Intervista a Marialivia Sciacca – responsabile della parte video e collaboratrice dell’associazione Piccolo Formato

bolognina1L’associazione fotografi Piccolo Formato, con il contributo della Fondazione Carisbo e del quartiere San Vitale, ha dato via nel 2007 ad un particolare tipo di progetto video fotografico sulle trasformazioni urbane della città di Bologna dal titolo “Infrazioni, stratificazioni, confini”. Di cosa si tratta esattamente?
Il progetto “Infrazioni, stratificazioni, confini” nasce con lo scopo di monitorare la città e i suoi spazi urbani, con una particolare attenzione rivolta non tanto ai centri storici veri e propri, quanto a tutte quelle zone che una volta venivano considerate periferia e che oggi invece, viste le numerose trasformazioni di cui sono protagoniste, si possono considerare parte di quella che viene chiamata “città diffusa”. Le trasformazioni che osserviamo di volta in volta attraverso il mezzo video e attraverso la fotografia riguardano sia il livello nazionale (ad esempio le profonde mutazioni provocate dall’insediamento della linea ferroviaria ad alta velocità Milano-Napoli), che quello locale, toccato da cambiamenti fisici, architettonici e sociali che hanno interessato, per questo progetto, la città di Bologna. “Infrazioni, stratificazioni, confini” ha come focus l’osservazione e la documentazione di queste zone in maniera continuativa e diffusa, fornendo una panoramica coerente e approfondita delle realtà analizzate.
Il primo esperimento che abbiamo condotto con l’associazione del Piccolo Formato ha avuto come protagonista la zona di Scandellara: da un workshop di fotografia si è passati all’osservazione pratica grazie alle numerose passeggiate per le vie del quartiere che hanno permesso ai partecipanti di testare con mano la complessità di questo luogo e di dare vita a degli scambi concreti tra chi quei luoghi li vive e chi, invece, li va a conoscere per comprenderli.
Tutto il materiale raccolto e prodotto in questo workshop, durato circa 6 mesi, è quindi confluito in una mostra presso la sede del quartiere San Vitale, in cui sono state esposte al pubblico le gallerie di immagini realizzate e un documentario esplicativo.
La seconda zona presa in considerazione è quella della Bolognina, su cui lavoriamo già da un anno e su cui abbiamo intenzione di continuare a lavorare ancora per diversi mesi. La prima volta che siamo andati lì, infatti, era ancora tutto in costruzione: la sede del Comune era ancora un cantiere aperto così come lo era la linea ferroviaria dell’alta velocità. Oggi la sede del Comune è stata completata e tutte le attività vi si sono trasferite e la linea ferroviaria è stata inaugurata. È ora, quindi, che inizia la trasformazione che più ci interessa, quella che riguarda le reazioni della popolazione alle novità del territorio. È per questo che pensiamo che proprio sulla Bolognina dovremo restare fissi con le nostre macchine fotografiche e videocamenre a monitorare la situazione ancora per diversi anni.

Prima Scandellara, quindi, e ora la Bolognina. Quali sono le principali differenze tra queste due zone? Sono così diverse l’una dall’altra?
Bologna ha un centro storico che, come tutte le altre città italiane, è ristretto, ma anche circoscritto. Dal centro si dipanano poi le porte e i ponti che conducono ai quartieri esterni, quelli che una volta venivano considerati periferici. La Bolognina si trova proprio a ridosso del centro, vicino al ponte della stazione, quindi appena fuori dal cerchio. Scandellara, invece è molto più distante. Questi elementi credo servano per spiegare le profonde differenze, sia a livello sociale che a livello architettonico, che ci sono tra i due quartieri.
Bolognina è abitata principalmente da extracomunitari, instaurati lì da moltissimo tempo. Tra tutti, i più numerosi sono i cinesi che da 15-20 anni portano avanti attività commerciali di tutti i tipi: dai ristoranti ai laboratori tessili. Numerosi sono poi gli eritrei, anche loro ben integrati e ben equipaggiati a livello commerciale: parrucchieri africani, mercati di prodotti tipici campeggiano un po’ in tutta la zona. Infine, a delineare un ulteriore stratificazione sociale, vi sono i Rom, che rappresentano l’insediamento più recente, e che hanno occupato praticamente tutta la parte che era stata demolita in precedenza e hanno costruito le loro abitazioni tra le macerie. Il grande mercato ortofrutticolo, una volta simbolo del quartiere, è stato spostato altrove ed ora rimane al suo posto il centro sociale Xm24 che cura molte attività culturali e ricreative tra cui quella del mercatino dei produttori biologici che vendono direttamente al pubblico e sede inoltre della street art bolognese capitanata dall’artista Blu, personaggio molto conosciuto per i suoi graffiti e la sua arte di strada.
Scandellara è, invece, molto diversa. Non ha una stratificazione sociale così ricca e differenziata. È tagliata da una tangenziale, il cui fulcro è rappresentato da un gigante mercato dell’Est dove si vende di tutto, dalle roulotte ai prodotti tipici dell’Europa orientale, e circondata da costruzioni popolari simbolo della speculazione edilizia degli anni ’80 che, improvvisamente, si confondono in mezzo a vecchie ville e case di campagna abitate da contadini e aventi nella parte anteriore diversi campi coltivati, che si protraggono fino a sotto la tangenziale stessa. Le trasformazioni a cui è soggetta Scandellara sono, quindi, prevalentemente architettoniche.

comunitaeritreaDue workshop, una mostra, tanto materiale fotografico e diversi video realizzati sul campo, il tutto corredato da un sito internet molto interessante e dinamico. Qual è il messaggio che volete comunicare con questi diversi mezzi di divulgazione? E quale è stata la risposta della cittadinanza a queste iniziative?
L’osservazione a cui giungiamo attraverso l’arte della fotografica o quella cinematografica è qualcosa di profondamente diverso da quello che è il mero monitoraggio dell’amministrazione comunale, ad esempio. L’aspetto artistico di queste contraddizioni e trasformazioni negli spazi urbani, è il punto di vista che prediligiamo sempre e comunque e con il quale andiamo a scorgere le interazioni e le sinergie che prendono vita tra nuove realtà sociali e territoriali. Se molto spesso ci troviamo di fronte a delle situazioni in cui “il nuovo” si fonde con “il vecchio” senza dare luogo a cesure o conflitti, è pur vero che, altrettanto spesso, questo non accade e ciò che ne risulta è un continuo scontro per il dominio dello spazio pubblico.
Andare a riprendere queste situazioni con il mezzo artistico è stato un momento di grande apprendimento per noi e, successivamente, un momento di grande partecipazione per la popolazione stessa. Io, non essendo bolognese di nascita, ho scoperto e osservato con il tempo quanto i bolognesi siano attenti a ciò che accade intorno a loro. È qualcosa che, provenendo dalla provincia, non avevo mai notato altrove. Credo sia anche per questo che l’amministrazione comunale sia tanto sensibile a questi temi organizzando laboratori partecipati e mettendo a disposizione della cittadinanza strutture come l’Urban Center, un vero e proprio spazio di dialogo e informazione sulla città e il territorio.
In tutti e due gli incontri che abbiamo organizzato per la cittadinanza, la risposta è stata molto positiva, andando ad evidenziare un attivismo che è tipico di Bologna e della sua popolazione.
Io, curando la parte video, sono stata molto a contatto con la gente, intervistando le persone e andandole a conoscere. La cosa che mi ha colpito è la voglia di queste persone di esprimersi, molto spesso semplicemente per additarsi l’un l’altro portando alla luce un margine di intolleranza che non può essere trascurato: il cinese, il Rom, il tunisino così come il punkabbestia o lo spacciatore di quartiere, vengono visti in maniera arbitraria come soggetti da isolare, non capendo che in realtà sono semplicemente componenti di una trasformazione ben più grande e profonda, che coinvolge tutto il territorio a livello culturale e strutturale.

Qual è stata invece la risposta degli enti locali, delle amministrazioni alla vostra iniziativa?
Il Comune di Bologna ha cominciato finanziando il progetto Spazi Urbani nella sua fase iniziale.
Questo anche perché si è andata creando una sinergia con il PSC (Piano Strutturale Comunale), un piano sul quale il Comune sta lavorando e che ha dei punti di contatto con il nostro progetto. Gli enti locali in generale si sono mostrati molto interessati alla nostra iniziativa che poteva essere per loro anche un ulteriore strumento di monitoraggio del territorio cittadino. Quello che vogliamo però evitare in tutti i modi è di diventare un mero strumento di comunicazione per il Comune. La nostra osservazione è oggettiva e artistica, non istituzionale. Abbiamo libertà e autonomia per un’indagine che ha come fulcro principale l’arte, non la politica territoriale. Altrimenti ci ridurremmo ad essere una cassa di risonanza dell’Urban Center e questo non avrebbe molto senso.

Nel vostro progetto sembra quasi andiate a tracciare una sorte di confine tra quelle che definite le “diverse Bologna”: quella rurale, quella industriale e quella contemporanea, commerciale. Il vostro progetto si concentra solo sull’osservazione o si spinge anche verso l’intervento attivo in queste zone?
Nel momento in cui andiamo con la macchina fotografica o con la videocamera a conoscere queste zone e i loro abitanti c’è sempre interazione. Quella è imprescindibile ed è la base per la creazione, in futuro, di laboratori di arte urbana che coinvolgano i residenti: la formula è “ti propongo di fare qualcosa mentre anche io lo sto facendo” ed è secondo me quella vincente.

Il fenomeno dell’immigrazione, ad esempio quello della comunità eritrea, è stato immortalato da diversi fotografi e, tu stessa con un video che stai preparando sulla Bolognina, incontri diversi residenti provenienti da diverse realtà sociali. Le persone che avete coinvolto si sono prestate senza indugi a questo progetto?
Personalmente, durante la realizzazione del video ho incontrato delle difficoltà, ma meno di quanto si possa immaginare. Alcune volte ho preso degli appuntamenti per delle interviste, ma è stata una cosa molto rara. Molto più spesso mi sono ritrovata a condurre delle interviste assolutamente non programmate che, mi sono resa conto, offrono uno spaccato di vita molto più autentico e naturale. Ho trovato delle persone ben disposte al dialogo, anche tra gli stranieri. Tranne i cinesi, che non sono riuscita ad intervistare nonostante la mia insistenza. Invece, i nordafricani e i bolognesi stessi parlano anche per ore davanti alla videocamera montando delle atmosfere interessanti e spontanee.
Gli altri ragazzi che collaborano con me e si interessano della fotografia hanno utilizzato spesso anche altri metodi. Alcuni hanno contattato i leader delle varie comunità che hanno parlato delle loro attività sociali, ricreative e religiose fornendoci delle informazioni interessantissime a corredo delle fotografie scattate.
Matteo Montanari, invece, che si è occupato di fotografare i Rom, ha notato come, ad esempio, all’inizio ognuno di loro chiedesse dei soldi per essere fotografato. Poi un giorno, mentre faceva un ritratto ad un suo amico sassofonista che suonava in quest’area completamente abbandonata e dismessa, si sono fatti immortalare gratuitamente e con entusiasmo, trascinati dalla musica che è, per questi luoghi, un evento insolito e strano.

Il progetto della Bolognina quindi, vi terrà impegnati ancora per qualche anno. Avete anche altre idee in cantiere?
Il 14 marzo ci sarà la serata di chiusura ufficiale dei workshop con la presentazione dei video e delle gallerie fotografiche a sfondo sociale.
Tra poco partirà un altro workshop sul tema della decentralizzazione e dei nuovi flussi di trasporto, argomento di grande attualità soprattutto dall’ingresso a Bologna del Civis, il nuovo autobus che percorre tutta la città, dal centro alla periferia, ad emissione zero.
In autunno ci saranno poi una serie di iniziative concentrate in una settimana e diffuse in tutta la città: esposizioni multimediali, incontri e dialoghi con il pubblico, mostre e proiezioni video saranno al centro di un evento in cui la protagonista non sarà solo Bologna ma anche altre città, a livello nazionale e internazionale.
Questo evento sarà un po’ una summa del lavoro svolto da Piccolo Formato che, quest’anno festeggerà anche il suo decennale.

Foto di Matteo Montanari e Francesco Flamini

Per approfondire:
www.spaziurbani.it