dante-alighieriNell’Italia terra dei festival, si è appena conclusa la prima edizione di un appuntamento dedicato alla Lingua Italiana e all’Alfabetizzazione. L’evento è culminato con due appuntamenti a Roma presso il Teatro Quirino. Ad istituirlo è stato Mattia Leombruno, Presidente di EventoFestival e già promotore, dal 2004, del prestigioso Premio Internazionale Mario Luzi. Tafter lo ha intervistato per capire qual è l’idea di partenza del festival e quali obiettivi ambiziosi si aspira a raggiungere mediante un evento su un tema così “innovativo” nella sua universalità…

 
Il Festival della Lingua Italiana e dell’Alfabetizzazione si è appena concluso. Ci racconta come è nata l’idea? La sua istituzione è una logica tappa di un percorso intrapreso con la fondazione del premio Mario Luzi?
L’esperienza del premio Luzi ha certamente dato un forte impulso alla realizzazione di questa idea, grazie alla risposta positiva e il dialogo proficuo che si è istaurato con le istituzioni. Inoltre, l’esempio della figura di Luzi, che non è solo una figura generica della letteratura del Novecento ma è una delle poche figure emblematiche caratterizzate, oltre che dall’apprezzabilissimo dato letterario, anche da un grande senso di responsabilità civile, è stata un forte impulso. È da quella esperienza che presenta i principi letterari di Luzi, sia come  poeta che come uomo, che nasce questa iniziativa del festival, in un certo senso a sé stante per questa edizione, ma che a partire già dall’edizione 2010 sarà annessa al premio. C’è sicuramente una sorta di continuità in questo percorso che ho intrapreso (all’età di 24 anni nel 2004) che si intende portare avanti. Tengo a sottolineare che si tratta di principalmente di una promozione culturale fondata sui contenuti e su un livello critico che oggi viene meno da parte dal mondo della cultura, nel quale c’è una uniformità di prospettive che rende la promozione culturale qualcosa di troppo simile e poco differenziata e incisiva.
Si tratta del primo grande evento in Italia interamente dedicato alla promozione della nostra lingua italiana e dell’alfabetizzazione.

 
Si tratta quindi di promozione culturale nel senso più ampio e non di promozione della lingua esclusivamente. La denominazione è un tentativo di restringere il campo di interesse a qualcosa di tangibile?
L’idea del festival ha un orizzonte molto più largo certamente. Abbiamo preso la lingua  italiana come emblema della nostra cultura e identità, ampliandone la prospettiva. Il nostro intento è di promuovere la lingua non in maniera protezionista, come si è sempre fatto, ma come uno strumento attraverso il quale passa la comunicazione quotidiana; l’uso e il disuso di una lingua possono essere uno specchio rispetto alla società stessa. Tornare quindi a investire una lingua di un valore etico e morale (oltre che di valore culturale) da destinare all’uso della parola è la nostra visione del festival, una prospettiva che forse è sempre mancata in azioni di promozione della lingua.
È per questo che non ci focalizziamo solo alla lingua ma anche sui temi dell’alfabetizzazione, sull’idea di una cultura “umana”, quella del dialogo, volta all’innalzamento dei livelli qualitativi della comunicazione. La lingua è strumento di stampa, cultura, letteratura e del quotidiano. La lingua è uno strumento democratico. In sintesi, il Festival intende, pertanto, proporre una visione emblematica e del tutto inedita della nostra Lingua Italiana: una lingua che sappia superare gli schematismi accademici ed adoperarsi per un nuovo progetto sociale, che guardi ai problemi del nostro tempo, alle criticità del sistema mondiale ed alle nuove frontiere del sistema educativo, perché il diritto al futuro divenga finalmente un diritto intangibile dei giovani di tutto il mondo.

Quali iniziative tangibili sono state destinate allo scopo?
Almeno due. Una è la campagna comunicativa (attraverso lo spot solidale, legato sia alla lingua italiana che all’alfabetizzazione dei popoli) a mezzo radio e circuiti urbani (mezzi pubblici, cartellonistica, ecc). La seconda azione concreta è l’iter portato avanti per la sottoscrizione di un protocollo d’intesa, in una fase successiva,  programmata con il ministero dell’Istruzione , per la realizzazione di specifici progetti. Il protocollo prevede la stesura di linee guida specifiche sulla base di questi valori culturali ed etici, al fine di portare nelle scuole questa sensibilità, legata ai valori dell’accoglienza e del dialogo, della cultura come chiave di lettura della contemporaneità.

logo-festival-lingua-italianaQuindi si tratta di un evento complesso ed articolato capace di coniugare questioni proprie della nostra cultura nazionale con prospettive mondiali quale, appunto, il problema dell’alfabetizzazione. Pone al centro delle sue attività la formazione dei giovani ed intende, pertanto, rivolgersi a tutti i soggetti considerati parte in causa nel processo formativo; inoltre, si legge dalla vostra comunicazione che è prima di tutto una operazione comunicativa e di sensibilizzazione sulla questione della lingua e più in generale sulle modalità della nostra comunicazione odierna. Possiamo dire che il festival volga in due direzione? Una nazionale e una globale (legata all’alfabetizzazione globale)?
L’ambizione è quella di essere anche un progetto internazionale, infatti. Per questo saremo supportati da una associazione, Satiagra onlus, che vantando un’esperienza decennale, opera nell’India meridionale, dove l’alfabetizzazione non è un problema rilevante ma un piaga, così come in altre aree depresse del mondo.
Riferendoci al nostro sistema culturale italiano, riscontriamo criticità non trascurabili. Grazie al monitoraggio di associazioni e enti che si occupano di cultura, sappiamo che in Italia almeno una persona su  17 non sa né leggere né scrivere, specialmente nel Meridione dove l’illegalità, causa di numerosi ritardi e negligenze, incalza. Non a caso, tra i firmatari del Manifesto per la Lingua Italiana e per l’Alfabetizzazione dei Popoli, compare Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia, a testimoniare la necessità anche della legalità nella promozione della cultura. Dove vige l’illegalità la vita è precaria e si penalizza la cultura, privilegiando altre tipologie di “culture”.

 
A proposito di Manifesto…Il Manifesto della lingua italiana e dell’Alfabetizzazione”, promosso da Lei (Mattia Leombruno, ndr) e scritto dal poeta e filosofo Marco Guzzi, ha un ruolo determinate nell’avvio di questa campagna di promozione. Tra i firmatari troviamo personalità di spicco, della cultura italiana Giuseppe De Rita, Presidente del CENSIS, Dario Fo, Attore, e ancora Arnaldo Pomodoro e Massimo Cacciari, solo per citarne alcuni.
Che ruolo ha questo manifesto? Quale è stato il canale di pubblicizzazione dell’iniziativa?
È uno strumento di dialogo con la comunità civile: chiunque può dare l’adesione. Per noi ha un grandissimo valore simbolico, non solo per poter promuovere alle autorità una giornata nazionale della lingua italiana, ma perché è un modo per aprire il dialogo su una ferita aperta e per lanciare un vero e proprio movimento culturale. Rappresenta un importante strumento di comunicazione culturale e sociale, ovvero di adesione e condivisione popolare estremamente significativa.
Come detto, il valore simbolico è indubbio ma è soprattutto uno strumento per affermarsi a livello istituzionale. Certamente ha un valore reale per una proposta di una giornata nazionale.. Come ben sa, dal punto di vista tecnico per l’istituzione di una giornata nazionale, due sono gli iter che si possono seguire: il primo è incardinato nell’iter dei rami del parlamento, mediante la proposta di legge; l’altra è mediante iniziativa popolare che propone una petizione, con le modalità dovute, il deposito in cassazione e dopo sei mesi giungere a 50mila firme per poi portarla all’attenzione del parlamento.
A livello di pubblicità del manifesto, effettivamente non è stato effettuato una campagna massiccia.
L’obiettivo  è quello di influire, attraverso il concorso di alcune istituzioni, anche per brevità e maggiori probabilità di successo, e di creare un’intesa all’interno del Parlamento, sempre allo scopo dell’istituzione della giornata nazionale. È un’iniziativa nelle corde del dna delle nostre istituzioni e crediamo che con questa modalità si possa raggiungere l’obiettivo. La raccolta quindi no è vana e solo simbolica. C’è un piccolo movimento culturale che ha a cuore l’iniziativa. Inoltre, anche l’accademia della Crusca supporta la nostra idea, compreso il presidente dell’accademia che ha partecipato alla prima edizione del premio.
Tra l’altro, lo stesso Mario Luzi tenne un discorso all’accademia nel 2003 o 2004 sulla lingua italiana e in un passaggio, disse: “avere una lingua italiana ma anche essere avuta da lei” ovvero riconoscere nella lingua italiana la propria “cifra” storica.
Devo rilevare, però, che se da una parte,  le maggiori istituzioni italiane che si occupano di cultura, promuovono grandissime manifestazioni, sembrano spesso impantanate in una certa inerzia, manca sempre di uno spunto critico nei confronti della contemporaneità.
Il vero grande problema della cultura oggi è di non essere più uno strumento di condivisione legato ai grandi valori umani. La cultura non riesce più a dialogare con le persone e le istituzioni non riescono a contrastare questo problema sociologico e antropologico.
L’iter di questa iniziativa è inconsueto ma penso sia apprezzabile. Guardandola come osservatore esterno, rappresenta l’iniziativa di un cittadino che richiama, come direbbe Luzi, “al fuoco della controversia” una serie di istituzioni sull’interesse generale.

 
Sembra si tratti di un dialogo molto più istituzionale che “popolare”…
Direi di no. Semplicemente siamo in una fase di avvio. Partiremo sicuramente dalle scuole. Marco Guzzi, che ha scritto il manifesto, parla di un allarme rispetto all’alfabetizzazione emotiva.
A partire dall’istituzione del festival, porteremo  misure concrete e su quelle cominceremo a lavorare. L’esigenza era quella di iniziare il prima possibile con il festival. Per la prima edizione sarà solo una due giorni di spettacoli, focalizzati sul tema. Poi, già da settembre, organizzeremo una conferenza che affronterà contenuti più aderenti alla promozione culturale, nel, quale coinvolgeremo le istituzioni che di cultura si occupano, per esempio Associazione Italiana editori e associazione italiana biblioteche, fermo restando il dialgo coni ministeri competenti  (Istruzione e MiBAC) e scuole, genitori, ecc.
La fase dei contenuti la collochiamo in fase successiva.

Come si immagina la seconda edizione del festival della lingua italiana? Come localizzarlo e quale periodo temporale?
Senz’altro ripartito su un arco di tempo allungato, non due giornate. Poi stiamo valutando l’idea di trovare forme di coinvolgimento per dialogare con le persone; fare qualcosa di analogo al premio Luzi ma per la promozione della lingua. Sicuramente non solo ricorrenza dopo la quale si spengono i riflettori ma un lavoro duraturo.

Avete pensato al coinvolgimento di “creativi” della lingua o anche di altre forme espressive?
Pensavamo al coinvolgimento di tutte le forme espressive, oltre la lingua scritta. Non posso farla anticipazioni ma lo abbiamo già pensato. Lo stesso logo di questa edizione  non è stato realizzato da uno studio grafico ma dal maestro Giuseppe Maraniello. Riteniamo che anche attraverso l’arte si espliciti la lingua italiana, una lingua che si esplicita anche in silenzio. Sarebbe auspicabile creare un movimento culturale di voci differenti. Riteniamo che il sistema italiano metta ai margini le eccellenze e vorremmo che la cosiddetta fuga dei cervelli avesse uno stop, creando accoglienza per la creatività e l’ingegno italiano. Parlare di lingua italiana senza l’ingegno non ha neanche senso.