beni Culturali sono stati circa 34mila, a cui si sommano gli oltre 32mila iscritti alle accademie di belle arti ed ai conservatori musicali – dall’altra non va sottovaluto il ruolo giocato dalla presenza di numerosi corsi di laurea, istituti di specializzazione e scuole per la formazione post-universitaria nell’indurre una richiesta che forse non sarebbe così cospicua, e nel creare delle aspettative di inserimento, che molto probabilmente non saranno soddisfatte una volta terminato il piano di studi prescelto.
Con il duplice scopo di orientare il sistema formativo e di facilitare il reclutamento di professionisti, tecnici ed operatori che lavorano nei settori della valorizzazione del patrimonio culturale, ha preso il via a partire dai primi mesi del 2008 il progetto “Le figure professionali operanti nel processo di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale”, promosso dalle Regioni Lombardia, Abruzzo, Calabria, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Piemonte e Valle D’Osta e dalla Provincia Autonoma di Bolzano.
Il progetto, che ha portato all’individuazione di 21 profili professionali, prevede la definizione di standard qualitativi unitari, e la stesura di una mappa dei fabbisogni occupazionali delle professionalità individuate. Risultati che – se raggiunti – potranno portare a scelte più responsabili e ad un maggiore equilibrio occupazionale nel comparto dei beni e delle attività culturali.