La Manovra finanziaria e di bilancio per il 2004 ha destinato al ministero per i Beni e alle attività Culturali circa 2200 milioni di Euro, che corrispondono allo 0,39 dell’intero bilancio dello stato, di cui il 70% di spese correnti. Paesi come Francia, Germania e Portogallo, rispettivamente l’1, l’1,35 e lo 0,9%. Da questo punto di vista, se le grandi città subiranno una diminuzione di investimenti media del 10-15% , per i piccoli comuni il taglio potrebbe raggiungere il 40-45%.
In questa situazione le Fondazioni che ruolo avranno o, meglio, quali sono gli scenari che si aprono? Ecco un veloce resoconto del contesto attuale: le ex Fondazioni Bancarie, finalmente uscite dall’empasse grazie alla definizione della loro natura giuridica privata, e all’autonomia statutaria e professionale (29 settembre 2003), hanno destinato negli ultimi due anni sempre meno fondi alla cultura. Nel 2002 i finanziamenti sono stati il 28,9% del bilancio totale. In testa alla graduatoria permane la Fondazione Cariplo, sotto di un gradino si attestano Monte dei Paschi, Cassa di Risparmio di Torino, e la compagnia San Paolo.
La proiezione per il 2004 conferma il trend: verranno infatti destinati al sostegno all’arte e della cultura contributi pari al 23% del totale, stimato in oltre 1 miliardo di euro. Responsabili ed esperti della maggiori Fondazioni Bancarie, interpellati sul loro ruolo nella cultura per i prossimi anni, suppongono che il rapporto con il segmento della promozione della cultura possa cambiare per due ragioni principali:

– il pubblico pagante di musei , mostre, concerti ha ormai superato quello degli eventi sportivi;
– le istituzioni culturali stanno modificando l’approccio in direzione di una maggiore programmazione degli eventi e attenzione degli aspetti economici;

Oggi le Fondazioni sono vere e proprie aziende con oltre 5000 dipendenti e bilanci da capogiro. Il loro contributo rimane, in questo senso, fondamentale, e non solo come elemento di complemento alla Pubblica Amministrazione, ma per mezzo di razionalizzazioni, recuperi di efficienza e nuove spinte economico-finanziarie. Rimane comunque il grave problema dei costi troppo elevati di gestione, la riduzione della quota del Fus e della difficoltà dei privati ad accrescere l’attuale impegno finanziario.
Non sarà , quindi, arrivato il momento di superare, nel rispetto della storia e della tradizioni, la rigida autonomia produttiva, creando maggiori possibilità di “fare sistema” sia per la produzione artistica che per l’introduzione di forme di cooperazione nella programmazione e promozione? Non sarà il caso di integrare maggiormente l’attività delle Fondazioni con la vita e l’organizzazione delle Città ?

Fondazioni culturali
E’ indubbia l’importanza del ruolo delle Fondazioni quali luoghi promotori di cultura aperta, come istituti preposti al sostegno della ricerca e del dibattito delle idee, con scambi o progetti sempre più specifici volti al recupero del valore dei patrimoni storico-artistici, bibliografici, collezionistici.
Le iniziative delle Fondazioni più spesso toccano l’opportunità di un approfondimento di problemi legati alla contemporaneità , alla concertazione tra pubbliche amministrazioni e iniziativa privata. Un punto, quest’ultimo, di primo interesse, vista la sempre maggiore resistenza degli enti pubblici ”“ assorbiti dal ruolo istituzionale, e ancora di fatto vincolati a criteri tradizionalisti e burocratici rispetto all’offerta della cultura ”“ nei confronti del dialogo con il sistema privato. Le Fondazioni sono anche un ponte con il settore delle imprese, con loro stabiliscono rapporti di co-progettazione e co-investimento, soprattutto convergendo nell’ambito della ricerca; coperte da una propria situazione patrimoniale, una garanzia di auto-sostentamento e di promozione delle proprie attività, sempre più sensibili a strategie di fundraising, da tempo ormai hanno individuato la possibilità (già in essere in altri paesi e contesti culturali) di un dialogo con le aziende, in linea con la necessità, da parte di queste di riconoscersi un ruolo più attivo e diretto nell’ambito della programmazione territoriale e nel problem solving di una certa economia sociale che si sta legando agli scenari delle politiche e delle culture attuali.
Ad esempio, la Fondazione Adriano Olivetti si è distinta in questi ultimi anni per una costante attenzione alle tematiche della cultura contemporanea. Come nel caso dei progetti nati e sviluppati in riferimento a una sorta di “macro-situazione” urbana, posta in continuo confronto e sviluppo rispetto al contesto allargato delle più importanti e non metropoli europee. Punti di riferimento sono state delle componenti strutturali che hanno portato a rivisitare una serie di elementi: la conformazione delle città, con lo storico impianto centralizzato, la distruzione dell’equilibrio tra funzione, orientamento e organizzazione, il tema dell’integrazione e delle periferie, insomma, si è cominciato a parlare di necessità e strategie comuni, di Urban Center, di co-operazione, sono nati progetti speciali, stimolati, intensamente promossi dall’UE: gli Urban, gli Interreg, gli stessi Programmi Strutturali aprono una voce direttamente sulle urgenze dello sviluppo locale, dell’intervento nella programmazione urbanistica, nei Progetti Strategici Cittadini.