Aiuti umanitari nelle zone di guerra

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Se scorriamo le pagine del volume d’indagine curato dalla rinomata giornalista Linda Polman, veniamo catapultati bruscamente in una realtà che è diversa da come ce la immaginiamo, ovvero quella delle zone di crisi presidiate dalla cosiddetta “industria umanitaria”.
“Le organizzazioni umanitarie fanno parte di una grande industria internazionale degli aiuti, e operano in un mondo nel quale la volontà politica di porre fine alle crisi non c’è”. Come si legge, intorno agli aiuti umanitari è sorta una vera e propria industria di organizzazioni che viaggiano sull’onda dei flussi di denaro ed entrano in concorrenza tra loro in spazi umanitari sempre diversi per aggiudicarsi la maggior parte possibile dei miliardi a disposizione. Un business anche per le parti di guerra, che cercano di aggiudicarsi la fetta più grande di aiuti e di fare in modo che i nemici ne abbiano il meno possibile.
L’intento del volume è ribadito a chiare lettere nelle ultime pagine, quasi a voler precisare che una soluzione perfetta, in questi casi, non esiste, proprio perché il Darfur non è l’Afghanistan e i ribelli del RUF in Sierra Leone non sono gli Hutu di Goma.  Il libro è un invito “a non ignorare più le domande, ad avviare una discussione su come si potrebbe migliorare”. Una discussione che, come sottolinea l’autrice, non sarà scevra da emozioni e impressioni raccolte direttamente sul campo, ma che invita a riflettere sul delicato ruolo delle ONG, nella consapevolezza che gli operatori umanitari non fanno la scelta di non collaborare e non decidono dove intervenire in base a considerazioni di carattere etico, ma alla disponibilità di contratti dei donatori. Le organizzazioni umanitarie, infatti, sono in preda ad una vera e propria competizione per i contratti, proprio perché, una volta messe al lavoro in un determinato “spazio umanitario”, le ONG devono cercare di rimanerci almeno il tempo necessario ad ammortizzare gli investimenti; questa cosa, come si legge nei capitoli centrali, è possibile solo se riescono ad ottenere più contratti in loco e se sono in grado di prolungare i contratti esistenti. Inoltre, si ribadisce, le organizzazioni umanitarie partecipano alla gara a quale dei media arriva per primo: infatti, una maggiore attenzione dei media ai disastri e alle crisi si traduce in maggiori entrate per le organizzazioni umanitarie.
I titoli emblematici che descrivono ognuno degli 11 capitoli che compongono il libro lasciano poco spazio all’immaginazione, coinvolgendo il lettore sin dalle prime righe a vagare assieme all’autrice attraverso i campi profughi strapieni e maleodoranti, nei punti di distribuzione di cibo nelle zone di carestie, tra i paesi e le città bombardati e gli istituti per orfani di guerra. Una realtà cruda che rivela una contraddizione di fondo, ovvero la mancata neutralità delle organizzazioni umanitarie che si trovano costrette a dipendere dagli estri e dalla disponibilità delle parti in guerra; il più delle volte, inoltre, tali aiuti contribuiscono a mantenere inalterata la situazione, trasformando l’ONG in “una potenza che i partiti in guerra cercano di trascinare dalla propria parte. Una potenza che potrebbe divenire mortale in mano al nemico”.
A concludere la disamina di reportage presi come esempio, a cui l’autrice dedica dei capitoli interi di precisa analisi, troviamo la postfazione, in cui si ribadisce la responsabilità dei giornalisti a raccontare una realtà così complessa, a farsi portavoce anche di realtà scomode come quelle dipinte nel libro, a indagare a fondo e in modo critico l’industria degli aiuti, proprio come l’autrice.
La parte conclusiva raccoglie un ricco vocabolario di sigle e termini poco chiari spesso incomprensibili per un mondo esterno, parole che compongono “il piccolo mondo degli aiuti” e che sono indispensabili per operare nelle zone di guerra oggetto di aiuti umanitari.

L’industria della solidarietà
Aiuti umanitari nelle zone di guerra
Di Linda Polman
Bruno Mondadori Editore Euro 16
ISBN: 61592933
http://www.brunomondadori.com/