salabrocca_torriniIntervista a Laura Bresciani – Curatrice del Museo Torrini

Come nasce il Museo Torrini e quali sono le tappe evolutive della sua storia?
Il Museo Torrini è nato negli anni ‘70 grazie a Franco Torrini il quale, nella sua attività di ricerca nel campo dell’oreficeria ritrovò, quasi per caso presso l’Archivio di Stato di Firenze, il Signum, il marchio di fabbrica che la sua famiglia imprimeva sui gioielli sin dal lontano 1369, anno in cui venne registrato da Jacopus Torrini all’Arte dei Fabbri di Firenze. La famiglia Torrini può infatti vantare la storia più lunga nel campo dell’oreficeria a livello mondiale con oltre 6 secoli di produzione ininterrotta ed avere la sicura attribuzione di ogni singolo oggetto che è cosa assai rara per dei gioielli antichi.
È proprio grazie al Signum che siamo riusciti a raccogliere gioielli antichi e oggetti preziosi che ci hanno aiutato ad allestire il Museo.
Tra gli oggetti più preziosi e importanti della collezione va citata la brocca per acquamanile di stile rinascimentale, miracolosamente sopravvissuta ai bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale, che è attualmente l’oggetto più antico conservato all’interno del Museo.
Numerose sono inoltre le spille settecentesche della tradizione fiorentina, raffiguranti bouquet di fiori in diamanti legati da nastri e realizzate dalla mano artigiana di Francesco Torrini che a quell’epoca, da vari documenti, si è scoperto avesse una bottega orafa proprio sul Ponte Vecchio. All’800 appartengono, invece, molti oggetti di Giocondo Torrini, il quale produceva gioielli da presentare poi ai vari Expo internazionali.
Nel 2007, infatti, ho ritrovato negli Stati Uniti una parure di pietre dure del 1870 completa di scatola nella quale vi era riportato proprio il nome di Giocondo Torrini assieme allo stemma di Casa Savoia e allo stemma della Casa Bianca che venne esposta nel 1876 all’Expo di Philadelphia.
A poco a poco, quindi, si è messa insieme questa collezione che va dai gioielli e gli oggetti del 1600 fino ai giorni nostri. La particolarità del Museo sta proprio nel fatto che ripercorre ogni secolo di vita di questo Casato, rendendoci delle testimonianze che spaziano dall’arte rinascimentale al decò. Ulteriore peculiarità sta nel il fatto che questa famiglia si sia trasferita dal Mugello a Siena proprio nel periodo in cui veniva costruito il Duomo. A quel tempo, infatti, i Torrini avevano una bottega che assolveva diverse commesse: non solo arte orafa ma anche pittura, scultura, lavorazione del legno. La Lupa, in piazza del Campo è un’opera dei Torrini, così come lo sono le formelle che decorano il fonte battesimale del Battistero poste accanto a quelle del Ghiberti e di Donatello. Giovanni Torrini aveva, infatti, una stretta amicizia con il Ghiberti, testimoniata da numerose lettere autentiche in cui l’artista si rivolge a Giovanni Torrini chiamandolo “carissimo amico”.

Oltre all’arte orafa, il Museo dimostra come questa antica tradizione si sia incontrata più volte con la pittura o la scultura. Oltre alle strette relazioni con il Ghiberti, altro esempio significativo è quello de “Il Pulcinella in fiore” di Corrado Cagli. Come si è realizzato questo incontro di tecniche?
Negli anni ‘70 del Novecento Franco Torrini aveva intenzione di rivitalizzare l’arte del gioiello che, aveva notato, si stava trascinando forse un po’ troppo nei canoni tradizionali. Essendo un momento di grande fermento nel mondo dell’arte, egli era in contatto con diversi artisti tra cui appunto Corrado Cagli, Antonio Bueno, Mirko Basaldella. Fu lui a sollecitarli nella creazione di qualcosa che potesse essere trasformato in un gioiello.
Ognuno di questi artisti ha contribuito disegnando o realizzando degli oggetti che portano intatte le caratteristiche della loro ricerca in campo artistico.
La spilla “Il Pulcinella in Fiore” di Cagli ad esempio, deve la sua originalità manifatturiera alle maestranze dell’opificio e alle intuizioni culturali di Franco Torrini, che con Cagli intraprese un confronto aperto sui temi dell’oreficeria e del simbolismo legato agli ornamenti.

Il Museo è stato recentemente soggetto ad un restyling. Come si presenta oggi nell’allestimento?
Il Museo si estende su 200 metri quadrati espositivi suddivisi in stanze rappresentanti ognuna un’epoca diversa. La prima sala è quella in cui si accolgono i visitatori e dove si tengono le conferenze, abbiamo poi un biblioteca dove sono raccolti dei documenti rarissimi quali l’edizione originale del 1568 dei Trattati sull’oreficeria di Benvenuto Cellini e molti altri volumi di arte orafa destinati all’approfondimento e alla ricerca.
Le sale successive sono quelle che si affacciano direttamente su Piazza del Duomo e sono dedicate ai vari secoli di produzione. La scelta è stata infatti quella di mantenere un ordine cronologico che testimoni non solo l’evoluzione del gioiello di casa Torrini ma anche il confronto con gli importanti contributi esterni. È sotto questa luce che il Museo Torrini vuole porsi non solo come esaltazione del passato ma anche e soprattutto come confronto culturale con i nuovi linguaggi e le nuove tecniche artigianali.

Essendo la testimonianza di un’antica arte quale quella orafa, il Museo Torrini è oggi un punto di riferimento nel territorio fiorentino. Quali sono le iniziative che proponete e le attività che portate avanti?
Lo scopo delle nostre iniziative è essenzialmente quello di far conoscere gli oggetti. Per questo motivo abbiamo previsto un ciclo di 4 incontri all’anno in cui estrapoliamo un singolo oggetto dalla collezione che poniamo sotto i riflettori e del quale raccontiamo la storia.
Per ogni oggetto si vanno a scandagliare vicissitudini, bizzarie, non solo la storia pura in sé.
Ad esempio, quando abbiamo presentato il “Pulcinella in fiore” di Corrado Cagli, il suo segretario si è unito a me nel raccontare ciò che c’era oltre l’oggetto, i rapporti, le aspettative, le tradizioni di quegli anni. Lo stesso è stato fatto alla presentazione della parure di pietre dure, durante la quale non mi sono limitata ad esporre i semplici fatti ma sono andata a rivelare ciò che vi era dietro ai grandi expo internazionali dell’epoca cercando di far capire ai visitatori il mondo che girava intorno agli oggetti, i costumi, gli abiti con le quali le donne dell’epoca li indossavano, cercando ogni volta di solleticare la curiosità del visitatore.

parureChe tipo di pubblico frequenta il Museo?
Il nostro pubblico è composto, come si può immaginare, soprattutto da donne. Signore colte, associazioni Rotary e Lions, ma anche stranieri in visita a Firenze che vogliono vedere qualcosa di diverso. Inoltre il Museo è un punto di riferimento per i giovani che vogliono intraprendere l’arte orafa e operano in questo campo.
Il Museo si trova sopra alla gioielleria Torrini e quindi capita spesso che i clienti stessi vogliano approfondire i percorsi delle nostre antiche collezioni visitando il Museo.

A testimonianza di uno sguardo aperto verso l’innovazione, il Museo ha istituito il Premio “Arte e Tecnologia”. Di cosa si tratta e quali sono le figure che vengono investite da questo premio?
Il premio “Arte e Tecnologia” è stato istituito 4 anni fa in collaborazione con l’Università degli Studi di Firenze e rappresenta un riconoscimento che vuole rendere omaggio a personalità che nel proprio campo abbiano saputo coniugare l’arte alla tecnologia, all’innovazione e al progresso.
Abbiamo premiato nelle precedenti edizioni, Vincenzo Scaglietti, carrozziere storico della Ferrari,  Carlo Rambaldi, “mago” degli effetti speciali cinematografici e “padre” di E.T. e l’imprenditore Ferruccio Ferragamo, presidente del celeberrimo brand del settore moda e lusso.
L’ultimo premio assegnato è stato quello nel novembre 2008 a Vincenzo Onorato, presidente del celebre team velico Mascalzone Latino. Ognuno di questi personaggi ha infatti messo in mostra la propria arte servendosi della tecnologia, esponendo al pubblico durante la cerimonia di premiazione, quanto abbiano influito l’arte e la tecnologia nei loro progetti.

Il Museo Torrini è specchio della produzione dell’opificio Torrini, che dal 1369 porta avanti la tradizione orafa. Chi lavora nell’opificio Torrini oggi e come sono cambiate le tecniche di realizzazione dei gioielli?
L’opificio è attualmente diretto da Fabrizio Torrini, al cui seguito troviamo un cospicuo numero di artigiani fiorentini esperti ma anche giovani designer che creano nuove linee coniugandole alla tradizione. Nella produzione, ad esempio, ci si serve tutt’oggi dell’oro nativo,  un processo di lavorazione dell’oro antichissimo, ispirato alla tecnica enunciata da Benvenuto Cellini nei suoi Trattati sull’oreficeria e sperimentato dagli stessi Torrini agli inizi del Novecento. In sede di finitura del gioiello, l’oro viene riportato alla sua colorazione naturale, non lucida, senza l’uso di agenti chimici ma solamente con sostanze e sali minerali disciolti in un liquido che l’opificio ha battezzato come “acqua celliniana”. Il processo è infatti tuttora segreto e coperto da copyright.

L’attività della famiglia Torrini va avanti da sette secoli nonostante le diverse vicissitudini storiche di cui è stata vittima. I laboratori, infatti, ripresero le attività anche dopo esser stati distrutti durante la guerra e dopo l’alluvione che li colpì nel 1966. Crede che quest’arte sia veramente senza tempo o il declino delle antiche professioni ha colpito anche l’oreficeria?
Mi verrebbe da dirle che l’arte orafa resterà sempre senza tempo perché sempre ci sarà l’esigenza di adornarsi, anche in tempi di crisi. Purtroppo è proprio in questi momenti che molti artigiani perdono i propri posti di lavoro e si fatica a trovare la competenza adeguata, in quanto quest’arte non viene più tramandata come in passato. L’impoverimento non colpisce solo Firenze ma anche Vicenza o  Alessandria che possiedono una grande tradizione orafa.
Nonostante questo, secondo la mia opinione, finché esisterà l’uomo, ma soprattutto la donna, il gioiello non tramonterà mai.

 

Informazioni:
Museo d’arte orafa Torrini
Palazzo Gondi
Piazza Duomo 1 e 10/R Firenze
Tel: 055 2302402
Fax: 055 284457
www.torrinimuseo.it
museo@torrini.it