Intervista al prof. Claudio Gambardella – Professore di Architettura degli Interni della Seconda Università degli Studi di Napoli
Il Progetto di Officiamuseum, museo temporaneo d’impresa, è frutto di una ricerca avviata molti anni fa da lei e da altri docenti della facoltà di Architettura del Secondo Ateneo di Napoli. Quando e come è iniziato questo studio di fattibilità e quali erano gli obiettivi che eravate intenzionati a raggiungere?
La storia del museo temporaneo d’impresa nasce all’interno del progetto di rifunzionalizzazione della ex Fonte Carbonica di Pompei che va ad inserirsi in un sistema culturale più ampio che è quello di Officiamuseum.
Tutto prese vita intorno agli anni ’90, quando incominciammo a individuare il tema del souvenir napoletano come un invito rivolto a designer italiani e stranieri affinché venissero realizzati degli oggetti di design innovativo utilizzando, di concerto con le aziende del territorio, i prodotti d’eccellenza campani. Mi riferisco quindi alle ceramiche di Vietri sul mare, di Cerreto Sannita, di San Lorenzello, di Cava dei Tirreni, alle tarsie lignee di Sorrento, ai coralli e ai cammei di Torre del Greco, alle sete di San Leucio e via discorrendo…
Da questa idea originaria ci fu una prima mostra, proprio nel 1990, ospitata all’interno della prima edizione delle Giornate Napoletane del Design, e poi a seguire molte altre, tutte ispirate al tema del design: nel 1998 a Napoli e a Ferrara, nel 2000 ancora a Ferrara con una esposizione dedicata a Riccardo D’Alisi e nel 2002 una mostra chiamata “Bye, bye Pompei” all’interno di “Abitare il Tempo”.
Proprio quest’ultima mostra, la penultima di questa prima serie, ci permise di invitare un gruppo ristretto di designer (tra cui Isao Hosoe, Luca Scacchetti, Alessandro Cappelli, Makio Hasuike, Alessandro Mendini) a cui chiedemmo di realizzare quattro diversi souvenir su Pompei, realizzati in sete di San Leucio, tarsie lignee di Sorrento, coralli e cammei di Torre del Greco e ceramiche di Vietri sul mare.
L’azienda di coralli e di cammei, inoltre, ci chiese di utilizzare non la conchiglia sardonica, molto preziosa e magica, bensì la pietra lavica, molto meno affascinante ma che meglio si prestava alla sperimentazione.
Questa stessa mostra fu poi portata a Villa Pignatelli sotto il nome “ I Love Pompei” con un catalogo di Electa Napoli e con la presentazione di arazzi in stampato e in sete di San Leucio.
Il 2002 fu inoltre l’anno in cui ottenemmo il finanziamento dall’Assessorato alle Attività Produttive della Regione Campania per elaborare un progetto che si chiamava appunto “Officiamuseum: il sistema museale regionale del design e delle arti applicate”.
Il progetto nacque, diciamo, per scopi puramente imprenditoriali: in oltre 12 anni di mostre, infatti, avevamo notato che la visibilità data agli artigiani, ai designer e alle eccellenze locali era stata notevole, ma mai nulla si era concretizzato dal punto di vista imprenditoriale. La stessa Electa Napoli, che stampò il catalogo della mostra “I Love Pompei” e che gestiva (e tutt’ora gestisce) i bookshop dei musei campani, non si mostrò mai veramente interessata a commercializzare i nostri prodotti all’interno degli spazi museali.
Mi sono quindi chiesto come poter dare nuova linfa vitale al progetto, in cui credevo e credo fermamente, cercando di diramarlo anche in altre direzioni. La riflessione che feci in origine fu proprio sulla coesistenza, in quei luoghi in cui erano vitali le attività artigianali d’eccellenza, di imprese e musei. Due pianeti che si ostacolano da anni, prediligendo i primi il business, i secondi la storia, senza mai trovare alcun punto di contatto. La mia sfida è stata proprio quella di far incontrare questi due mondi, apparentemente così distanti, attraverso la cultura che è , secondo la mia idea, il vero motore di sviluppo del Sud.

Il progetto per la creazione di un museo temporaneo d’impresa a Pompei ha ricevuto l’approvazione della Giunta Regionale. È il primo in Italia ad essere finanziato con quasi 2 milioni di euro provenienti dai fondi regionali. Quali sono le potenzialità insite in questo progetto e quali possono essere le ricadute in termini di flussi economici e turistici?
Officiamuseum si potrebbe definire  un sistema molto equilibrato tra centro e “periferia”. Il centro è quello che noi abbiamo individuato in Pompei, località turistica tra le più importanti in Italia , mentre la “periferia” è rappresentata dai musei dislocati nelle varie località del territorio. Periferici, naturalmente, rispetto a Pompei, poiché periferici non sono affatto.
Il sistema museale dovrà quindi rapportarsi in maniera molto sinergica con un’altra importante realtà, che è quella turistica. Pompei registra circa tre milioni di turisti ogni anno che si recano sul territorio per visite religiose o culturali
Una delle “difficoltà” turistiche di Pompei è rappresentata proprio dall’offerta culturale abbinata alla fruizione turistica: sostanzialmente, infatti, gli alberghi presenti in città sono alloggi che affittano le loro stanze a ore, non a giorni.
Mi spiego meglio: i tour operator che portano i turisti internazionali nel territorio campano, non prevedono mai il pernottamento a Pompei perché, essendo gli scavi l’unica attrazione turistica, è possibile visitarli in giornata e passare quindi la notte in località meno costose.
Questo accade perché Pompei non offre nulla di attraente dopo le 17, orario di chiusura degli scavi. Realizzare una struttura museale di questa portata è quindi importante anche per trattenere i turisti nelle ore serali, organizzando magari degli eventi ad hoc.
Nel 2002, proposi allora la mia idea all’assessore alle attività produttive della Regione Campania Gianfranco Alois (che era lui stesso un imprenditore delle sete di San Leucio prestato alla politica) che credette nell’iniziativa e approvò un finanziamento di 75 mila euro a favore dell’Università di Napoli affinché venisse elaborato un sistema museale regionale del design e delle arti applicate.
Un primo progetto di OfficiaMuseum fu redatto nel 2006: la location scelta era all’interno di una proprietà del Santuario di Pompei, la ex segheria Nastrucci. L’approvazione, arrivata nel 2007, non incontrò però il favore del proprietario dello spazio, il Santuario di Pompei, che preferì affittare il locale per altri scopi.
Fu a questo punto che si presentò l’occasione di utilizzare la ex Fonte Carbonica: presentammo quindi un altro progetto e, proprio da poco, abbiamo ottenuto un finanziamento di ben 2 milioni di euro dalla Regione Campania. Quest’ultimo progetto approvato è stato firmato dall’arch. Antonio Bruno, funzionario del Provveditorato alle Opere Pubbliche per la Campania, presieduto dall’ing. Donato Carlea e da me, che sono appunto il consulente scientifico del progetto per conto del Centro Interdipartimentale “Laboratorio per il Controllo dell’Ambiente Costruito – Ricerca Applicata e Servizi Ri.A.S., della Seconda Università degli Studi di Napoli, diretto dal prof. Luigi Maffei.
La ex Fonte Carbonica è una location di gran lunga più prestigiosa rispetto alla prima opzione. Si trova infatti in uno spazio molto prestigioso, proprio nel centro di Pompei, in piazza Bartolo Longo, a fianco di Palazzo De Fusco, sede del municipio di Pompei e molto vicino, tra le altre attrazioni, a Porta Anfiteatro, che è una delle porte degli scavi.

Officiamuseum mira ed essere un esempio che testimoni come si possano valorizzare le specificità regionali all’interno di uno spazio dinamico e polifunzionale. Quali sono le attività, le professionalità e le tipicità che caratterizzeranno il museo temporaneo d’impresa?
Il museo temporaneo d’impresa nascerà, come già accennato, all’interno di Officiamuseum che è il suo contenitore culturale. Il sistema fisico è composto dai musei di cui abbiamo parlato sopra, che comunque continuano ad essere gestiti dagli stessi curatori: non andremo infatti a modificare l’assetto giuridico dei singoli, che rimangono assolutamente autonomi, ma andremo a raggrupparli in un sistema, virtuale e fisico, strutturato.
Nell’idea iniziale il museo di Pompei, luogo fisico del sistema, doveva essere uno spazio in cui venissero esposti solo oggetti di design provenienti da diverse aziende locali: le imprese che volevano entrare a far parte del sistema non dovevano far altro che garantire il loro investimento nel design. Non più pensare di produrre gli stessi oggettini di artigianato, belli ma uguali da più di trent’anni, bensì aprire le loro produzioni alle sperimentazioni del design, magari assumendo dei giovani laureati campani che hanno studiato e che desiderano entrare nelle filiere produttive.
A progetto concluso e con l’assegnazione della ex Fonte Carbonica come spazio da utilizzare, ci siamo resi conto che la superficie occupabile non era molto grande. Da qui l’idea di un museo temporaneo con spazi “in affitto” che, attraverso la gestione di una Fondazione (Comune di Pompei, Regione Campania, Seconda Università di Napoli, ecc.) metta a disposizione delle imprese della regione che operano nel design e nelle arti applicate, a pagamento e per un tempo definito, gli spazi museali per lanciare sul mercato nuovi prodotti di design in ceramica, porcellana, tarsie lignee, cammei e coralli, gioielli,ecc.
Questa decisione rispecchia anche la volontà di uno spazio museale che non sia semplicemente una esposizione di prodotti storici, bensì una location in cui vengono presentati i prototipi, le innovazioni, i prodotti non ancora sul mercato.
Un’azienda che volesse presentare in anteprima i propri prodotti potrà quindi servirsi di Officiamuseum nella sede di Pompei, luogo che gode di flussi turistici in tutti i periodi dell’anno.

Il museo sorgerà quindi all’interno dei locali dell’ex Fonte Carbonica. Quali sono le specificità di quest’area e a che punto siamo con la sua riqualificazione?
La Fonte Carbonica è stata, fino a  pochi decenni fa, una miniera di anidride carbonica in cui oltre alle attività estrattive, veniva imbottigliata l’acqua minerale: alle sue spalle c’è quella che tutt’ora viene chiamata la “Fonte Salutare” dove, fino agli anni ‘60/’70, era presente uno zampillo di acqua sulfurea di circa 40 metri di altezza posto all’interno di un giardino verde alle spalle del municipio. Nel progetto di Officiamuseum è prevista la riapertura di un sentiero, ora chiuso, che permetterà l’accesso da Piazza Bartolo Longo direttamente alla Fonte Salutare. Sono molto soddisfatto di questa operazione: l’architettura, secondo la mia interpretazione, è un insieme di grandi ma allo stesso tempo piccole idee, non costose ma preziose: non basta restaurare un edificio, elaborare un  progetto architettonico importante o innovativo. Ciò che conta è che la struttura pensata sia metabolizzata dalla cittadinanza, viva grazie alla sua accettazione: se c’è rigetto da parte degli attori locali, non ci sono vie di scampo e il fallimento è assicurato.
Il progetto di OfficiaMuseum, approvato da qualche mese, sta ora subendo delle piccole modifiche che rispettino i vincoli a cui è sottoposta tutta l’area archeologica. Bisognerà poi procedere con l’appalto integrato affinché venga affidata la realizzazione dell’opera ad un’impresa e il progetto esecutivo al progettista scelto da quest’ultima.
Per quanto riguarda i tempi, sono fiducioso nel credere che nel giro di 12-18 mesi la struttura dovrebbe essere finita.

Come si presenterà l’allestimento museale?
Il museo è stato articolato in tre parti principali distinte: gli ambienti sulla piazza, adibiti reception, biglietteria, deposito, vetrine del museo e a bar (a gestione privata); il bookshop e design library, una libreria specializzata in pubblicazioni di design, arti applicate, artigianato, moda e architettura specializzata in design, artigianato, arti visive, grafica, moda e architettura, con grande assortimento di volumi italiani e stranieri (attualmente assente in Campania), con la possibilità di una consultazione sul posto, come ormai è consuetudine in alcune avanzate librerie italiane ed europee, con la creazione di confortevoli aree arredate.  All’interno del bookshop è stato previsto un design cafè per rendere più piacevole la permanenza nel museo e, soprattutto, per accentuarne il carattere non occasionale della “visita”, anche oltre gli orari di chiusura delle aree espositive. Questa parte del museo è anche quella più interessante architettonicamente per la creazione di una volta a botte, a profilo variabile, da realizzare in materiale plastico traslucido tipo CORIAN. La volta, che coprirà interamente il bookshop lungo il suo asse maggiore, per le sue caratteristiche di semitrasparenza apparirà, nelle ore notturne, come una “lampada urbana”, moderna eppure ben integrata nel contesto storico. Una vetrina / scaffalatura costituirà il lato trasparente del bookshop sulla stradina, che per questo motivo rappresenterà un percorso espositivo all’aperto che collegherà piazza Bartolo Longo con la Fonte Salutare;
Ci saranno poi le aree espositive vere e proprie, attrezzate con arredi flessibili per ospitare i prodotti di design delle singole filiere sopra indicate e con sistemi multimediali e interattivi.