Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
Partita IVA 03068171200 | Codice Fiscale/Numero iscrizione registro imprese di Roma 03068171200
CCIAA R.E.A. RM - 1367791 | Capitale sociale: €10.000 i.v.
Vincitore del Concorso Tafter Review di febbraio 2009
Tutti i luoghi hanno un passato, una loro identità fatta di persone, spostamenti, strutture, materiali, usi. Poi capita che il tempo, l’usura, la noncuranza o semplicemente i cambi d’epoche, li rendano vuoti, inabitati, inusati. E allora che si fa?
L’arte e la cultura hanno bisogno di spazi, musei, centri di esposizione o gallerie, per promuovere nuovi artisti, esporre le reliquie del passato, essere centri di aggregazione e poli propulsori di cultura, teatro, cinema.
Talvolta capita che queste due cose si uniscano, che la domanda di spazi culturali si congiunghi con l’offerta di luoghi non deputati, ma che possono essere riqualificati e convertiti alla nuova destinazione d’uso che gli si propone. Le modalità seguite in tal senso sono molteplici. Due delle più esemplificative sono quelle riguardanti Spinnerei e La Fabbrica del Vapore.
Primo caso: Spinnerei, ex cotonificio, nell’area ovest di Lipsia in Germania. Costruito nel 1885, per evitare le importazioni di cotone dal Regno Unito e dalla Svizzera, vive un periodo di espansione e ingrandimento notevole, fino a diventare l’impianto per la filatura del cotone più grande dell’Europa continentale. 100.000 mq di superficie, suddivisi in stabilimenti produttivi, magazzini, uffici, e così via.
Con il tempo Spinnerei perde la sua funzione produttiva originaria ed il declino subisce un’accelerazione con la caduta del muro di Berlino. L’imprenditore che lo possedeva, per sostenere i costi, oltre alla produzione, comincia ad affittare alcuni spazi agli artigiani e agli artisti locali, ma poi nel 2001 mette in vendita il complesso ed una società, gestita da Bertram Schulze, lo acquista pagandolo davvero poco grazie alla crisi del mercato immobiliare. Il potenziale del complesso è enorme: le condizioni delle strutture sono buone, gli spazi a disposizione sono vasti, ma per il primo periodo l’unica fonte di sostentamento sono i pochi affitti bassi che pagano gli artigiani e gli artisti locali per i loro atelier e studi. Nell’affannosa ricerca di spazi, questo posto è tornato utile alle gallerie d’arte, che si sono mostrate interessate e hanno affittato locali a Spinnerei. Così come grossi negozi di materiali artistici hanno trasferito lì le loro attività.
E via via, come in un circolo virtuoso, più gli spazi venivano affittati, più venivano occupati, più si raccoglievano i soldi per portare a compimento i lavori che il complesso necessitava, utilizzando una manodopera a costo zero, perché rientrante in uno speciale programma per la forza lavoro disoccupata della zona.
Nel frattempo, la Scuola di Lipsia comincia ad essere riconosciuta e apprezzata, e anche questo aiuta la reputazione e l’aurea positiva di Spinnerei. Gallerie locali e internazionali accettano la sfida: hanno gli spazi e rappresentando i migliori artisti che espongono nelle fiere più famose, acquistano popolarità, tanto da rientrare sempre più frequentemente negli itinerari dei turisti culturali (1).
Lo slogan recita: dal cotone alla cultura (From cotton to culture). Lieto fine.
Milano, 1899. Viene fondata la ditta Carminati, Toselli & C. che produce, ripara e vende materiale per ferrovie, tramvie e affini. Il mercato delle ferrovie e tramvie si stava allora sviluppando e la ditta, sfruttando appunto le contingenze positive si espande. La Prima Guerra Mondiale arresta le attività, ma appena prima, a inizio secolo la ditta si era estesa nella zona (via Messina, Procaccini, Nono e Piazza Coriolano). Dopo la Guerra, il Comune diventa gestore del servizio tramviario urbano e alla Carminati Toselli viene commissionata la costruzione di una serie di vetture. La rete tramviaria urbana nel 1926 è di 151 km, 700 vetture in circolazione, 327 milioni di passeggeri. Dopo i toni alti, arrivano quelli bassi. Con il regime fascista, la ditta si scioglie. Gli edifici vengono affittati a società disparate e utilizzati per attività varie. Milano, nei 50 anni dopo la Seconda Guerra Mondiale, come tutte le grandi città europee, attraversa una fase di trasformazione, in cui emerge il suo carattere produttivo, improntato all’efficienza, alla creatività e all’innovazione, che pure affiorano. Nel 1985 il Comune di Milano stipula una convenzione con la Società Procaccini in base alla quale l’area è lottizzata, ceduta al Comune e alcuni edifici abbattuti. L’idea è di creare un polo per la produzione artistica giovanile. Il Comune definisce i margini in cui questo dovrà accadere: linee progettuali, finalità, obiettivi, attività, soggetti e modelli di gestione. L’area complessiva di 30.000 mq, è divisa in 7.000 mq per le macroaree di attività previste (musica, design/grafica, arti visive/fotografia, new media, teatro/danza/cinema, scrittura, area interdisciplinare), mentre gli altri 7.000, che così completano la superficie lorda di pavimento di 14.000 mq, sono destinati alle zone espositive, spettacolo, ristorazione e servizi. Viene creato un brand Fabbrica del Vapore con tutta l’intenzione di renderlo un trademark autonomo capace di generare indotto. Si ipotizzano dei modelli di gestione che si sostentano su tre voci principali: ricavi derivanti da attività proprie della Fabbrica del Vapore (servizi, manifestazioni, workshop, ecc), finanziamenti ad hoc governativi o dell’Unione Europea, sponsor/privati. Nel 2000, la selezione avvenuta a seguito di un bando pubblico, fa emergere 17 soggetti (singoli, associazioni, società di diritto), che gestiscono l’attività del centro attraverso progetti specifici, con una particolare all’attenzione alla sperimentazione, al collegamento con i circuiti produttivi e alla prospettiva internazionale .
Qual è la differenza tra i due?
Nel primo, è stata l’iniziativa imprenditoriale pura, di una società che ha comprato tutto il complesso di Spinnerei, ha intravisto la possibilità di tramutarlo in un polo artistico, e lentamente l’ha ristrutturato fino alla sua totale riconversione. Non ci sono stati aiuti o interventi di alcuni tipo da parte dello Stato, governo locale, o Unione Europea. Anche il risultato ottenuto ha il taglio imprenditoriale. L’arte contemporanea muove ingenti capitali, evidenti nella compravendita di opere d’arte. Ecco allora che il core business di Spinnerei è proprio l’affitto degli spazi alle gallerie e agli esercizi commerciali. L’aurea di Spinnerei si è propagata e le gallerie hanno fatto a gara per ottenere uno spazio lì.
In Italia, la situazione è stata diversa. l’Amministrazione pubblica ha preso in mano la situazione, ha dettato gli argini delle attività, ha ristrutturato gli edifici; ha praticamente traghettato la Fabbrica del Vapore verso la sua riconversione. Poi, ha affidato a soggetti terzi la gestione degli spazi, pur supervisionando l’andamento complessivo. L’idea è più di taglio sociale, l’obiettivo era creare un polo per la produzione artistica, per mettere a disposizione dei giovani competenze e professionalità.
In questa sede non si vuole giudicare. Questi due luoghi, entrambi esempi di archeologia industriale, hanno preso strade diverse, perché diverse erano le impostazioni di partenza. Si vogliono solo evidenziare i loro cammini, che li hanno guidati attraverso una riconversione voluta e doverosa (2).
Note:
1. Il caso di Spinnerei è tratto da un articolo di Pierluigi Sacco, Economista dell’arte, apparso su Flash Art, anno XLI, n. 270, giugno-luglio 2008, pag 114-115.
2. Le informazioni sulla Fabbrica del Vapore sono state tratte dal sito ufficiale: www.fabbricadelvapore.org. L’immagine è tratta dallo stesso sito.