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Dopo il nostro articolo e la replica del prof. Sacco sulle ripercussioni del Festival dell’Arte Contemporanea di Faenza sul territorio e la popolazione, ecco una breve intervista, a conclusione della vicenda, che Vincenzo Estremo ha voluto sottoporre al prof. Sacco. Attività sul territorio, riscontri dalla popolazione e partecipazione attiva a uno dei festival più importanti del comparto che prende il via oggi, fino a domenica 23 maggio.
Intervista al Prof. Pierluigi Sacco, curatore del Festival di Arte Contemporanea di Faenza.
Quali sono, secondo voi, i risultati tangibili che il Festival dell’arte contemporanea di Faenza ha avuto sull’evoluzione formativa della comunità locale e cittadina?
L’aspetto più complesso dei progetti di sviluppo locale a base culturale è paradossalmente che i risultati più tangibili, ovvero più importanti dal punto di vista delle potenzialità di sviluppo del sistema locale, hanno a che fare con risorse di tipo…intangibile. La crescita della competenze e delle capacità, la coesione sociale, gli elementi di identità e di appartenenza sono oggi fattori fondamentali per lo sviluppo, anche se discipline come l‘economia e l’analisi delle politiche culturali non sono state ancora capaci di elaborare strumenti adeguati ad una misurazione affidabile e comparabile con precisione a quella di entità più tangibili ma paradossalmente meno strategiche. Ad esempio, si assegna di solito una grande enfasi alle ricadute economiche di eventi come i festival, portando l’attenzione su aspetti come il fatturato diretto e indotto generato dalla manifestazione (e che generalmente, in base agli studi empirici disponibili, comporta un moltiplicatore tra 1:8 e 1:12 rispetto all’investimento pubblico diretto). Ma questo indicatore, malgrado sia quantitativo e quindi facilmente comprensibile e valutabile, ha il difetto di portare le amministrazioni e le comunità locali a pensare che la cultura abbia senso se e solo in quanto produce certi ‘numeri’ economici, mentre in realtà, come dicevo, i veri benefici, e soprattutto quelli che rimangono tali nel lungo termine, si manifestano soprattutto su altri piani. E’ anche per questo motivo che l’interesse verso le valutazioni puramente economiche di impatto sta calando e si assiste ad un grande sforzo da parte dei ricercatori di tutto il mondo nell’elaborare nuovi criteri di valutazione, un po’ sulla stessa linea che spinge a superare il PIL come indice di benessere economico in favore di nuovi8 indicatori che tengano conto del benessere e della felicità, più sfuggenti ma a loro modo più rilevanti e realistici.
Nel caso di Faenza, credo che si stia assistendo ad un processo moto interessante di crescente focalizzazione sui temi della cultura e della conoscenza che, come spiegavo nel mio intervento precedente, stanno già producendo ma soprattutto potranno produrre in futuro una città fortemente orientata alla produzione e all’innovazione culturale (e non). Abbiamo appena portato a termine un primo round di misurazione basato su interviste mirati ad una serie di portatori di interesse del territorio e in futuro sperimenteremo altre modalità di misurazione più sofisticate rivolte anche a campioni della cittadinanza. Ma credo che il primo, grande risultato è che oggi a Faenza il tema della cultura del contemporaneo genera aspettative e riceve un’attenzione molto diverse da quanto accadeva anche solo pochi anni fa.
In che modo il Festival ha influenzato lo sviluppo e l’incremento di attività culturali affini, ma indipendenti, già presente o nate ex novo, sul territorio? Sareste in grado di potarmi degli esempi?
Il Festival si è inserito in una scena culturale già molto vivace e attiva, ma nella quale mancava però ad esempio una presenza significativa dell’associazionismo giovanile. Oggi le cose sono molto cambiate, e per verificarlo basta guardare all’eccezionale programma di eventi collaterali del festival che, per varietà e qualità, fa impallidire la programmazione culturale di città ben più grandi. Tra le nuove esperienze emerse mi fa piacere citare il DO Nucleo Culturale, un progetto estremamente interessante e originale nato a Faenza anche in risposta agli stimoli prodotti dal progetto del distretto culturale evoluto, che ha occupato in breve tempo un ruolo di primo piano nella vita culturale della città.
Come considerate, alla luce della terza edizione del Festival la partecipazione dei cittadini e dell’intera comunità locale faentina?
Come sempre accade in questo tipo di progetti, il coinvolgimento e la partecipazione della comunità locale non può che essere graduale. In Italia non esiste al momento una forte sensibilità nei confronti della cultura del contemporaneo, e tanto più ciò è vero in contesti locali con un forte radicamento storico e identitario nella cultura del passato. Ma notiamo allo stesso tempo che di anno in atto l’attenzione e la partecipazione aumentano, anche grazie al coinvolgimento crescente dei giovani, e anche grazie ad iniziative semplici ma importanti come la disponibilità delle famiglie ad ospitare i casa propria dei giovani volontari. Nel giro di qualche anno, se si continuerà a lavorare con questo impegno e questa convinzione, e se ci sarà una sufficiente coesione di tutti gli attori coinvolti nel progetto, sono sicuro che l’intera città considererà il festival e il progetto del distretto culturale evoluto come un ‘proprio’ patrimonio.