avatarNel mondo del web 2.0 e dei social network la tecnologia sta diventando inesorabilmente un dispositivo sensoriale utilizzato come interfaccia tra gli esseri umani e il mondo circostante, mediando ogni tipologia di relazione e influenzando ogni meccanismo di “fruizione” della realtà.
Se il comparto economico è quasi totalmente dominato dalle logiche del web,  anche i settori della cultura e dell’arte, legati fin dal passato a esperienze estremamente tangibili e fisiche, stanno sperimentando l’opportunità di fare proprie tali dinamiche.
Se, infatti, la ricezione di un qualsiasi messaggio culturale, antropologico o artistico, prevedeva la presenza dell’utente hic et nunc, numerosi sono oggi gli esempi di deviazione da questa modalità, allargata a dismisura verso la condivisione in rete.
E le implicazioni culturali e sociologiche generate dalle pratiche diffuse nei social networking, o sui campi virtuali di Second Life, o tra le discussioni dei blog e dei forum, non sempre appaiono evidenti all’utente, che si ritrova a interagire con gli altri soggetti virtuali senza una intera consapevolezza.
Riflettere sui comportamenti sociali e relazionali che si nascondono dietro queste sfere virtuali è l’ambizioso obiettivo che si pongono diverse mostre ora in corso, totalmente innovative e interattive: si tratta di “Rinascimento Virtuale” a Firenze e di “Avatar” a Trento, entrambe incentrate sulle nuove modalità di fruizione della cultura attraverso la tecnologia, volte ad indagare la fitta trama di relazioni sociali e psicologiche mediante una meta-conoscenza dei mondi virtuali.
La nuova frontiera tecnologica destinata a svilupparsi in maniera sempre più incondizionata sembra quella del web plasmato sulla propria vita, anzi, della vita creata a proprio piacimento su un alter ego virtuale, chiamato Avatar.
L’Avatar è una semplice immagine, una sorta di incarnazione di noi stessi – o della persona che vorremmo essere -, inserita in un contesto pubblico rigorosamente on-line, in cui ognuno è la sua traslazione metaforica che è desideroso di mostrare agli altri. Piuttosto egocentrico, ma di successo. Si pensi che negli ultimi 5 anni, il popolo italiano, caratterizzato da una scarsa propensione verso il “rischio” della novità,  si è dimostrato gradire molto le nuove frontiere del web e, da un’inchiesta condotta da LindenLab (la società che nel 2003 ha creato SecondLife), figura tra i Top Ten dei visitatori incallitti con una media di presenze dell’1,93%. Cifra ben lontana da quel 31,19 % degli Stati Uniti ma che, viste le divergenze culturali, appare comunque un dato di rilievo per studiare i comportamenti sociali e, soprattutto, i cambiamenti sociali a cui assistiamo e ai quali ci dobbiamo preparare.
Una tra le più attuali testimonianze di questa convergenza tra reale e immaginario è rappresentata dalla mostra “Avatar”, che da pochi giorni ha aperto i battenti al Museo Tridentino di Scienze Naturali di Trento.
I visitatori sono invitati a sedersi davanti ad uno schermo per creare il proprio personaggio virtuale e accedere così alle sale del museo usando solo un joystick ed un mouse per interagire con tutti gli oggetti presenti. La novità sta nel fatto che tutte le sale sono puramente digitali; nel mondo reale si trova solo una stanza scura con degli schermi che guidano nell’interattività totale.
L’Avatar del visitatore si aggirerà, dunque, in ogni sala tematica del museo scortandolo verso la conoscenza di questo nuovo mondo, esplorando non solo gli aspetti tecnologici ma anche, e soprattutto, permettendo un approccio guidato a quelli sociali e relazionali, che rendono il mondo virtuale un “mondo altro” dove proiettare il proprio io o inventarne un altro.
Un gioco degli specchi e del doppio, in cui l’Avatar diventa il visitatore esattamente come egli vorrebbe essere Avatar, e comincia ad interagire con le altre presenze virtuali presenti nella sala,come in una sorta di piazza telematica in cui ogni relazione, seppur fittizia, al contrario di quelle virtuali, risulta immediatamente tangibile; ogni conoscenza fatta nell’esperienza della visita potrà avere riscontro ed essere approfondita nella realtà, essendo tutti gli “Avatar visitatori” delle persone reali presenti in sala.
Il curatore dell’esposizione, Carlo Maiolini, ha spiegato che le  implicazioni culturali e sociali riscontrabili in una iniziativa tanto originale sono disparate e interpretabili mediante la narrativa pirandelliana, secondo la quale “una maschera, spesso, più che celare rivela”. “L’interesse per i mondi virtuali è nato dalla constatazione che l’agire degli avatar in uno spazio immaginario e condiviso mette in luce molte delle motivazioni e delle aspirazioni profonde dell’essere umano. Avatar è dunque una mostra di antropologia. Utilizza una tecnologia avanzatissima per parlare di una delle caratteristiche più ataviche dell’essere umano: la necessità della socialità”.
La mostra presenta dieci temi – associabili a categorie generali – legati ai mondi virtuali e tramite questi interpretati, quali l’identità, la comunità, il concetto di realtà e rappresentazione, la metamorfosi, il diritto, l’altruismo, la necessità di una politica e di un’economia, il valore del simbolo nell’epoca digitale. Concetti primitivi e comuni all’umanità, che anche per questo hanno avuto il merito di riuscire a coinvolgere soprattutto coloro che poco conoscono le nuove tecnologie.
La portata innovativa di questa nuova modalità di fruizione di risorse culturali ha infatti portato a dei risultati soddisfacenti in merito alla capacità di attrazione di una tipologia di visitatore generalmente estraneo o restio al mondo culturale.
“I riscontri fin’ora avuti con i visitatori – continua Maiolini – sono stati entusiasmanti: innanzitutto la mostra ha portato in museo un target che difficilmente si vede nelle sale espositive: preadolescenti e adolescenti. La modalità espositiva che si avvicina ai tools comunicativi dei più giovani ha fatto sì che i ragazzi, entrando nelle sale tridimensionali, non si stupiscano particolarmente e si concentrino sui pannelli di testo e sui contenuti, mentre induce gli adulti a correre con i loro avatar attraverso le sale,  incuriositi dalle architetture e dalla scoperta del ‘cosa c’è oltre quella porta’. Insomma l’esatto contrario di ciò che di solito avviene nelle mostre tradizionali!”
Avatar offre l’occasione non solo di andare a conoscere “dal di dentro” il mondo della rete, ma anche e soprattutto di interrogarsi sul desiderio di diventare altro da sè, in un percorso che non è solo virtuale ma metavirtuale, parlando di ciò che è simulato, simulandolo a sua volta.
La creazione di questo binario parallelo alla vita reale non sembra destinato a rimanere un caso isolato. La dimostrazione è supportata dal fatto che i mondi paralleli e intangibili si stiano sviluppando incessantemente in ogni settore: in quello turistico, ad esempio, dove ognuno, senza muoversi dalla propria poltrona,  può liberamente esplorare terre lontane, sia nello spazio che nel tempo, ed andare a interagire con realtà che altrimenti difficilmente conoscerebbe. Una risposta positiva che afferisce anche al mondo del marketing, sempre in cerca di nuovi target da centrare e destinato a fronteggiare delle fasce di mercato totalmente nuove, non previste, come quella dei giovanissimi o dei ceti sociali meno elevati. In questo modo, dunque, transazioni puramente virtuali si trasformano in processi reali in cui l’economia beneficia di un terreno di scambio di moneta che sembra inconsistente ma che in realtà è ben tangibile per coloro che nel web investono e fanno affari.