L’idea di regalare un libro ad uno sconosciuto nella giornata del 26 marzo è stata lanciata dal ventunenne Alberto Schiariti. Il giovane programmatore informatico ha divulgato l’iniziativa servendosi del noto social network Facebook, sul quale ha creato a fine gennaio il gruppo correlato “Leggere, leggere, leggere!”, che conta ora più di 230.000 iscritti.
La proposta sembra aver riscosso grande interesse e sostegno da parte degli internauti, che hanno preso parte numerosi alle discussioni on line relative all’evento, giungendo persino alla traduzione della pagina in altre lingue per ampliarne il numero di adesioni. Il buon esito dell’appuntamento del 26 marzo sembra poi preannunciato dalle iniziative volte a sponsorizzarlo, come i riusciti flash mob (dall’inglese flash, breve esperienza e mob, moltitudine) organizzati in diverse città italiane, che hanno visto i partecipanti, convenuti in un luogo prestabilito, immergersi improvvisamente e contemporaneamente nella lettura per un giro di lancetta.
Considerando la risonanza di questi raduni, non ci sarà da meravigliarsi se presto riceveremo in dono da un perfetto sconosciuto un libro. Il gesto può sembrare bizzarro, ma se inserito in un contesto di mobilitazione diffusa, risulta chiaramente meno inusuale: è come sempre il potere del gruppo che rende capaci di superare paure, inibizioni, diffidenze. Nelle intenzioni dichiarate dal suo blog dall’ideatore di questa sorta di bookcrossing italiano, non c’è solo il tentativo di rompere il muro di chiusura e solitudine di cui sempre più soffre la società contemporanea, ma anche un invito alla lettura, purtroppo sempre meno praticata. Del resto non c’è miglior argomento di conversazione di un buon libro per superare l’imbarazzo del primo approccio nei confronti di chi non si conosce, dando magari un’idea di sé con la scelta dell’opera.
Ecco allora come proprio i social network, sovente tacciati di allontanare i giovani da rapporti umani autentici e dall’amore per la cultura, possono divenirne efficaci strumenti di promozione. Consentendo infatti di divulgare messaggi in modo repentino e diffuso, sono in grado di superare le convenzionali barriere che si frappongono tra individui. Grazie al sistema di condivisione dei contenuti, sono poi gli stessi utenti a determinare la diffusione di specifici temi, dando vita a forme di pubblicità sostanzialmente democratiche.
Accade così che si giunga ad una vera e propria mobilitazione virtuale intorno ad aspetti ampiamente condivisi, che può poi tradursi in un impegno reale, mosso dalla rassicurazione che non si è i soli ad agire, ma si opera conformemente ad un gruppo.
E’ come se la facilità, l’immediatezza e la rassicurante distanza tipiche delle comunicazioni on line, insieme alla consapevolezza di prendere parte ad un’azione comune, potessero essere impiegate per rieducare a relazioni interpersonali tangibili. Sempre più diffusa è infatti la propensione a prediligere i contatti indiretti e dissimulati del Web 2.0 a quelli ben più complessi della vita quotidiana. Per innescare un’inversione di tendenza si potrebbe allora paradossalmente partire da questo stesso mezzo di comunicazione, capace di arrivare capillarmente alle masse coinvolgendole.
Il vasto successo delle iniziative promosse in Internet, come quella del gruppo “Leggere, leggere, leggere!”, dimostra che il potenziale del fenomeno delle reti sociali può e deve essere canalizzato verso obiettivi utili e positivi, capaci di far ritrovare il gusto di adoperarsi insieme per una giusta causa. L’esempio di Alberto è una prova di come, da queste piattaforme comunicative, sia possibile lanciare provocazioni costruttive, in grado di stimolare dibattiti e confronti a cui tutti possono prendere liberamente parte, determinandone o meno la riuscita. E’ dunque necessario prendere coscienza del potere insito in questi nuovi modelli comunicativi, tenendo sempre presente che, come ogni strumento, sono il mezzo e non il fine del nostro agire.