Il 2011 non sarà solo l’anno in cui si festeggerà il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, ma sarà anche l’anno “della cultura e della lingua russa in Italia e della cultura e della lingua italiana in Russia”. Firmato alcuni giorni fa dal ministro della cultura italiano, Sandro Bondi, e dal ministro della cultura della Federazione Russa, Alexander Adveev, l’accordo che rende operativo il protocollo d’intesa sottoscritto a Mosca il 3 dicembre 2009, prevede numerose iniziative volte a favorire gli scambi culturali tra i due Paesi e a promuovere una reciproca conoscenza dei movimenti artistici e culturali che animano la scena contemporanea al di qua e al di là del Mediterraneo.
Con la caduta del Partito Comunista e la scomparsa dell’Unione Sovietica, la Russia a partire dagli anni ’90 è entrata in una nuova fase della propria storia, che ha comportato dei cambiamenti radicali nella politica, nell’economia e nella società, con importanti ripercussioni anche negli altri Stati dell’Europa dell’Est, dando vita a quello che è stato definito “un decennio che ha sconvolto la cultura”. Il Council of Europe, nel “Compendium of Cultural Policies and Trends in Europe”, mette in evidenza come con l’avvento del 21esimo secolo in Russia sia cresciuta la consapevolezza che l’assenza del controllo ideologico e l’accesso ad una maggiore libertà d’espressione non sarebbero stati sufficienti ad assicurare lo sviluppo del settore culturale. A partire da quel momento il dibattito politico si è concentrato intorno a due visioni contrapposte, che promuovono, l’una, la centralità dello Stato quale organo preposto al sostegno dei prodotti e delle istituzioni culturali che svolgono un ruolo fondamentale all’interno della società, e l’altra, l’apertura verso forme di finanziamento capaci di coinvolgere anche il settore privato. Nel 2005 il presidente russo ha proposto degli emendamenti alle politiche sociali statali che sebbene non riguardassero direttamente la cultura, ne sancivano l’importanza come fornitore di beni pubblici e di servizi per la comunità, mostrando una netta propensione verso il modello gestionale europeo in cui è soprattutto lo Stato a sostenere economicamente i beni e le attività culturali. Attualmente il settore culturale in Russia dipende dal Ministro della Cultura, reintrodotto nel maggio 2008, a cui competono i compiti di elaborare le politiche statali, di emanare norme e regolamenti, di gestire il patrimonio statale e di assicurare la fornitura di servizi pubblici nei campi della cultura, delle arti e delle industrie culturali.
In Russia sono circa 815mila le persone che lavorano nelle istituzioni artistiche e culturali gestite dallo Stato, che nel 2006 ha speso in cultura 705 rubli pro capite a fronte dei 115 rubli che spendeva nel 2000. Nel documento intitolato “Concept of Long-term Social and Economic Development of the Russian Federation”, il Ministero dello Sviluppo Economico ha previsto un incremento del budget destinato alla cultura, al cinema e ai mezzi di comunicazione, dall’attuale 0,7% del Pil all’1,5% del Pil entro il 2020, al fine di garantire un accesso più equo alla cultura a tutti i cittadini russi – di cui solo il 6% ha visitato un museo nel corso del 2008 -, di salvaguardare e valorizzare il proprio patrimonio culturale, di promuovere l’immagine della Russia all’estero, e di migliorare l’efficacia e l’efficienza del settore.
Le iniziative previste per il 2011 sembrano inscriversi perfettamente in questa rinnovata volontà di vedere nella cultura uno dei principali strumenti in grado di guidare la Russia verso un nuovo modello economico. Staremo a vedere se davvero tali interventi sortiranno gli effetti sperati, oppure se dietro nobili intenti si nascondono non altrettanto nobili fini.