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Il nome di Brera, con la sua Accademia e la sua Pinacoteca, torna periodicamente a riecheggiare sulle pagine dei giornali, riportando in auge una storia che ha tutte le carte in regola per essere considerata un tipico paradosso all’italiana. L’idea di fare di Brera uno dei più importanti musei d’Italia si profila già durante gli anni settanta, quando tutto il complesso di Palazzo Brera viene trasferito dal Demanio alla Soprintendenza per i Beni storici artistici ed etnoantropologici delle Province Lombarde, che aveva già acquistato nel 1972 il vicino Palazzo Citterio, destinato a diventare uno dei protagonisti di una vicenda non ancora conclusa.
Da allora si sono succedute numerose proposte, spesso culminate in un nulla di fatto, come il progetto affidato nel 1986 all’architetto James Stirling per la realizzazione dei nuovi spazi espositivi, della caffetteria e della biblioteca, per il quale gli Amici di Brera – ossia i membri dell’associazione nata nel 1926 per valorizzare il patrimonio della Pinacoteca – erano riusciti ad ottenere un finanziamento dalla Fondazione San Paolo di Torino, oltre i 21 miliardi di vecchie lire stanziati dal Ministero per i beni e le attività culturali.
Il progetto denominato “Grande Brera”, evocativo della volontà di dotare la Pinacoteca di spazi più consoni alle opere conservate al suo interno, sembra concretizzarsi nel 2004 quando gli allora ministri Moratti e Urbani stipulano un accordo con il sindaco di Milano Albertini per permettere il trasferimento dall’Accademia in un edificio ospitato all’interno del nuovo polo universitario, sorto nell’area della Bovisa, e annettere alla Pinacoteca gli spazi lasciati liberi dall’Accademia. Ma anche in questo caso i lavori si arenano ancor prima di iniziare, adducendo quale motivazione principale alcune anomalie riscontrate nel contratto d’affitto della nuova sede dell’Accademia, oltre ai costi eccessivi dello stesso.
Il 24 novembre 2008 il Ministero per i Beni Culturali, il Comune di Milano e il Ministero della Difesa sottoscrivono il “Patto per Milano”, che impegna i tre soggetti ad elaborare un piano strategico di tutela e valorizzazione delle eccellenze culturali metropolitane, e il nome di Brera riappare. Tra gli interventi da realizzare entro il 2015, anno in cui Milano sarà sede dell’EXPO, il Patto prevede anche l’ampliamento degli spazi espositivi della Pinacoteca di Brera, con il trasferimento delle aule e degli uffici della scuola di belle arti nella caserma Magenta in via Mascheroni.
Tra le polemiche e le contestazioni degli studenti che dichiarano di non essere disposti a lasciare la storica sede dell’Accademia, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia indice una gara europea per scegliere il nuovo progetto di ampliamento della Pinacoteca. Vince l’architetto Mario Bellini e nel settembre 2009 la sua proposta per la costruzione della Grande Brera viene presentata alla città di Milano.
La nomina – recentissima – di Mario Resca, già direttore generale alla valorizzazione del patrimonio presso il Ministero dei Beni culturali, a commissario straordinario per Brera, divenuta ufficiale il 10 gennaio, ha dato il via in questi giorni ad un dibattito molto intenso che riguarda non solo l’effettiva utilità del ruolo, ma anche i compensi previsti per adempiere a tale incarico. La notizia di un compenso milionario, subito smentita dal Ministero, ha offuscato forse una questione più rilevante. Ossia come pensa il neo commissario di riuscire a risolvere una situazione che grava in uno stato di stallo da più di trent’anni, ponendo fine ai conflitti interni tra Pinacoteca ed Accademia che sembrano non volersi sedare, e a portare a termine un progetto del valore di oltre 50 milioni di euro entro il 2015, evitando un eccessivo dispendio di risorse pubbliche. Per il momento Resca ha dichiarato che il suo compito sarà quello di snellire le procedure burocratiche e di arrivare rapidamente ad un accordo tra Accademia e Pinacoteca per fare finalmente di Brera un museo competitivo sul piano dei servizi e dell’accoglienza ai visitatori. Staremo a vedere se allo scadere del termine un museo che oggi attira poco più di 300mila visitatori l’anno sarà all’altezza di un nome come “Grande Brera”.