museopubblicoIn estate (luglio 2009) sono stati pubblicati dall’Istat gli esiti della rilevazione statistica (di carattere pressoché censuario) sui musei e i luoghi di cultura non statali in Italia, indagine promossa dal Dipartimento per le Politiche di Sviluppo (DPS) del Ministero dello Sviluppo economico e realizzata attraverso un’ampia collaborazione interistituzionale (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regioni e Province Autonome).
La rilevazione, condotta negli anni 2007 e 2008, si è come noto occupata di rilevare e diffondere informazioni sui musei e le istituzioni assimilabili (gallerie, pinacoteche, aree e siti archeologici, monumenti e altre strutture espositive permanenti e aperte al pubblico) non statali per descriverne le caratteristiche strutturali, i servizi offerti, le attività, i modelli organizzativi, i beni custoditi e molti altri aspetti, colmando un vuoto che andava assumendo contorni anomali per un settore che oramai da più di vent’anni è al centro di politiche, strategie, modelli di sviluppo locale.
Tale carenza risultava notoriamente molto rilevante e penalizzante anche sul piano delle dinamiche di domanda che, come per l’offerta, erano finora note solo con riferimento al patrimonio gestito dal Ministero (Musei, monumenti e AA statali), mentre nulla era dato sapere, a meno di rilevazioni ad hoc, sui visitatori di musei comunali, provinciali, regionali, e men che meno privati o ecclesiastici.
Su questo fronte, l’indagine dell’Istat ha colmato solo in parte la voragine informativa che persiste oramai dal 1992/94, data delle ultime rilevazioni complete sull’offerta culturale. Diversamente da quanto sembrava prospettarsi con la pubblicazione dei primi esiti provvisori dell’indagine (a maggio-giugno) – che per inciso risulteranno notevolmente modificati nella versione definitiva di luglio – la rilevazione permette una conoscenza delle dinamiche di domanda poco approfondita sia sotto il profilo delle caratteristiche dei siti visitati, sia soprattutto a livello territoriale. La pubblicazione dei dati vede infatti una sola tavola dedicata ai dati di domanda, disponibili solo per aggregati provinciali e differenziati tra paganti e non. Non è possibile, al contrario, alcun dettaglio circa la fruizione a livello comunale o di un singolo museo, o di insiemi tematico-tipologici.
La giustificazione portata dall’Istat alla mancata pubblicazione di dati più estesi e particolareggiati, che pure sarebbero disponibili, rimanda al rispetto della privacy: in alcuni comuni, essendo presente un solo museo, non sarebbe possibile pubblicare dati che potrebbero rivelare il numero di visitatori di un singolo museo o sito…
Mi chiedo (io come molti altri addetti ai lavori, immagino): da quando il numero di utenti di un servizio pubblico come quello museale costituisce un segreto da tutelare? Si possono assimilare i clienti di un hotel (il parallelo con la rilevazione sulle presenze turistiche è calzante) privato ai visitatori di un luogo aperto al pubblico, gestito dal settore pubblico, pagato con soldi pubblici? Che differenza esiste, in termini di privacy, rispetto ai musei statali, di cui possiamo conoscere per singolo istituto visitatori e utenti dei servizi al visitatore (spesso affidati a privati)? Esistono forse delle imperfezioni nella rilevazione che, effettivamente vasta e complessa, potrebbero divenire troppo evidenti scendendo al dettaglio territoriale (nel qual caso, basterebbe una precisazione e/o una serie di postille di chiarimento)?  
A prescindere dall’effettiva applicabilità delle norme di privacy a questo contesto e dalla precisione dell’indagine, sta di fatto che questa carenza priva ancora una volta il sistema culturale di un patrimonio informativo che, gestito in maniera più flessibile e aperta, consentirebbe di elaborare un gran numero di riflessioni, studi, analisi, necessarie a supportare un settore strategico fondamentale di sviluppo sociale ed economico territoriale.
In altri contesti, a livello internazionale – ma anche in qualche enclave del territorio italiano – si è da tempo compreso che la conoscenza dei fenomeni di offerta e domanda, così come le analisi del pubblico e dei comportamenti di visita, rappresentano elementi fondamentali e imprescindibili per impostare e valutare l’efficacia delle politiche settoriali. Un settore che non si conosce (o non vuole farsi conoscere…) utilizza le risorse (pubbliche) in maniera inefficiente e inefficace, poiché non è in grado di misurare l’esito delle proprie scelte e azioni e non può conoscere a fondo l’effettivo andamento di taluni fenomeni, per contrastarli o assecondarli. Nel 2010, dopo anni di dibattito sul legame tra politiche culturali e sviluppo locale, non sembra possibile non avere ancora a disposizione informazioni estese, dettagliate e aggiornate (anche l’aggiornamento è un elemento fondamentale non sempre tenuto in debito conto) sul pubblico e sulle visite in musei, aree archeologiche, monumenti e mostre. Non solo occorrerebbe ragionare sull’opportunità di rimuovere certi vincoli, ma sicuramente occorrerebbe considerare la rilevazione Istat non come un evento occasionale, ma piuttosto come l’avvio di un programma esteso e continuativo di indagini sistematiche, da ampliare e approfondire nel tempo.