cinema-europeoIn occasione delle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, Cineuropa ha intervistato 5 membri del Parlamento Europeo: Gérard Onesta, Ruth Hieronymi, Jacques Toubon Gyula Hegyi e Ignasi Guardans parlano della loro esperienza nell’emiciclo europeo e delle priorità che il Parlamento Europeo dovrebbe adottare nella prossima legislatura in materia di cinema e audiovisivo.

Gérard Onesta, deputato francese del gruppo Gruppo Verde/Alleanza libera europea, Vicepresidente del Parlamento europeo, è responsabile del Premio Lux.
Ruth Hieronymi, deputata tedesca del gruppo del Partito popolare europeo, è stata membro della Commissione per la cultura e l’istruzione, portavoce del gruppo PPE-DE per la politica dei media, presidente dell’intergruppo per la politica audiovisiva e.rapporteur del Programma MEDIA 2007-2013 e del Programma MEDIA Mundus.
Jacques Toubon, deputato fancese membro del Gruppo del Partito popolare europeo, ex ministro della cultura e della francofonia dal 1993 al 1995, presidente del fondo Eurimages del Consiglio d’Europa dal 2002.
Gyula Hegyi, deputato socialista ungherese, giornalista e critico cinematografico, è membro della Commissione cultura del Parlamento Europeo.
Ignasi Guardans, deputato catalano, è stato membro del Parlamento Europeo fino al maggio 2009 nel gruppo Liberale. È stato membro della Commissione cultura e in temi audiovisivi ha lavorato principalemente sul rinnovo della Direttiva televisione senza frontiere. Attualmente dirige l’ICAA (Istituto della Cinematografia e delle Arti Audiovisive).

Esiste un cinema europeo o è più opportuno parlare di diversi cinema nazionali?
Gérard Onesta: Bronislaw Geremek, il nostro compianto collega diceva : “abbiamo costruito l’Europa, ora costruiamo gli europei !”. Ho l’impressione che per il cinema le cose siano al contrario. Esistono dei cinema europei ma bisogna costruire il Cinema europeo. Si tratta di qualcosa che è più che la somma dei cinema nazionali, un’entità che cerca di crearsi da sola e di tale processo abbiamo palese riscontro quando all’estero prendiamo parte ai festival cinematografici dove ci accolgono sempre con un “Voi, gli europei !”.

Ruth Hieronymi:
Penso che esistano entrambi con successo. Abbiamo il vero cinema nazionale, abbiamo il cinema nazionale in contesto europeo e penso che a volte abbiamo il vero cinema europeo.

Jacques Toubon: C’è un modo di fare cinema in Europa che è propriamente europeo. È il modo di produrlo, finanziarlo, scriverlo e realizzarlo, è il rapporto tra autori, produttori, registi, che può essere definito specificatamente europeo. Dall’altra, assistiamo al ritorno di un cinema ungherese, inglese, e ancora spagnolo, ed questo tipo di cinema che è particolarmente amato dagli europei. I francesi amano i film di produzione spagnola, gli inglesi invece amano quelli italiani…

Gyula Hegyi: Sono stato un critico cinematografico prima di dedicarmi alla politica per cui credo proprio che si possa parlare di un unico cinema europeo. All’epoca dei film muti – sino agli anni 30’- c’era una sorta di cinema universale con un linguaggio cinematografico universale. Le cose sono cambiate con il parlato, il linguaggio, quando il suono è arrivato nel cinema. È per questo che abbiamo l’ungherese o il francese nel cinema parlato. Ma credo che i segni distintivi fondamentali dei film europei esistano ancora.

Ignasi Guardans: La domanda che ci si deve porre in parallelo è se esista una cultura europea o solo culture nazionali o ancora culture differenti all’interno di uno stesso Paese. Credo che si possa rispondere affermativamente, che c’è una cultura europea, quindi un cinema europeo.

Quali sono le caratteristiche del cinema europeo?
Gérard Onesta: Penso che la differenza principale sia in riferimento alla scrittura. Il soggetto è il punto di partenza del cinema europeo, è intenzionato a chiarire un concetto primario da cui si svilupperà la stesura della sceneggiatura vera e propria. Forse negli altri cinema il punto di partenza è il pubblico stesso e gli argomenti trattati rispecchiano l’aspettativa di questo pubblico. Il cinema europeo è uno degli strumenti della tavolozza culturale europea, e non marginale; il cinema nasce in Europa, bisogna dirlo, siamo noi che l’abbiamo inventato anche se molti paesi se ne sono appropriati e nella diversità di attività culturali europee, c’è una “macchina” chiamata cinema che ci permette di andare in profondità su questioni importanti. Il problema, ma anche la fortuna, è che il cinema è frammentato in tante e diverse bolle linguistiche e che il cinema ungherese non esce quasi mai dall’Ungheria, che per quello lettone vale la stessa sorte, ecc… Il cinema hollywoodiano parla inglese, e basta, ed è molto più semplice. Noi abbiamo questa sorta di griglia che filtra il nostro cinema europeo, e che di conseguenza lo frammenta in tanti cinema declinati al plurale.

Ruth Hieronymi: I film europei hanno una visione, una visione politica o sociale e raccontano la storia di tale visione. Non è una contraddizione ma è una peculiarità e rappresenta un approccio speciale nazionale a questo terreno comune o background comune per il cinema europeo.

Jacques Toubon: Nel cinema europeo ritroviamo facilmente le distinte identità nazionali. I temi non assomigliano a quelli statunitensi, spesso più universali e generici, semplici in termini di sentimenti e intenzioni; gli europei sono più complessi -è proprio dello stile cinematografico europeo- e queste complessità sono i punti di forza di un “fare cinema” che bisogna preservare, in un mondo che cerca di sopprimere la diversità.

Gyula Hegyi: La maggior parte degli elementi chiave del cinema europeo si basa sul nostro patrimonio letterario. Il cinema europeo si caratterizza maggiormente sulle relazioni umane tra le persone che non sull’azione o sulla natura come invece succede nei film di produzione asiatica. Penso che ci sia una tendenza generale nel cinema europeo ed è molto interessante notare come alcuni elementi caratteristici della cultura cinematografica di una nazione – penso ad esempio nell’Avanguardia sovietica o alla “Nouvelle Vague” francese negli anni 50’ o nei cosiddetti “New Czech Films”, la scuola di Praga negli anni 60’- si ritrovano poi in quasi tutti i film europei in differenti contesti.Questo è molto interessante perché i contenuti possono a volte essere molto nazionalistici, la storia, diciamo. Ma il linguaggio del film, il modo in cui il cameraman lavora, il modo in cui le sequenze vengono collocate, credo siano distintivamente europei. Se vai ad un festival cinematografico a Tokyo, ed io ci sono stato, se c’è un film, dopo due o tre minuti ti rendi subito conto che si tratta di un film europeo e non di un film americano o asiatico o africano.

Ignasi Guardans: Il cinema europeo trasmette un messaggio. Anche quando si recita, si prova a fare teatro riferendosi a qualcosa.
Il fatto è che il cinema europeo intrattiene un legame di parentela con una parte del cinema indipendente americano. Mi riferisco principalmente al contenuto dei film. A livello di finanziamenti e strutture che si occupano di produzione cinematografica ci sono davvero evidenti similitudini. E dal punto di vista del soggetto, si potrebbe dire che Clint Eastwood abbia fatto del cinema europeo e, permettetemi di dirlo, i suoi sono bei film europei. Perché c’è un qualcosa a proposito di questa idea di cui, sì, se ne può parlare.

Che cos’è il Premio Lux?
Gérard Onesta: Il Premio Lux rappresenta molte cose. Prima di tutto, serve a ricordare che il Parlamento Europeo ha un grande ruolo nella scena culturale europea, aspetto troppo spesso negletto dalla maggior parte degli europei. Votiamo dei testi che regolano molti aspetti, come ad esempio, i diritti d’autore. Il secondo elemento che preme ricordare è che la cultura è anche un importante veicolo di ricchezza economica. Se dovessimo contare tutti i mestieri connessi alla cultura, dallo sceneggiatore ai tecnici del suono, dai distributori ai produttori ad esempio, ci renderemmo conto che ci sono centinaia di migliaia di posti di lavoro nell’industria culturale. Il terzo motivo è la comunicazione: da molto tempo il Parlamento cerca di parlare al cittadino di questioni diverse rispetto alle direttive o all’euro e abbiamo pensato di farlo tramite uno strumento un pò più glamour, che parli allo stomaco dei cittadini. Così ci siamo detti: perché non scegliere il cinema! È uno strumento sufficientemente elittario per garantire dei prodotti di qualità e sufficientemente popolare per comunicare con il grande pubblico. E naturalmente siamo ricaduti nella frammentazione linguistica, e abbiamo cercato di intervenire proprio su questo. Ci siamo detti che il Parlamento è già una torre di Babele, che non crolla però, si parlano ventitré lingue e abbiamo cosí deciso di scommettere su questa idea: installare una sala nel cuore del Parlamento per un mese, proiettare film di qualità che parlino dell’Europa, che stimolino il dibattito europeo e che vengano scelti dai deputati che vanno al cinema. I deputati votano a scheda segreta e il film vincitore viene sottotitolato in tante lingue quante quelle dell’Unione.

A quanto ammonta la dote?
Gérard Onesta: Non è male, ammonta a circa centomila euro, una buona cifra per il Parlamento che non ha molti mezzi. Ma la soddisfazione è che da un giorno all’altro un film che probabilmente non uscirà mai dall’Ungheria o dal Portogallo potrà essere proiettato in un festival e in una televisione qualsiasi. Abbiamo provato ad invertire una credenza comune pur con pochi mezzi, dimostrando che la diversità è una ricchezza e non un handicap. Questo è lo slogan che compare su tutti i nostro manifesti, schede e dvd compresi. Ne siamo molto fieri perché alcuni di questi film hanno ricevuto una palma a Cannes oltre ad avere ricevuto il premio europeo.

Quali sono le priorità della prossima legislatura?
Gérard Onesta:
Uscire dal simbolo che naturalmente spero verrà prolungato e ampliato; i professionisti del settore ci aiutano perché hanno capito la forza del simbolo, e più solidi saremo, più facile sarà intervenire tramite atti legislativi. Se vogliamo davvero aiutare questo straordinario veicolo di comunicazione che è il cinema europeo, bisogna fornire degli aiuti concreti non solo alla produzione ma anche alla distribuzione, far sì che il plurilinguismo non sia un handicap ma una opportunità. Infine, bisognerà ridiscutere di diritti d’autore, perché questo grande fiume che è il cinema europeo potrebbe essere prosciugato dal saccheggio dei diritti d’autore.

Ruth Hieronymi: Innanzitutto, il copyright. Sono convinta che il copyright sarà una tematica di importanza notevole. In un periodo di forte dominio di Internet è necessario trovare delle soluzioni, non abbiamo al momento delle soluzioni vere e proprie ma solo delle idee su come potrebbe funzionare. Sono convinta che ora con Internet possa esserci una più forte cooperazione tra i differenti settori, i fornitori di tecnologie e lo stesso cinema. Questa è una finestra di opportunità. Sono persuasa che sia necessario trovare delle soluzioni nei prossimi tre o cinque anni.

Jacques Toubon: Nelle istituzioni europee in generale e nel Parlamento in particolare, si riscontra un’indifferenza diffusa riguardo alla proprietà intellettuale e artistica e ai diritti d’autore in particolare. Un vero peccato.
Credo che il Parlamento intervenga su molte e distinte questioni, diritti compresi, avendo innanzitutto in mente il “consumatore”, che, nell’ambito della cultura, viene definito l”utilizzatore finale”. Quindi, partendo dal presupposto che alle Istituzioni sta maggiormente a cuore il consumatore, tutto il lavoro che a monte – la catena di produzione e di diffusione di prodotti artistici- viene dimenticato. Per quanto mi riguarda, propongo due cose: un approccio pedagogico, poiché credo che sia necessario conoscere e approfondire meglio questi settori, tra cui l’edizione; secondo, penso che le istituzioni europee debbano essere ripensate. Oggi nelle politiche della Commissione Europea, il problema della proprietà intellettuale viene appena citato. Fortunatamente da un anno a questa parte, la Commissione ha creato una direzione che si occupa di proprietà intellettuale, ma questa viene trattata nell’ambito del mercato interno, non della direzione che si occupa di cultura ed è chiaro che il suo ruolo ha un peso specifico meno significativo rispetto, ad esempio, alla direzione generale per l’informazione. La priorità quindi, per quanto possano sembrare cavilli tecnici o giuridici, è questa (il “come” e il “dove” si affrontano le questioni relative alla proprietà intellettuale nelle Istituzioni n.d.t.). C’è poi un secondo aspetto: la vera sfida per il cinema europeo, ripetendo chiaramente che esiste un cinema europeo, è che pur avendo i mezzi per produrre, in particolare in Francia ma non solo, la vera sfida è la diffusione, la distribuzione. È vero infatti che gli slovacchi vedono i film francesi, i francesi quelli svedesi, ecc… Ma sappiamo anche che meno del 10% dei film nazionali circolano negli altri paesi europei. Per questo, a mio avviso, bisognerebbe intervenire per correggere questa tendenza, perché quando i sistemi classici di distribuzione saranno superati da quelli in linea, sarà già troppo tardi per riflettere sulla questione. Verranno distribuiti in linea quei prodotti di massa, i blockbusters o i grandi successi mentre tutti i film d’autore (in senso lato) passeranno alla tagliola, e avranno ancora più difficoltà ad essere visti. Penso quindi ad una soluzione che è spesso stata presa in considerazione dai cineasti europei: cercare di creare, con l’aiuto della Commissione e degli Stati, una major europea di distribuzione. Esiste la United Artists, quindi perchè non fare una European United Artists? Questo sarebbe il passo ideale per un’epoca che sogna e sostiene il progresso per il cinema europeo.

Gyula Hegyi: Prima di tutto penso che dovremmo continuare a sovvenzionare l’attuale sistema finanziario perché sappiamo che al WTO, il “World Trade Organization”, gli Usa attaccano sempre l’Europa perché noi sovvenzioniamo la nostra industria cinematografica. È molto importante sottolineare che noi non sosteniamo l’industria cinematografica, noi sosteniamo la diversità del nostro linguaggio, il fatto che il cinema possa essere in francese, in inglese, in ungherese, questo è ciò che noi finanziamo non le industrie che si occupano dell’aspetto commerciale.
Inoltre penso che abbiamo Eurimages, il Consiglio d’Europa non l’Unione Europea: il consiglio d’Europa ha il cosiddetto Eurimages e noi sosteniamo la distribuzione e co-produzione del cinema europeo.
Penso che l’Unione Europea possa permettersi di avere qualcosa di simile anche con mezzi economici maggiori per finanziare e sostenere la produzione di film, quei film che fondano nella nostra cultura la reciproca comprensione tra le persone, quelli che hanno valore artistico.

Ignasi Guardans: La priorità è l’organizzazione delle società di gestione di diritti audiovisivi. Occorre armonizzarle all’interno del mercato unico europeo, allo stesso tempo lavorando per un mercato comune interno dell’audiovisivo. La lotta contro la pirateria è resa debole dalla frammentazione dei diritti cinematografici. Non si è qui per proteggere delle istituzioni, ma per proteggere la cultura, per adeguare la cultura che ci è stata tramandata, per promuoverla, ma ancor prima tutto per proteggerla perché siamo arrivati ad un punto in cui bisogna farlo. La cultura, cosí come la conosciamo, è in pericolo se non va al passo con l’economia della produzione audiovisiva del 21° secolo; ci sono strutture troppo obsolete che devono essere trasformate.

Qual è l’ultimo film che ha visto?
Gérard Onesta: L’ultimo film che ho visto non era al cinema, con mia grande vergogna, ma a casa mia, era un dvd proiettato comunque su un bello schermo. Era 11:14, Destino fatale, un film americano prodotto forse cinque anni fa di Greg Marks. È un piccolo capolavoro dalla sceneggiatura intricata, una piccola meraviglia d’orologeria cinematografica. Quando si ama il cinema, si amano tutti i cinema. Grazie.

Ruth Hieronymi: “Storm” al Festival di Berlino. È un film a sfondo politico che parla della guerra in Bosnia e del Tribunale Penale Internazionale dell’Aia, ed è davvero una storia europea.

Jacques Toubon: E’ stato il film di Yamina Benguigui, una regista che è soprattutto conosciuta come regista di documentari, il film è Aïcha. E’ la storia di una giovane ragazza francese di origine algerina che vive a Bobigny e che cerca di entrare a Parigi senza però riuscirci. Il film mostra come gli individui di origine immigrata vengano tutt’ora marginalizzati. Credo sia un film molto attuale, politicamente scorretto riguardo al discorso generale dell’integrazione, ma è molto bello. L’ho visto e mi è piaciuto molto.

Gyula Hegyi: Ho visto The Argentine. E’ un film ispano-americano su Che Guevara. Ho visto a Bruxelles la prima parte, solo la prima parte e una settimana fa ho visto il film tedesco The Baader Meinhof Complex a Budapest: questi sono gli ultimi due film che ho visto nell’ultima settimana.

Ignasi Guardans: Gli ultimi due film che ho visto sono americani. Uno, Il confine della solitudine (The Burning Plain) mi è piaciuto molto, un ottimo film ; l’altro, Duplicity, un pessimo film americano, non mi è piaciuto affatto.