padiglione-italiaTante le novità di questa edizione della Biennale, investono vari settori e lasciano immaginare interessanti prospettive per il futuro.
Novità nella logistica, ad esempio, ma soprattutto nella individuazione e selezione dei servizi al pubblico,  a partire dall’introduzione di una nuova figura professionale sperimentata per la prima volta in Italia (a Torino e più recentemente a Ca’ Foscari, a Venezia) ma certamente destinata ad un grande successo: il mediatore culturale. Nonostante la denominazione possa dar luogo a qualche fraintendimento, il mediatore culturale della Biennale non si occupa dell’integrazione di etnie e nazionalità diversificate all’interno dell’area di operatività ma piuttosto offre le proprie conoscenze e professionalità ai visitatori. Conserva, infatti,  il carattere intrinseco della  “mediazione” , proponendosi come intermediario e interprete di codici e culture differenti: quello dell’artista, quello dell’opera d’arte e quello del fruitore i quali sono spesso oggetto di difficile riconoscimento  e comprensione, in particolare nell’arte contemporanea. Il mediatore, infatti, trova collocazione accanto alle opere esposte nelle varie sale della Biennale ed è disponibile ad offrire spiegazioni e chiarimenti su domanda del visitatore. Possiede una conoscenza approfondita e il più possibile esaustiva delle opere, in grado di soddisfare le curiosità del pubblico senza tuttavia costituire una alternativa al servizio delle visite guidate e ai laboratori. L’idea è certamente interessante, considerato che i mediatori sono, per il momento, giovani laureandi o laureati provenienti da facoltà umanistiche, in grado di rispondere alle esigenze delle diverse fasce di pubblico della Biennale, dal visitatore occasionale a quello più esperto. 
Senza allontanarsi dal campo della fruizione, un’altra novità di questa edizione è rappresentata dal trasferimento e dall’apertura ai Giardini dell’ASAC – Archivio Storico delle Arti Contemporanee, che conserva tutti i documenti concernenti la Biennale dal 1895 ad oggi, fino a questo momento consultabili al Parco scientifico tecnologico Vega di Porto Marghera. L’Archivio trova collocazione all’interno del Palazzo delle Esposizioni, vale a dire l’ex Padiglione Italia – e questa è ancora una novità dell’edizione 2009 – . In verità,  l’apertura dell’archivio nella nuova sede, oltre a rendere più accessibile la documentazione storica, pare costituire il primo passo verso una possibile “stabilizzazione” di alcuni settori della Biennale che potranno rimanere aperti al pubblico anche in periodi differenti da quelli della mostra. In particolare, si intravede la possibilità per i padiglioni stranieri  – che già negli anni passati avevano più volte tentato  senza successo di prolungare la loro apertura e di organizzare nelle loro strutture eventi culturali indipendenti dalla Biennale – , di proseguire l’attività culturale e di dare vita a nuove iniziative durante tutto il corso dell’anno.la-biennale-di-venezia Questa apertura consentirebbe ai singoli Paesi che lo desiderassero di disporre di uno spazio per far conoscere artisti ed opere all’interno di una città come Venezia, internazionale e sempre più votata al contemporaneo  e rappresenterebbe al tempo stesso un’ottima occasione di sviluppo per l’area dei Giardini, finora animata quasi esclusivamente dall’evento Biennale. Fin qui le novità e le prospettive per il futuro. Ma questa edizione dell’Esposizione si distingue anche per una attenzione particolare al passato e alle origini dell’evento, che risalgono al 1895. Così, la presenza e l’apertura dell’ASAC nei luoghi deputati all’esposizione, invitano a riscoprire la nascita e lo sviluppo della Biennale. Inoltre, la trasformazione del Padiglione Italia in Palazzo delle Esposizioni pare voler ripristinare la funzione e la denominazione originaria della struttura “Pro arte”, progettata dall’architetto Enrico Trevisanato per la prima edizione (il nuovo Padiglione Italia è situato negli spazi dell’Arsenale).  Un invito, certo, a riflettere sulla Biennale e sul suo ruolo, specchio del tempo e di una società profondamente mutata negli oltre cento anni intercorsi tra la prima e la 53° edizione eppure sempre volta al moderno, incuriosita da opere che oggi come allora hanno la capacità di suscitare,  di volta in volta stupore, divertimento, indignazione ma anche turbamento e riflessione.

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