Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Dentro/fuori, presente/passato/futuro dimensioni che sembrano distanti e distinte, ma che sono invece necessariamente legate dalla loro stessa natura. Transizioni e dialoghi che ci aiutano a capire chi siamo, dove viviamo e il processo che ci ha portato all’oggi e che produrrà il domani.
Questi i temi di transizionitransitions seconda edizione del progetto Castelfranco Veneto città d’arte Contemporanea promosso in occasione delle manifestazioni per il V centenario della morte del Giorgione. Iniziato a dicembre 2009 terminerà a luglio di quest’anno dopo aver visto l’intervento di tre giovani artisti – Valerio Bevilacqua, Francesco Candeloro e David Rickard – sulle porte storiche della città nel tentativo di mettere in discussione la percezione dello spazio urbano da parte della comunità e di creare un dialogo con gli architetti delle’associazione startup – promotori dell’iniziativa – per gettare le basi di nuove trasformazioni urbane.
Ne abbiamo parlato con Francesco Candeloro, autore di Contenitore del tempo, l’ultimo dei tre interventi che rimarrà visibile e visitabile a Porta Vicenza fino al termine della manifestazione.
L’intervento che hai realizzato oltre a creare una relazione e un dialogo tra l’interno e l’esterno dello spazio urbano è pensato anche per essere un facilitatore di relazioni tra le diverse aree della città? Rimette in discussione le interazioni e le dinamiche interne oltre che il rapporto tra in/out?
Sicuramente l’opera si muove tra le aree della città. C’è un asse immaginario che entra e collega, quindi mette in relazione i vari punti di entrata della vecchia città
Questo dialogo su molteplici livelli che si intrecciano coinvolge necessariamente gli interventi che ti hanno preceduto. Cosa li lega e cosa invece li rende unici?
Un legame è il tempo inteso sia come percorrenza nell’opera delle persone (Valerio Bevilacqua), sia dell’opera nella città (Arthur Duff), sia del trascorrere del tempo nell’opera come “Contenitore del Tempo” questo per la mia opera. Allo stesso modo è il tempo a renderle uniche.
Il tuo intervento ricerca in qualche modo una continuità con il sub-strato storico e artistico urbano? In particolare quale dialogo instaura con l’opera del Giorgione, di cui ricorrono le celebrazioni per il cinquecentesimo anniversario della morte?
La Luce è un importante dialogo inteso come cambiamento continuo e allo stesso tempo statico.
Luce che filtra/rifrange attraverso un foro, un segno, la forma-contenitore della pala del Giorgione
Il duomo inteso come forma/segno: simbolicamente un Omaggio al Giorgione.
La luce costituisce il materiale e lo strumento del tuo intervento e di per sé rappresenta un mezzo privo di spazio e tempo. Quali le motivazioni per la scelta di questa modalità espressiva all’interno di un progetto focalizzato sulla relazione tra queste due dimensioni?
Certo la luce è un elemento primario dei miei interventi ma allo stesso modo è il tempo e il luogo inteso come spazio. Luce/tempo/spazio sono elementi legati ed inscindibili fra loro perché tramite il tempo cambia la luce che agisce nei luoghi mutando giorno per giorno, ora per ora, dove io sono intervenuto.
Il tessuto urbano oltre che successione di stratigrafie architettoniche è anche, e soprattutto, spazio del vissuto quotidiano. In che modo il tuo intervento dialoga con le persone che lo abitano?
Il dialogo è proprio con il cambiamento (non invasivo) dei piccoli luoghi quotidiani. Gli abitanti della città sono abituati a vederla con i suoi movimenti e questo intervento crea uno spostamento nell’attenzione di questi luoghi: un trasformarsi provocato dal trascorrere del tempo che crea un attenzione differente su luoghi quotidiani.
Un altro livello di dialogo presente nel tuo intervento è quello con gli architetti di startup. Quali pensi che siano gli elementi più positivi di questa relazione e quali le difficoltà maggiori?
Sicuramente la cosa più interessante è poter trasformare queste riflessioni in un nuovo progetto dato da un dialogo diretto tra me e loro, questo dialogo è il positivo ma allo stesso tempo la difficoltà per i diversi di ognuno di noi.
L’arte pubblica in quanto tale possiede una forte connotazione di atto, nel senso di qualcosa che ha tra le sue finalità l’agire e il modificare. In questo senso quali le aspettative rispetto ai risultati del tuo e degli altri interventi?
Sicuramente si pongono degli interrogativi ed è questo l’aspettativa più forte.
Un cambiamento nel modo di vedere il proprio luogo dato dal nostro agire per accendere un dialogo aperto a nuove visioni.