Museo Nazionale di Baghdad

La riapertura del Museo Nazionale di Baghdad è una di quelle notizie che non passano di certo inosservate, vuoi per le implicazioni politiche sottese alle azioni che riguardano in maniera diretta un Paese come l’Iraq, vuoi per l’elevato valore culturale legato agli interventi di recupero del patrimonio storico-artistico in un’ottica di cooperazione internazionale. Chiuso nel 2003 a seguito dell’invasione americana, il Museo Nazionale di Baghdad è ufficialmente fruibile da lunedì 23 febbraio, grazie anche all’investimento italiano a favore del museo, che è stato pari ad oltre un milione di euro in cinque anni, beneficiando di una modalità d’intervento tutt’altro che insolita per l’Italia.
Le missioni italiane all’estero, per il recupero del patrimonio culturale ed archeologico, esistono da più di un decennio, e da qualche anno si avvalgono di una stretta collaborazione tra il Ministero degli Affari Esteri ed il Ministero per i Beni e le attività culturali, con la creazione di un tavolo di consultazione e di coordinamento tra i due Ministeri per la valutazione dei finanziamenti da erogare. Il Ministero degli Affari Esteri italiano sostiene, infatti, il recupero del patrimonio culturale nel mondo, attraverso lo stanziamento di contributi – la cui assegnazione è vincolata alla partecipazione ad un bando di gara pubblico, rinnovato con cadenza annuale -, per la realizzazione di missioni archeologiche, antropologiche, etnologiche che interessano il bacino del Mediterraneo, i Paesi dell’Europa orientale, dell’Asia, dell’Africa subsahariana e dell’America meridionale. Nel 2008 il MAE ha sostenuto 150 missioni per un impegno totale di 1.426.000 euro, in Paesi che vanno dalla Romania al Perù, dal Monzabico al Vietnam.
Una tipologia d’azione che rientra anche tra gli obiettivi della “Convenzione UNESCO per la Protezione del Patrimonio Mondiale Culturale e Naturale del 1972”, di cui l’Italia fa parte e di cui risulta essere il primo tra i “Donatori Bilaterali”, con un contributo di 5,5 milioni di euro all’anno, e il quinto tra i maggiori sostenitori dell’organizzazione.
La missione italiana in Iraq, nata dalla convinzione che la ricostruzione economica e sociale di un territorio in stato di crisi possa avere inizio attraverso il recupero del suo patrimonio culturale, si è sviluppata seguendo una strategia d’intervento, che ha tra i suoi obiettivi non solo la ripresa delle attività di conservazione e di scavo, ma anche la formazione di nuove professionalità locali.
Nonostante l’eccezionalità dell’evento, la riapertura del Museo Nazionale di Baghdad lascia aperte molteplici questioni, come messo in evidenza da un articolo apparso sulla prima pagina del New York Times, il giorno successivo all’apertura. Il quotidiano statunitense si chiede quanto si possa parlare di una effettiva riapertura, visto che al momento sono visitabili solo 8 sale su 26, con molte collezioni ancora in disordine, con una catalogazione non completa e con una sicurezza non pienamente garantita, il tutto in un territorio senza elettricità né reti fognarie, dove i segni della guerra non stentano a farsi vedere.