sundanceSi è appena conclusa a Park City, Utah, radical-chic oasi sciistica della “terra di Mormon”, la ventiseiesima edizione del Sundance, il festival di cinema indipendente più importante d’America, e per conseguenza uno dei maggiori al mondo assieme a Toronto e Cannes.
Fondato dal tutt’ora “padrino” Robert Redford, il festival 2010  vede un nuovo e giovane direttore artistico, John Cooper, alla guida di un’enorme programmazione:  circa 120 film e 80 corti, e una lunga lista di installazioni e performance musicali e multimediali, corsi, seminari, tavole rotonde.
La sfida sembra vinta perlomeno sui principali fronti di esame di un film festival: buoni risultati di biglietteria, alcuni film subito comprati dalla distribuzione perlomeno negli States, discreta copertura stampa, miglior numero di presenze del depresso 2009.
Aldilà dei numeri, il Sundance si trova da qualche edizione a dover fronteggiare puntualmente anche la necessità di riaffermare la propria identità e immagine indipendente e non profit, nonostante un vincolo di bilancio condizionato da un’economia notoriamente ostile, e da dimensioni organizzative di tutto rispetto.
Spesso accusato di cedere alle lusinghe delle grandi major cinematografiche e dei potenti sponsor, a discapito dello spazio dovuto ai giovani filmmaker ancora non supportati dalla grande industria hollywoodiana, quest’anno Cooper e la gestione del Sundance Institute hanno fatto una serie di scelte intelligenti in questa direzione, in particolare con un sapiente utilizzo dei nuovi media.
Tutt’ora terra di nessuno e campo di gioco dei giovani sia per scopi personali che professionali, i media digitali assumono uno spazio sempre maggiore nel programma e nelle scelte di comunicazione, grazie al loro valore di canali “liberi” e “indipendenti”. In linea con un leitmotiv programmatico di rottura, in cui si celebra il ritorno del festival alle sue origini “ribelli” (le parole Re-direct, Rebel, Re-think, sono elementi ricorrenti della comunicazione), da quest’anno la nuova categoria NEXT <=> include produzioni accomunate, oltre che da un giudizio di qualità, dall’innovazione sotto il profilo produttivo/distributivo: budget tendenti a zero e creatività nell’uso di nuovi canali di distribuzione, primo fra tutti internet.
Viene inoltre dato maggior risalto alla categoria sperimentale “New Frontier”, in cui il linguaggio visivo è più vicino alla digital art che al cinema. Tuttavia anche nelle altre sezioni “classiche” si parla di social media in produzioni come Life 2.0 e Catfish, storie incentrate rispettivamente su Second Life e Facebook, e accolte con favore da pubblico e critica. Un segnale di come la vita emozionale comune sia ormai profondamente influenzata dal diffuso lifestyle digitale.
Godibilissima per gli appassionati di arte visiva, la galleria multimediale New Frontier on Main.  L’opera Cloud Mirror dello sviluppatore/artista Eric Grandman mette lo spettatore letteralmente di fronte al proprio profilo internet, costruendo una realtà “augmented” tramite uno specchio-monitor in cui il proprio riflesso è integrato dalle immagini e parole che identificano ognuno di noi sul web.
Earthwalk, invece, progettata da Thomas Gläser e Jens Franke, fa di Google Earth un tappeto luminoso sul quale percorrere “a piedi” il mondo visto da Google.  hitRECord.org propone un nuovo modello “condiviso” e generato dagli utenti di società di produzione audiovisiva.
Sul fronte dei workshop aperti al pubblico, una forte attenzione è stata data a come i filmmaker possano utilizzare i social media, Youtube e il prossimo modello di web 3.0 per il proprio lavoro. Esperti del settore hanno sottolineato la tendenza della rete ad aver sempre più bisogno di contenuti qualificati e realizzati professionalmente, e quindi a rappresentare sempre più una nuova e concreta opportunità per gli operatori dell’entertainment.
Il primo workshop e’ stato Digital Dive, prodotto dalla Jigsaw Global in collaborazione col festival. Per un’intera giornata i numerosi filmmaker intervenuti hanno potuto approfondire temi come la costruzione di siti, lo sviluppo di applicazioni per iPhone, l’uso strategico dei social media, e il processo di sviluppo digitale in generale. Lisa Osborne, fondatrice della Jigsaw Media, entusiasta per il successo dell’evento nonostante la tempesta di neve del giorno prima, constata con sorpresa la fame di training e supporto dei filmmaker in materia digitale: “Vogliono sapere come funzioni, quanto costi, e chi siano i migliori nel settore”.
Il corso “Cross-Platform Storytelling for Filmmakers”, ha permesso di entrare nel merito di progetti che hanno combinato piattaforme online a quelle “off-line”: la strategia di marketing della Focus Features per il film Coraline; quella realizzata dal dipartimento New Media di MTV per la serie $5 Cover; il processo di sviluppo dell’innovativo film District 9 della Sony Pictures.
Durante il workshop è anche emersa l’importanza di partire dalla dimensione “piccola” (la nicchia) per trovare il proprio pubblico su internet. Una volta individuato il proprio seguito, ci si mette in contatto per costruire un rapporto diretto di reciproca stima, e lo si “alimenta” con un flusso continuo di contenuti di qualità: il popolo di internet è vorace di storie da condividere e di cui parlare.
Ma il complesso coinvolgimento del Sundance con i social media non finisce qui. Il Sundance Institute ha stretto infatti un pionieristico accordo con Youtube per consentire a tutto il mondo di partecipare a tre delle varie prime mondiali del programma noleggiandole al costo di $3.99, grazie al nuovo servizio, ancora in fase beta, di Youtube Rental.
John Cooper, Direttore del festival, dice: “L’impegno di YouTube nel supporto del film indipendente è in linea col nostro a Sundance. Questo da’ inizio ad una nuova era in cui gli artisti si connettono direttamente al loro pubblico”.
Ciascuno dei tre film rientranti nell’accordo in un weekend ha avuto circa 350 acquisti (una sala cinematografica di piccole dimensioni): non molto in termini di guadagni, ma sarebbe interessante vedere se la pubblicità prodotta dall’esperimento porterà ad altri tipi di distribuzione.
Infine il festival ha anche prodotto un’applicazione per l’iPhone, in vendita a 4.99$. A metà festival, quando, come in tutti i festival di due settimane, le guide cartacee sono finite, si è capita tutta l’utilità dell’innovazione.
A completare la strategia digitale del festival, un’organica presenza su Facebook, la diretta della premiazione finale su Ustream, ma in particolare menzioni da record dell’hashtag #Sundance su Twitter.