urbancenterÈ stato presentato alla Feltrinelli di Firenze “ZEPPELIN Progetto per un Urban Center nell’area metropolitana fiorentina” di Falqui, Bartolaccio, Pavoni. La pubblicazione, edita da Alfani, dopo una trattazione di ampio respiro culturale sulla città (da Lynch a Calvino) e sul ruolo dell’Urban Center (UC) nelle dinamiche di un modello di città sostenibile, passa ad una ricognizione puntuale, attraverso schede sintetiche ma esaustive (dagli obiettivi ai costi di gestione), degli UC in Italia e all’estero, per proporre un’ipotesi di spazio per Firenze nel quartiere di Novoli (fuori dai circuiti del turismo mordi e fuggi, oggetto di un’imponente trasformazione in corso).
Si delinea così il ruolo dell’UC di Firenze quale osservatorio permanente sulle trasformazioni della città (Zeppelin, mito tecnologico del primo Novecento, osserva dall’alto), spazio per formare ed informare i cittadini, archivio, banca di progetti e strumento pedagogico per diffondere una cultura urbana della contemporaneità per uno sviluppo sostenibile; si precisa l’UC come promotore di attività volte ad ampliare l’offerta e la produzione culturale sul contemporaneo, specializzato in architettura e design, fulcro e moltiplicatore di una rete di spazi che va definendosi già da alcuni anni.
La presentazione del volume è stata occasione per discutere non solo di ruolo e potenzialità operative di un UC a Firenze, già intraviste al BarCamp delle Murate il 16 gennaio, ma, più in generale, del fenomeno Urban Center, nuovo attore sulla scena del governo del territorio.
Non esiste, infatti, un modello univoco di UC, essendo la mission di ciascuno strettamente legata alla propria realtà territoriale e amministrativa, ma, tra urbanistica partecipata e marketing urbano, “la trasparenza della formazione del quadro decisionale resta l’obiettivo comune, e gli Urban Center dovrebbero rappresentare in tal senso le autentiche “case di vetro” per la costruzione condivisa delle politiche di trasformazione della città” (http://www.urban-center.org)
L’ UC si forma su un modello anglosassone, cultura che già nell’800 prevedeva forme di democrazia partecipata, mentre la sua diffusione, negli ultimi decenni, è legata a esigenze di trasformazione urbana in occasione di grandi eventi (come le Olimpiadi Invernali a Torino) o di rigenerazioni urbane a lungo termine (infobox di Berlino) oppure alla necessità che una città cambi ruolo (si auspica per Firenze Città Creativa).
Gli UC italiani sono strutture nuove con identità dai contorni sfumati: più arbitro o più pilota di trasformazioni urbane sostenibili, la mission degli 11 UC attualmente operativi si colloca, tra istituzioni e cittadini, muovendosi tra i due poli dell’informazione e della partecipazione.
L’UC della Galleria Vittorio Emanuele a Milano (www.comune.milano.it/urbancenter) è “osservatorio sulle trasformazioni della città di domani. Che inizia oggi” . Organizza conferenze, incontri, itinerari e rende consultabili, anche on line, dettagliate schede dei progetti che cambieranno ed hanno cambiato la città in tempi recenti dal City life delle archistar alla vela della Fiera, alla nuova sede della Regione; ospita esposizioni temporanee ed un’esposizione permanente (con navigazione tridimensionale interattiva di grande efficacia comunicativa) dei progetti legati all’Expo 2015.
Se l’UC a Milano osserva, l’UC a Bologna partecipa. Nella nuova sede di Salaborsa (http://www.urbancenterbologna.it) “per la progettazione condivisa del futuro di Bologna” organizza incontri, convegni, mostre, cura la collana editoriale Leggere e scrivere la città e fornisce supporto all’organizzazione delle attività dei laboratori di urbanistica partecipata ed alla loro comunicazione, accompagnando di fatto l’iter di formazione degli strumenti che compongono il Piano della città.
Che siano più vetrine o più laboratori, la comunicazione è rivolta ad un target differenziato, dunque indispensabile è tradurre il linguaggio tecnico per addetti ai lavori in un linguaggio comprensibile a tutti, attraverso differenziate modalità di comunicazione. L’UC di Torino (http://www.urbancenter.to.it ), oltre il documentare-esporre e le classiche rappresentazioni bidimensionali e tridimensionali del comunicare architettura, fornisce strumenti di interpretazione, usa diversi canali per raccontare la città; dai Racconti Multimediali agli itinerari tematici alla scoperta di Torino, ai gruppi di lettura su scritti di architetti.
Su iniziativa dell’UC torinese, a poco più di un decennio dalla comparsa dei primi UC italiani (Napoli, 1996), si inizia a pensare di costituire un network che li connetta per creare collaborazioni ed innestare una pluralità di differenti esperienze sul terreno comune di metodologie ed obiettivi. Fondamentale risulta la legittimazione dell’UC come attore e la condivisione di una carta di principi che ne definisca il ruolo; ma la sottoscrizione unanime di uno statuto appare prematura, in quanto molto diverse sono le modalità di organizzazione, gestione e finanziamento che incidono su ruolo ed autonomia (la maggior parte sono gestiti e finanziati dalle pubbliche amministrazioni, ma ci sono anche casi di partnership pubblico-privato come a Torino).
Se l’UC è ancora un personaggio parzialmente in cerca d’autore, sarà interessante, nei prossimi anni, seguirne l’evoluzione (o le evoluzioni) parallelamente alle trasformazioni della città ed alle variazioni di consapevolezza della comunità urbana.