“Un paese di primule e caserme” è un progetto nato in Friuli Venezia Giulia per denunciare lo stato di degrado in cui giace l’enorme patrimonio immobiliare appartenente al sistema militare, che occupa 102 kmq dell’intero territorio regionale. Il Friuli Venezia Giulia, che risulta essere la regione più militarizzata d’Italia insieme alla Sardegna, ospita oltre 400 beni tra caserme, ospedali militari, poligoni, arsenali, basi, depositi, polveriere, la maggior parte dei quali sono stati abbandonati con la fine della Guerra Fredda, la caduta del Muro di Berlino e la scomparsa della leva obbligatoria, ponendo le amministrazioni locali di fronte all’interrogativo di come utilizzare un patrimonio che presenta ingenti danni strutturali e che pone numerosi problemi di gestione. Primo tra tutti quello legato alla proprietà, perché in molti casi queste strutture appartengono al Demanio dello Stato oppure al Ministero della Difesa, che non dispongono delle risorse necessarie per realizzare gli interventi di recupero e valorizzazione che consentirebbero a tali immobili di svolgere un ruolo nuovo rispetto a quello originario all’interno delle aree urbane in cui sono collocati.
Lungi dall’essere una questione locale, il dibattito sulle caserme abbandonate non riguarda solo il Friuli Venezia Giulia ma investe il territorio nazionale nella sua totalità. L’ultima arrivata tra le proposte, lanciate a più riprese dal governo per cercare di salvaguardare parte di questo patrimonio diffuso attraverso la vendita oppure la concessione ai privati e agli enti locali, riguarda un’iniziativa promossa dal Ministero della Difesa e volta ad individuare 36 immobili militari da riconvertire in alberghi e strutture ricettive, ed altri 76 siti militari da vendere direttamente sul mercato. L’elenco delle 36 strutture destinate a contribuire allo sviluppo turistico dell’area su cui insistono, che va dal Forte San Felice di Chioggia al Castello Svevo di Brindisi, dalla Caserma “La Marmora” di Torino al Faro Isola Bocca di Olbia, alla Caserma “Bukkuram” di Pantelleria, al Faro di Capo Rizzuto a Crotone, sarà presentato dal Ministero della Difesa in occasione di “TrE-Tourism Real Estate”, la prima fiera dedicata agli operatori internazionali del real estate turistico, che si tiene all’Arsenale di Venezia dal 15 al 18 aprile 2010.
Se nelle intenzioni la proposta del Ministero della Difesa appare alquanto allettante, nella pratica la sua effettiva realizzazione è destinata a scontarsi con una serie di difficoltà. Alcuni degli immobili, infatti, sono collocati in aree protette oppure sono essi stessi dei beni caratterizzati da un rilevante valore storico e architettonico. Tali condizioni presuppongo che per poter intervenire in simili contesti non si possa prescindere dai vincoli che tutelano la loro integrità simbolica ed ambientale, avviando un confronto con gli enti locali ed in particolare con le amministrazioni comunali per capire se il nuovo uso degli immobili confligge con quanto previsto dai piani regolatori. E’ compito dei Comuni, infatti, approvare il cambio di destinazione d’uso dei beni militari, che allo stato attuale hanno un valore di mercato prossimo allo zero. Un primo no è giunto dal Sindaco di Rio Marina sull’isolotto di Palmaiola, in Toscana, il quale ha già comunicato al Ministero della Difesa “che la conformazione morfologica dell’isolotto, a forma di piramide e scosceso, rende impossibile usufruirne a fini turistici”.
Appurato che esiste comunque una forte volontà da parte delle istituzioni e della società civile di recuperare le aree militari dismesse, il successo dei progetti di riconversione risiede nel trovare il giusto equilibrio tra le modalità di reperimento dei fondi necessari ad attuarli e la capacità di tali progetti di contribuire al miglioramento della qualità della vita delle aree che li ospitano. Staremo a vedere se trasformare fari e caserme in strutture ricettive sarà una possibile strada verso il successo.

Riferimenti:
http://www.primulecaserme.it/index.html