citizen journalismRaccontare gli eventi proprio mentre accadono. È questa l’aspirazione del giornalismo partecipativo, cioè l’informazione proveniente dai comuni cittadini, che non sono dei giornalisti professionisti ma che possiedono strumenti tecnologici tali da permettere di diventare reporter d’eccezione: basta infatti trovarsi nel momento giusto e nel luogo giusto avendo a portata di mano un cellulare o una telecamera. In meno di un minuto il filmato può essere condiviso in rete e fare il giro del mondo, portando una testimonianza attiva e, soprattutto, immediata.
I video dell’alluvione di Messina, del terremoto in Abruzzo, la caduta delle Torri gemelle, i fenomeni del bullismo nelle scuole, sono esempi che dimostrano la “potenza” della comunicazione in rete ma anche l’ istantaneità possibile dei contenuti: nel momento in cui qualcosa di imprevisto accade, il giornalista non può essere lì, ma può essere inviato sul posto solo per una ricognizione postuma dei fatti.
Vista l’importanza del giornalismo partecipativo in rete che va incrociandosi con i media tradizionali, Rai Educational, nella figura del suo direttore Giovanni Minoli, ha presentato nei giorni scorsi un progetto dal nome “Citizen Report” che tenta di mettere in luce proprio questa nuova realtà giornalistica formata da comuni cittadini appassionati dell’indagine.
I temi che si discuteranno saranno di volta in volta diversi: a farla da padrone sarà come sempre l’attualità, la cronaca e molti dei temi potranno essere proposti dagli utenti stessi. “Citizen Report”, che per il momento si avvale esclusivamente di una piattaforma web (www.citizenreport.rai.it), diventerà a gennaio 2010 un programma televisivo vero e proprio, condotto da Federica Cellini e in onda per 10 settimane nelle ore notturne.
In particolare gli utenti dovranno fornire delle testimonianze, le cui fonti saranno tacciate e controllate, che poi la redazione centrale del programma trasformerà in racconti.
E chissà che tra i nuovi reporter non venga scovato qualche talento, come accadde allo stesso Minoli con “Professione Reporter”, in cui alcuni free lance, notati per la loro arguzia e onestà intellettuale vennero ingaggiati nella redazione stabile del successivo “Report” di Milena Gabanelli.
Le esperienze di giornalismo partecipativo sul web, in realtà, già si moltiplicano da diverso tempo. Il famoso AgoraVox, ad esempio, è un sito internet in cui una rete di oltre 1.200 cittadini inviano ogni giorno centinaia di notizie che vengono poi moderate da un backoffice  e raggiungono l’homepage in base ad indici di popolarità e all’Università di Macerata è stato addirittura istituito un Master di secondo livello in “Giornalismo Partecipativo”.
La CNN tramite la sezione Exchange propone una via alternativa a YouTube in cui giornalisti dilettanti possono trasformarsi in testimoni oculari e documentare in diretta ciò che accade proprio davanti ai loro occhi; così come la BBC, con “Have your say” permette l’interazione e il dibattito sui temi caldi del giorno con la possibilità, anche in questo caso, di inviare documentazione inedita.
I lettori che si prestano alla diffusione dell’informazione non vengono di solito retribuiti anche se, dall’estate scorsa, il giornale tedesco Bild propone ai lettori 500 euro per ogni foto esclusiva realizzata, inducendo quindi gran parte degli utenti a pedinare luoghi e persone ad ogni ora del giorno e della notte alla stregua di paparazzi incalliti.
L’user generated content, cioè l’informazione partecipata, vede crescere la sua importanza di giorno in giorno: lo dimostra il fatto che anche il giornalismo tradizionale ricorre molto spesso alle testimonianze riprese da giornalisti non professionisti per corredare i servizi di attualità e fornire dettagli preziosi al proprio pubblico. È la voce del mondo che parla e che chiede di essere ascoltata.