Intervista a Giandomenico Romanelli  – Direttore Fondazione Musei Civici Veneziani
museo correr veneziaDopo Torino, Venezia è stata la seconda città italiana ad applicare nel 2002 l’articolo 35 della Legge Finanziaria dello stesso anno che prevede la possibilità per gli enti locali di costituire fondazioni a cui affidare il proprio patrimonio artistico o culturale. Da quali aspetti è derivata la scelta e come sta andando la gestione con questa formula?  Come è cambiata sia in termini economici che di processo? Come è costituita la fondazione? 
 La scelta stava maturando da diverso tempo, perché si cercava maggiore autonomia e la stessa amministrazione veneziana riteneva che le potenzialità del proprio patrimonio fossero da gestire con maggior dinamismo, sottraendo in parte i musei e le strutture dalla lungaggini burocratiche che sappiamo essere fortemente condizionanti. Si aggiunga, e non è secondario, il fatto che gli stessi pesantissimi  tagli ai finanziamenti ai beni culturali sono diventati ancora più determinanti in una struttura come la nostra, che aveva la singolare caratteristica di trovarsi nella condizione di essere la macchina museale finanziatrice della struttura comunale invece che viceversa. Mediante evidenziazioni e altre tipi di entrate come sponsorizzazioni,restituivamo, infatti, all’amministrazione comunale più di quanto essa fosse in grado di finanziarci. Parliamo di un giro di affari considerevole che ci portava  a coprire con gli incassi da biglietteria, a seconda degli anni, il 102, 103 per cento del nostro fabbisogno. Come terzo elemento quello di sottrarre la formazione e la gestione dei musei anche dall’incertezza della finanza pubblica vincolava anche il patto di stabilità, e la sostanziale difficoltà sia di programmazione che di impegno rispetto a partner nazionali e internazionali: tutto ciò ha fatto sì che si cercasse maggiore autonomia  e libertà. Non è facilissimo da dire se questa sia stata una scelta di successo, e non è nemmeno misurabile, a causa del sopraggiungere della crisi economica, che ha sensibilmente ridotto il margine di manovra. Siamo comunque riusciti a recuperare con sponsorizzazioni economiche e tecniche, e chiudiamo comunque l’anno con un bilancio consuntivo decisamente migliore rispetto alle aspettative. Partiamo nel 2010 con una prospettiva positiva, di incremento.
Se mi chiede come stiamo vivendo questo passaggio, le dico onestamente con una certa “leggerezza” ma non senza preoccupazione. Il passaggio da ufficio del comune a fondazione privata comporta l’attivazione di procedure, cambiamenti istituzionali, un cambio di logica e attitudine psicologica non di bassa portata. Ha prodotto elementi di turbolenza soprattutto da parte dei dipendenti, per il problema della certezza del pubblico impiego e passare ad un contesto privato, seppur stabile.

Quello che dice è stato confermato anche dall’assessore Zanella che ha dichiarato al V forum degli assessori alla cultura di Torino, la “Fondazione è stata una scelta strategica dell’Amministrazione comunale, rivelatasi ancora più indovinata alla luce dell’incombente crisi economica e a fronte di risorse pubbliche sempre più scarse”. È necessario trovare sostenibilità dei progetti, attrarre risorse aggiuntive”. In che modalità la fondazione lo fa o sta pensando di farlo? I limiti della scelta?
Abbiamo cercato di ridurre al minimo i rischi. Prima di tutto con la creazione di una società la SMINT Srl, che non costa nulla alla fondazione: le risorse sono reperite al’interno, è bloccata la sua ipotetica crescita in termini di personale o di gestione, e però su alcuni versanti è un buono strumento. Per esempio ha bandito le gare per i servizi, e gestisce una parte delle nostre entrate e del nostro fatturato.
Sono convinto che quello della fondazione partecipata è uno strumento che promette di dare risultati. Sottolineo sempre che i modelli per questo tipo di situazione non sono esportabili. Continuamente ci interpellano realtà “sorelle” di musei o strutture museali di Italia che chiedono la formula della nostra gestione. I modelli non sono esportabili. Se pensiamo che la fondazione di Torino che è stata citata, i cui finanziamenti sono garantiti da una serie di soci quali regione Piemonte, comune di Torino, fondazione San Paolo, che apportano automaticamente delle quote per la vita della fondazione, io non posso che provare una sorta di invidia incorreggibile per la rosea situazione. Noi invece andiamo avanti assolutamente solo con la vendita dei biglietti e qualche sponsorizzazione.

 I  numeri parlano chiaro: per numero di visitatori i musei civici veneziani sono i secondi in Italia con oltre 2 milioni di visitatori all’anno per un giro di affari attorno ai 20 milioni di euro annui. Da che derivano principalmente?
No, noi facciamo reddito solo con i visitatori, e in parte minima con le sponsorizzazioni.
È vero che a Venezia abbiamo circa 20 milioni di presenze in città, pari solo a Firenze in Italia. Se confrontate però il numeri di entrate agli Uffizi con quelli dei civici veneziani, e guardate agli incassi, trovate degli abissi. I nostri incassi si reggono sulla capacità di attrattiva principalmente di Palazzo Ducale, insieme ad un significativo contributi del Correr. Tornando a Torino, vedo che la presenza di visitatori, per esempio, al museo del cinema e Venaria Reale dall’altra, hanno numeri invidiabili. Hanno numeri importanti in Italia. Probabilmente ci sono delle condizioni diverse.
Ma sono convinto che non è vero che il numero di visitatori non è dovuto solo alla presenza dei turisti. Non sono connessi necessariamente i due dati.  Ogni realtà chiede l’elaborazione di un modello commisurato a quello specifico della realtà. Abbiamo passato un periodo di elezione del modello francese, poi di quello americano all’epoca di Ronchey, e ora siamo alla conclusione che ognuno ha il proprio modello, una situazione consolidata in base a delle specifiche scelte.

Ha citato la legge Ronchey e i servizi aggiuntivi. Quando pensa si concluderà la fase di assegnazione dei servizi? Sappiamo siete in ritardo…
In realtà la stiamo completando nei tempi fisiologici, come è possibile che ci siano ritardi o ricorsi. Abbiamo assegnato il bookshop e la ristorazione, e entro la fine di questo anno, è una questione di giorni, assegneremo i servizi generali. Dopodiché, le dico che i partner avevano già annunciato i ricorsi, quindi non ci sorprendiamo.

Nel caso ci fosse un passaggio nell’assegnazione dei servizi generali, si potrebbero creare dei problemi di ricaduta gestionale?
Non credo proprio, anche perché entrambe le cordate in bando sono state nostre partner in passato e abbiamo già esperienza con loro. Conoscono gli uomini, le condizioni, gli elementi di debolezza e di forza della fondazione musei civici veneziani.

Come vi relazionate con i musei privati veneziani e gli altri attrattori culturali quali Biennale d’arte, ecc?
È molto interessante la dialettica che sai sta determinando. Proprio qualche giorno fa abbiamo avuto una riunione delle varie realtà pubbliche e private delle strutture museali veneziane. Il panorama è dinamizzato. Anche per noi essere fondazione regionale, in termini aziendali e imprenditoriali, e con occhio attento alle dinamiche di contesto, dal turismo all’economia della zona, alla regionalizzazioni, è moto interessante e molto stimolante. Abbiamo rapporti di buon vicinato, talvolta anche di non convergenza di linee, ma fa parte di una normale dialettica in un paese pluralista.

Quanto della capacità di attrazione dei visitatori dei musei civici veneziani è insita nelle iniziative promosse dalla fondazione musei civici e quanto dalla “location” Venezia in cui sono collocati?
Abbiamo un osservatorio interno, che ci riferisce che il nostro pubblico è composto per più del 20 per cento di francesi. Gli italiani sono meno del 18 per cento, insieme alla pari ad americani e ispanici.
Siamo certificati su alcuni sevizi, e sappiamo di aver debolezze su altri. È una macchina che conosciamo abbastanza. Stiamo affrontando in termini di marketing, quale potrebbe essere l’area di espansione per il fatturato. Abbiamo elementi di singolare particolarità. Il pubblico di palazzo ducale è credo quello che ha la capacità di spesa più bassa d’Europa. Spero possiamo influire su di essa con il nostro nuovo gestore.

Quali gli obiettivi di Romanelli, sia come professionista che nel lavoro all’interno della fondazione?
Portare la macchina ad un livello omogeneo come offerta di servizi, gradimento del pubblico per ambiente e proposta culturale, per innovatività e gradevolezza. Stiamo provando delle iniziative per un pubblico di nicchia, come quello del corso di calligrafia, a cui hanno partecipato 20 persone da tutto il mondo, oppure come il corso sulla lavorazione della carta. Credo dobbiamo incrementare notevolmente l’impegno nella creatività, oltre che una maggiore attenzione al contemporaneo.
L’apertura degli spazi di  Pinault, da Punta alla Dogana a Palazzo Grassi, non è un’iniziativa a sè ma fa parte di un progetto del fare di Venezia una città nuovamente aperta alla contemporaneità e non più un quadretto di statuette incartapecorite.