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Nel corso degli ultimi mesi l’immagine della nuova sede del New York Times a Manhattan, progettata dall’archistar italiana Renzo Piano, ha campeggiato sulle pagine di numerosi quotidiani e riviste, sia nazionali che internazionali, quale monito dell’imminente fine della carta stampata.
I dati sembrano confermare questa ipotesi se si considera che la New York Times Company nel bilancio pubblicato a ottobre del 2008, ha fatto registrare una perdita di un miliardo di dollari, e debiti per quasi 400 milioni di dollari a fronte di una liquidità di soli 46 milioni di dollari.
Tra le cause principali di questo prolungato stato d’allerta c’è l’avvento di internet, che offrendo la possibilità di accedere all’informazione in maniera completamente gratuita, ha rivoluzionato il modo con cui i lettori si relazionano con chi produce e vende notizie.
Eric Alterman, un giornalista statunitense che scrive su The Nation, ha affermato che oggi la diffusione complessiva dei giornali in rapporto alla crescita della popolazione è la metà di quella del 1946, e che i giornali hanno perso nel 2008 il 15% dei loro ricavi pubblicitari e l’83% del valore delle loro azioni. Se è vero che il numero degli utenti delle edizioni online dei principali giornali di tutto il mondo cresce continuamente, è altresì vero che i ricavi derivanti dalla vendita degli spazi pubblicitari su internet non sono sufficienti a compensare le perdite causate dalla diminuzione del numero dei lettori delle edizioni cartacee, in quanto per gli inserzionisti pubblicitari un utente della rete vale un decimo rispetto al lettore di un quotidiano.
E’ notizia recente la proposta lanciata dal magnate della comunicazione Rupert Murdoch di rendere a pagamento i siti dei giornali del suo gruppo – tra cui il Wall Street Journal, il Washington Post e il Times -, attraverso un sistema di micropagamenti sul modello di quello già utilizzato da iTunes, per cercare di superare la crisi che ha colpito il giornalismo tradizionale. Un annuncio che è immediatamente rimbalzato su tutti i mezzi di informazione e che ha portato alla creazione di un fronte del si, contrapposto ad un fronte del no.
Le vendite, gli abbonamenti e la pubblicità sono sempre state le tre principali fonti di finanziamento dei giornali, mentre il modello di business lanciato da internet sembra fare volentieri a meno delle prime due, per affidarsi esclusivamente agli introiti derivanti dalla pubblicità. E , in un momento in cui anche gli inserzionisti pubblicitari hanno ridotto di molto il proprio volume d’affari, la pubblicità da sola potrebbe non bastare più, mettendo in forse anche l’esistenza dei giornali gratuiti online.
Una questione, quella del futuro incerto della carta stampata, che al di là di una mera valutazione economica, ha a che fare con tematiche ben più vitali e stringenti che riguardano il diritto alla libertà d’informazione e l’idea stessa di democrazia. Perché se è innegabile che internet mette a disposizione dei propri utenti una quantità quasi infinita di dati e notizie, non è altrettanto certo che la rete sia in possesso dei mezzi necessari a finanziare ad esempio le sedi all’estero, il giornalismo investigativo e d’inchiesta, che le redazioni di molti quotidiani sono ancora in grado di assicurare.
L’incerta sopravvivenza della carta stampata è stata al centro anche del convegno “Crescere tra le righe”, promosso dall’Osservatorio Permanente Giovani-Editori, che si è tenuto a Borgo La Bagnaia, in provincia di Siena, nelle giornate del 22 e 23 maggio. La due giorni di incontri, tavole rotonde e dibattiti, condotta dal Vice Direttore del quotidiano La Stampa, Massimo Granellini, con la partecipazione di editori e direttori dei maggiori quotidiani italiani e stranieri, dei più autorevoli esponenti dell’editoria mondiale, dei rappresentanti delle Istituzioni italiane, ha dato voce alle diverse opinioni che esistono oggi sull’argomento, facendo emergere la necessità di assicurare un futuro anche all’industria dell’informazione.
Nessuno è in grado di prevedere se nel prossimo decennio le rotative continueranno a girare e le edicole continueranno ad esistere, ma forse ciò che è più importante, al di là del supporto che assicurerà loro la possibilità di esprimersi, è che le persone che fanno giornalismo, in modo sano ed intelligente, continueranno a far sentire la loro voce.