tv1

Continua ad essere il cinema la tipologia di intrattenimento fuori casa, preferita dagli italiani durante il tempo libero. E’ quanto emerge dall’ultima edizione dall’annuario statistico che l’Istat pubblica ogni anno, offrendo un vasto repertorio dell’informazione prodotta dalla statistica ufficiale su temi quali l’economia, lo stato dell’ambiente, la pubblica amministrazione, le dinamiche sociali. Nell’ambito dei consumi culturali, dopo il cinema – che cattura l’interesse del 49,6% della popolazione con sei anni e più – gli italiani, che dichiarano di fruire di almeno uno spettacolo o intrattenimento fuori casa nel corso dell’anno, vanno a vedere mostre e musei nel 28,8% dei casi, partecipano a manifestazioni sportive (26,7%), frequentano discoteche e balere (22,6%), visitano siti archeologici e monumenti (21,9%), vanno a teatro (21,5%), partecipano a concerti di vario tipo (20,5%), e solo in rari casi assistono a concerti di musica classica (10,1%). Se gli spettacoli sportivi interessano un pubblico prevalentemente maschile, sono soprattutto le donne ad andare a teatro, con livelli di fruizione generalmente più elevati nel Centro-Nord rispetto al Sud del paese. Risultano essere in calo i visitatori di musei, gallerie, monumenti e aree archeologiche gestite dallo Stato, con un meno 3,9% nel 2008. In particolare diminuiscono i visitatori degli istituti a pagamento (-5,9%), mentre aumentano quelli con ingresso gratuito (+2,2 per cento), per un valore complessivo di 33,98 milioni di persone che hanno visitato i 399 luoghi d’antichità e d’arte dello Stato. Nel corso del 2007 gli italiani hanno speso circa 1 miliardo e 639 milioni di euro per assistere a rappresentazioni teatrali e musicali, spettacoli cinematografici e manifestazioni sportive, facendo registrare una spesa complessiva per abitante pari a 27,62 euro.
La televisione si conferma essere la forma prevalente di intrattenimento domestico, guardata dal 93,6% degli italiani. Sono il 45,1%, invece, coloro che dichiarano di dedicarsi alla lettura, attività che riscontra un maggior successo tra le donne le quali non solo leggono più degli uomini, ma leggono anche un numero più elevato di libri. Una percentuale molto alta di lettori si registra soprattutto tra i giovani, e sono i ragazzi tra gli 11 ed i 14 anni a leggere più libri nel tempo libero. Si apprende con piacere che rispetto al 2008 è aumentata la percentuale dei lettori di libri, che passa dal 44 al 45,1%, anche se persiste il divario tra Nord e Sud, dove legge il 34,6% dei residenti rispetto al 48% di coloro che abitano al Centro e al 51,8% di coloro che vivono al Nord.
L’uso di Internet e del personal computer ha conosciuto un trend crescente nel corso degli ultimi cinque anni, passando rispettivamente dal 31,8% del 2005 al 44,4% del 2009, e dal 39,9% del 2005 al 47,5% del 2009, con un incremento delle persone che dichiarano di utilizzare Internet ed il computer tutti i giorni ed una o più volte alla settimana. L’uso del computer, che coinvolge soprattutto i giovani tra i 15 e i 19 anni, è più diffuso tra gli uomini che dichiarano di utilizzarlo nel 52,8% dei casi, a fronte del 42,5% delle donne.
Sul fronte della spesa sostenuta per le attività di ricerca e sviluppo l’Italia conferma il suo triste primato, posizionandosi agli ultimi posti rispetto agli altri paesi europei. Con 16.835 milioni di euro, pari all’1,14% del Pil, l’Italia è ancora lontana da paesi con la Svezia, dove la spesa in ricerca e sviluppo rappresenta il 3,74% del Pil, la Filandia (3,45% del Pil), la Germania (2,54%), la Danimarca (2,48%) e l’Austria (2,46%), riuscendo a fare meglio solo della Grecia e del Portogallo che spendono per la ricerca meno dell’1,2% del loro prodotto interno lordo. Le uniche istituzioni italiane ad essere il linea con gli obiettivi fissati dall’Unione Europea nel campo della ricerca sono quelle appartenenti al settore pubblico e alle università, mentre le istituzioni non profit svolgono un ruolo marginale e le imprese presentano un volume di attività sottodimensionato rispetto alla soglia del 66% stabilita a livello europeo, mettendo in evidenza una scarsa integrazione tra settore pubblico e settore privato.