urbantoys2Sono dei pupazzi ma non sono per bambini. Sembrano sterili a comunicare ma in realtà sono portatori di messaggi ben precisi e puntano a sconvolgere il punto di vista tradizionale al riguardo degli oggetti d’arte. Gli “art toys” o “urban toys” sono prodotti ibridi, icone postmoderne che celano, tra i colori accesi delle loro vesti e le espressioni stralunate dei loro volti, un nuovo modo di comunicare, che vede grandi artisti internazionali al servizio dell’arte pop.
Oggi l’arte è anche ciò che proviene dalle tendenze della strada; l’arte metropolitana, concepita dal basso, racchiude l’enorme potenziale di avvicinare l’artista al fruitore dell’opera, e viceversa.
Gli urban toys sono figli della contemporaneità, di quell’arte “contaminata” che ingloba diverse esperienze artistiche e che proviene dalle più disparate realtà sociali ed urbane. Ciò che fa degli art toys degli oggetti di tendenza è, non solo l’accessibilità in termini economici, ma anche il loro manifestarsi come una risposta al nostro desiderio inconscio di rimanere sempre un po’infantili, attraverso l’espressione del design più popolare che si possa concepire, quello ispirato ai manga giapponesi e ai cartoon. Basta pensare che per possedere un originalissimo pupazzetto bastano dai 15 ai 400 euro, spesi con la consapevolezza di essersi aggiudicati un campione a tiratura rigorosamente limitata, numerato e inserito in serie che con il passare degli anni saranno ritenute rare e proficue per gli appassionati del genere.
Il mercato è dunque invaso dai questi oggetti di origine (ovviamente) giapponese che però già hanno influenzato tutto il mondo: dagli Stati Uniti all’Europa, e quindi anche in Italia, sono già numerosissimi gli artisti impegnati nella creazione degli urban toys realizzati su carta, metallo, tela, lana, legno, feltro, e qualunque altro materiale si adatti alla customizzazione.
Dalla nascita dei toys –  negli anni ’90  – alla loro completa affermazione ed espansione nel mondo web e in quello reale, non passa molto tempo. L’introduzione dei primi art toys sul web e la creazione di forum, blog ed eventi che gravitano intorno a questo mondo hanno portato in breve tempo alla naturale trasposizione di questo universo sul mercato. Non hanno tardato a comparire, infatti, i primi web shop di urban toys, ricchi di collezioni esclusive e originalissime, tra i quali l’ancora inarrestabile Atom Plastic e l’italiano Urban Toyz, che ha da poco inaugurato anche il primo negozio “reale” a Roma; forum quali Huragano e CustomVibe, e collettivi internazionali come Infart,  invitano, invece, a svelare segreti, scambiare suggerimenti sulla custom art e trovare acquirenti per toys usati, fornendo quotazioni di mercato e guidando l’utente a scegliere fra i toys più rari e costosi e quelli più popolari ed economici.
Il tutto in un mercato che dagli anni ’90 ad oggi ha fruttato milioni di euro e ha portato alla ribalta artisti italiani e internazionali quali Genzo, Rendo, Gary Baseman, Yoshimoto Nara, Boris Hoppek ed altri ancora che spesso fanno parte di vere e proprie aziende specializzate nella produzione di toys quali la Toy 2R di Hong Kong (produttrice di Qee, i “canvas toys”) o l’americana Kidrobot (specializzata in “Uglydoll”).
A diffondere il culto dell’urban toys contribuiscono adesso mostre a tema, come quelle allestite presso la galleria “Mondo Pop” di Roma, o quella inaugurata il 13 novembre scorso alla ArteDue Gallery di Milano intitolata “Original Toyz”, in programma fino al 12 dicembre.
Il pubblico che si riversa nelle gallerie per ammirare urban toys è, come ci spiega la curatrice di “Original Toyz” Francesca Guerisoli, estremamente eterogeneo ma caratterizzato da uno spiccato interesse verso le nuove tendenze.
“Con “Original Toys”- spiega – cerchiamo di coinvolgere un pubblico vasto ma comunque interessato all’arte contemporanea e alla street art, un’arte che nasce dal basso e non dai cosiddetti “salotti borghesi”: un pubblico costituito principalmente da  giovani al di sotto dei 40 anni che collezionano o sono interessati a questi nuovi oggetti d’arte”.
“Ciò che emerge dalle opere di questi artisti è la compresenza di un aspetto lavorativo, utilizzato per la produzione dei toys, e di un aspetto ludico, preponderante nel momento in cui queste opere di design non vengono create per giocare ma giocando. Nel caso di “Original Toys” siamo di fronte a pezzi unici, di giochi-non giochi in cui la componete ludica viene meno ad un certo punto in favore della componente estetica. Gli artisti, infatti, danno forma con i loro prodotti ad un mondo parallelo a quello reale, esprimendo le loro fantasie a volte con teneri pupazzetti, a volte con veri e propri mostri, facenti parte entrambi di un mondo artificiale, non mascherato da mondo reale”.
Non a caso l’invito alla mostra “Original Toys” è rappresentato da un “paper toy”, un pupazzetto di carta che i destinatari sono invitati a customizzare secondo i propri gusti e che verrà poi messo in mostra assieme agli altri urban toys da collezione.
Lo stravolgimento a cui si assiste è dunque il punto forza dell’arte popolare, di quel movimento pop che tende a coinvolgere lo spettatore, inglobandolo in un processo in cui i piani della fruizione e della creazione si confondono e si assottigliano.
Ciò che spinge ad acquistare gli art toys, infatti, non è il semplice desiderio di possedere un oggetto d’arte metropolitana dalle sembianze pseudo-umane disegnato da un grande artista, ma è anche la voglia di cimentarsi nella creazione di un pupazzetto completamente partorito dalla propria fantasia.
In questa nuova prospettiva il mercato riesce ad insinuarsi e a caratterizzarsi come strumento indispensabile per avvicinarsi ad un’arte che, seppur popolare, attira a sé grandi masse: quelle desiderose di possedere qualcosa di squisitamente inutile. E quindi necessario.