Boetti

Il settore turistico ed il comparto culturale e creativo fornisco un rilevante contributo alle economie dei principali Paesi europei, generando in media il 14% del PIL nazionale. L’Italia, con un apporto pari al 13% del suo prodotto interno lordo nazionale, si posiziona al di sotto della media europea dopo Francia e Regno Unito, presentando un distacco dalla Spagna di ben 8 punti percentuali. Si tratta di alcuni dati messi in evidenza dal rapporto “Arte, turismo culturale e indotto economico” che, commissionato da Confcultura e dalla commissione Turismo e Cultura di Federturismo alla società di servizi professionali PriceWaterhouseCoopers, vuole fornire una visione d’insieme della situazione economica e del valore delle industrie turistica e culturale a livello internazionale, soffermandosi sul posizionamento competitivo dell’Italia, sulla ricchezza del suo patrimonio storico, artistico e paesaggistico e sulle possibili opzioni di sviluppo.
Con circa 40 miliardi di euro, il settore culturale e creativo ha generato in Italia nel corso del 2008 il 2,6% del PIL nazionale, superando Spagna (2,2%) e Germania (2,5%), ma restando al di sotto di Francia (3,4%) e Regno Unito (3,8%). Riesce meglio il comparto turistico che ha fatto registrare, sempre nello stesso periodo, un PIL pari al 10,6% rispetto al PIL nazionale. In particolare, il turismo culturale rappresenta il 33,2% dell’intero PIL generato dall’economia turistica, con un’incidenza pari al 9,2% sul PIL nazionale, ottenendo risultati più soddisfacenti rispetto a Francia (8,9%), Germania (8,5%) e Regno Unito (7,7%). Se il fatturato generato dal comparto culturale e creativo è stato nel 2008 di 104 miliardi di euro con un numero di addetti pari a circa 550 mila unità, quello prodotto dal turismo culturale si aggira intorno ai 140 miliardi di euro, con un numero complessivo di occupati nell’intero settore turistico pari a circa 2,5 milioni, perfettamente in linea con i best performer internazionali.
Nonostante un patrimonio di tutto rispetto, che può annoverare 3.400 musei, 2.000 aree e parchi archeologici, 43 siti Unesco, l’Italia esce parzialmente sconfitta dalle analisi contenute nel rapporto di Confcultura e Federturismo, mostrando un ritardo non trascurabile nei confronti delle altre nazioni europee ed extra-europee. Prendendo quale parametro di riferimento il RAC – l’indice che analizza il ritorno economico degli asset culturali sui siti Unesco -, gli Stati Uniti ottengono ad esempio un ritorno 7 volte maggiore rispetto a quello italiano, con la metà dei siti. Un gap che se sapientemente compreso ed analizzato può rappresentare un punto di partenza per rilanciare in maniera strategica il turismo e la cultura in Italia, attraverso una serie di azioni che passano dallo sviluppo della fruizione museale, con una più attenta gestione degli orari d’apertura, alla crescita dei servizi aggiuntivi, potenziando il mercato del merchandising; dalla messa a punto di un piano di sviluppo per il turismo culturale, volto a valorizzare e promuovere il nostro patrimonio culturale e paesaggistico, all’applicazione delle nuove tecnologie ai beni culturali e al turismo.
Come messo in evidenza da Giacomo Neri, partner in charge della Financial Services Practice di PricewaterhouseCoopers Advisory, “è auspicabile, quindi, che vengano indirizzate risorse istituzionali e finanziarie, pubbliche e private, in ottica di Public and Private Partnership (basti pensare alle straordinarie attività e potenzialità del sistema delle Fondazioni Bancarie in Italia) in modo più efficace e coordinato, al fine di rivalutare i “Core asset” disponibili, facendo leva sul relativo indotto diretto ed indiretto”.