Intervista a Luciano Scala – Direttore generale per gli Archivi del MiBAC

archivisticaLa Conferenza nazionale degli Archivi, che si terrà a Bologna dal 19 al 21 novembre, si intitolerà “Fare Sistema”. Perché, nonostante gli sforzi fatti finora non si è riusciti ad arrivare alla creazione di una rete di soggetti, pubblici e privati, in sinergia tra loro?
Il settore degli Archivi, rispetto ad altri settori culturali della nostra società, ha subito una sorta di individualismo che non ha favorito la nascita di sistemi organizzati ed operanti.
Il mondo degli archivi di Stato, in origine di competenza del Ministero dell’Interno, ha cominciato la sua trasformazione con il cambiamento della società stessa, mutata anche in seguito alla riforma dell’articolo V della Costituzione che impone ora non solo la presenza di archivi di Stato ma anche quella degli archivi di enti pubblici, Province, Regioni e Comuni, e archivi di altre importanti istituzioni come quelli universitari.

A Bologna verrà presentato il portale SAN (Sistema Archivistico Nazionale) progettato dalla Direzione Generale per gli Archivi in collaborazione con Regioni, Province e Comuni. Quali sono le caratteristiche di questo portale e quali le attività che gli utenti potranno svolgere al suo interno?
Grazie al SAN potranno confluire in un unico strumento di conoscenza le diverse raccolte di materiali e documenti realizzate sinora in modalità autonoma e indipendente. Il portale, ricercando metadati che dialogano adottando standard comuni, può infatti intercettare una serie di informazioni anche su sistemi regionali. Ad ora abbiamo instaurato un rapporto di collaborazione molto forte con quattro regioni italiane: Emilia Romagna, Umbria, Piemonte e Lombardia.
Attraverso il Sistema Archivistico Nazionale gli utenti potranno fare un’unica operazione, su un unico portale e saranno poi indirizzati in maniera trasparente presso i sistemi che detengono le informazioni desiderate, siano essi Sovrintendenze artistiche, archivi di Stato, Regioni o archivi privati, come ad esempio gli  “archivi del ‘900”,  archivio privato che raccoglie e cataloga le fonti storiche culturali del ‘900.

Per quanto riguarda il coordinamento, oltre al MiBAC, ci sono della altre istituzioni culturali o delle amministrazioni locali che seguiranno il progetto?
Alla conferenze di Bologna andremo a discutere, e spero ad approvare, un accordo tra Stato, Province e Comuni italiani per far sì che siano coordinate tutte le attività archivistiche del nostro Paese. Questo a partire anche da un problema di grande rilievo in Italia, quello delle sedi fisiche,  per le quali potremmo costituire dei poli archivistici dove ognuno rimarrà proprietario dei propri documenti costituendo nel contempo fronte comune affinché si evitino situazioni come quelle balzate alle cronache recentemente sulla situazione drammatica in cui versano gli archivi di tribunali di Catania o di Roma.

Altro progetto importante è quello relativo al Portale degli Archivi d’Impresa il cui scopo è quello di raccontare 150 anni di cultura d’impresa in Italia. Un tentativo anche per rilanciare il made in Italy e la professionalità legata ai brand storici del nostro territorio?
I portali delle imprese esistono di rado e sono principalmente delle attività individuali che ogni aziende decide o meno di perseguire. Per il momento abbiamo già raccolto 40 adesioni di archivi di grandi imprese con l’ambizione di raccontare la storia del nostro Paese attraverso la storia di questi archivi e di queste aziende. Stiamo ad esempio approfondendo il periodo del secondo dopoguerra, dal 1945 ad oggi, e, proprio tramite gli archivi d’impresa, prendiamo consapevolezza di come il Paese sia rinato dopo il conflitto e di come si sia sviluppato in diversi settori: dalla storia dell’Eni e dell’Enel, che riguarda i grandi problemi energetici, alla Fiat, all’Olivetti, alla Pirelli. Tutta una serie di imprese del triangolo industriale che hanno poi fatto la storia del dopoguerra.

In questo progetto come si colloca il progetto già presentato degli Archivi della Moda del ‘900?
Gli Archivi della Moda sono un filone sul quale stiamo lavorando da tempo. A differenza di quanto si pensi, sono dei documenti preziosi e importantissimi poiché testimoniano il processo che conduce dalla progettazione al prodotto. Gli Archivi della Moda sono di una bellezza inenarrabile perché è proprio in questi documenti che abbiamo la testimonianza di tutta la creatività italiana. Gli abiti di Ferrè, di Capucci, le calzature di Ferragamo sono una testimonianza viva di come si sviluppata la creatività e il design italiano. Con il percorso delle imprese, della moda e anche quello che stiamo portando avanti sugli architetti e ingegneri si capisce come gli archivi siano delle strutture molto vive che raccontano un mondo, che è quello in cui viviamo.

Entro quanto tempo si riuscirà a portare a termine la digitalizzazione degli archivi nazionali e quali sono le risorse di cui la Direzione dispone e quali quelle di cui ha bisogno?
C’è da fare innanzitutto molto ordine tra le varie strutture poiché la politica individualistica condotta negli anni passati dagli archivi ha prodotto delle entità autonome che necessitano di essere ricondotte ad un minimo comun denominatore. La prima operazione da fare è quindi quella di rendere omogeneo tutto ciò di cui già disponiamo.
Faccio un esempio: l’amministrazione degli archivi di Stato ha speso decine e decine di miliardi di lire negli anni passati per due filoni di intervento di digitalizzazione: quello della cartografia e quello delle pergamene. Quando avremo un quadro chiaro di questo lavoro saremo anche in grado di fare le nostre richieste di finanziamento.

Avrete a disposizione anche dei finanziamenti europei?
Ci stiamo muovendo all’interno di una progettazione europea di grande interesse che è quella degli Archivi del Mediterraneo. In Italia abbiamo già prodotto 65 mila descrizioni relative a 350 mila documenti che digitalizzati riguardanti archivi che hanno attinenza con gli scambi sul Mediterraneo in epoca medievale.
Questo progetto deve necessariamente essere internazionalizzato, cioè deve entrare in collegamento con i più importanti paesi del bacino del Mediterraneo. Su questo fronte, inoltre, abbiamo la possibilità di proporci come Paese leadership in Europa e di chiedere, per ora dei finanziamenti all’interno del progetto Euromed e poi nei prossimi mesi speriamo di ottenere qualche risorsa maggiore.

A dicembre del 2007 è stato presentato pubblicamente il progetto di digitalizzazione delle biblioteche con biblioteche digitali italiane. A quell’epoca lei era infatti direttore generale per i Beni librari e Istituti Culturali del MiBAC. Un progetto costato 18 milioni di euro e tanti sforzi da parte di tutti i coordinatori.
A 2 anni di distanza quali sono i risultati ottenuti? Continua l’aggiornamento della biblioteca digitale?

Il funzionamento della biblioteca digitale è, si può dire, semi-automatico in quanto le biblioteche costituiscono una grande rete nel nostro Paese con circa 4.000 strutture che lavorano in maniera sinergica.
Per quanto riguarda il programma delle biblioteche digitali, questo si è inserito in un più vasto programma nazionale, “Cultura Italia”, che oltre agli apporti cospicui che arrivano dalla biblioteche di tutta Italia, fornisce documenti provenienti da archivi e da altre realtà storico-artistiche del nostro Paese e da enti pubblici e privati. Tutto questo per far sì che la grande mole di informazioni che abbiamo a disposizione trovi un canale standard di comunicazione e sia quindi facilmente fruibile dall’utente finale.

Nei punti in programma durante la conferenza a Bologna appare anche la questione di una formazione e organizzazione delle scuole d’archivio.
Le scuole d’archivio in questo momento sono presenti in 17 archivi di Stato italiani e sono rivolte a personale che intende specializzarsi in questa materia.
Durante la conferenza di Bologna verrà discussa in merito una proposta di riorganizzazione delle scuole con una tripla finalità.
La prima è quella di creare dei corsi di livello non universitario rivolti agli addetti agli archivi di Comuni, Province, Regioni, istituzioni pubbliche e private che devono familiarizzare con la materia e possedere degli strumenti di lavoro indispensabili per lo sviluppo degli archivi.
Poi ci sarà una proposta di fatto equivalente ad un corso di laurea universitario di primo livello e una terza equivalente ad un corso di specializzazione.
La novità  è rappresentata dal fatto che per la prima volta vi è una totale sinergia e collaborazione tra le scuole d’archivio del MiBAC e le Università degli Studi italiane interessate al settore archivistico che mirano ad arricchire la propria offerta formativa.