Non si arrestano le polemiche contro Google, che da alcuni anni continua ad essere al centro di contenziosi e ricorsi volti a verificare la correttezza del suo operato all’interno del mercato. L’accusa principale che viene rivolta all’azienda californiana è di occupare una posizione dominante nei settori di business di suo interesse, agendo secondo una logica monopolistica.
A partire da settembre 2009, Google Italy S.r.l. ed il quartier generale irlandese del colosso di Mountain View sono sotto osservazione da parte dell’Antitrust italiana a seguito di una denuncia della Fieg, la Federazione Italiana Editori Giornali, che ha riscontrato alcune anomalie nella gestione dei servizi Google News e Google AdSense.
Se il funzionamento di Google News è abbastanza intuitivo, in quanto si tratta di “un sito di notizie generato automaticamente” che raccoglie articoli dal contenuto simile vagliando oltre 250 fonti di informazione in lingua italiana, le modalità d’azione del programma AdSense appaiono a primo acchito meno semplici. AdSense è un servizio di affiliazione che Google utilizza per ricavare profitti dalla vendita di inserzioni pubblicitarie. AdSense risulta essere a sua volta strettamente connesso ad un altro servizio offerto da Google, AdWords che permette a chiunque sia interessato a promuovere i propri prodotti e servizi, di acquistare delle parole chiave e di ottenere il grado di link sponsorizzato. Questo significa che se un utente effettua una ricerca su Google digitando ad esempio la parola “vacanza”, oltre ai risultati “naturali” compariranno anche alcuni link sponsorizzati che altro non sono che annunci pubblicitari di prodotti affini alla parola cercata. Un sito che desidera ospitare al suo interno della pubblicità per trarne profitti può, quindi, aderire al programma AdSense, che servendosi della cospicua banca dati di inserizioni di AdWords, pubblicherà sul sito del suo affiliato solo inserzioni pertinenti ai contenuti ed al pubblico del sito stesso. Descritto in questo modo AdSense sembra essere un ottimo strumento per ottenere dei guadagni aggiuntivi dalla visualizzazione di annunci pubblicitari sulle proprie pagine web. In realtà ciò che la Fieg contesta è la presunta mancanza di trasparenza e la non verificabilità dei corrispettivi che spettano agli editori affiliati al programma. A seguito dell’istruttoria aperta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato italiana, Google non solo ha reso nota per la prima volta la ripartizione dei ricavi condivisi con i propri partner, ma ha anche presentato alcune proposte correttive della propria condotta al fine di garantire una maggiore trasparenza e di non contravvenire alle norme che regolano il corretto espletamento della concorrenza. Tali correzioni, dopo essere state esaminate dalla Fieg, che ha espresso le proprie osservazioni, sono tornate all’Authority che ha chiesto a Google di presentare entro questa settimana le sue proposte definitive. Poi l’Autorità italiana avrà tempo fino all’inizio dell’autunno per fare le sue valutazioni ed esprime il verdetto finale.
Nel mentre anche l’Unione Europea ha annunciato l’intenzione di intraprendere un’indagine volta a verificare la sola attività di motore di ricerca del gigante americano. Lo stimolo che ha portato Joaquin Almunia, neo commissario dell’Antitrust UE, a voler fare chiarezza all’interno del mercato dei motori di ricerca europei sono state le accuse pervenute dal sito inglese Foundem, dal motore di ricerca francese ejustice.fr e dal servizio Ciao di Microsoft Bing. A differenza di quanto accade negli Stati Uniti dove il 62.2% delle ricerche on line viene effettuato tramite Google, secondo i dati resi noti dall’ultima rilevazione di comScore – azienda leader nelle misurazioni riguardanti il mondo digitale -, in Europa tale percentuale sale al 79,2%, mettendo in evidenza il fatto che 8 europei su 10 utilizzano Google per le proprie ricerche sul web.
E’ indubbio che nel giro di pochi anni la società fondata da Larry Page e Sergey Brin si sia imposta all’interno del mercato, dando filo da torcere ai propri concorrenti. Ma tale successo è stato determinato, almeno in parte, dalla mancanza di competitor soprattutto in Europa. Al di là della richiesta di maggior controllo sui comportamenti adottati da Google nell’elargizione dei propri servizi, forse è giunto il momento che gli operatori europei decidano di investire seriamente nella realizzazione di motori di ricerca locali, capaci di sfidare Google ad armi pari per liberare il mercato dei search engine e dell’advertising on line dallo spettro del monopolio.