I piccoli centri spesso non possono permettersi stagioni teatrali ad ampio raggio, a differenza delle città più grandi, dove i cartelloni (e i teatri) sono numerosi e la scelta è diversificata. L’offerta di spettacolo dal vivo grava sulle risorse economiche ed infrastrutturali disponibili e deve comunque soddisfare le richieste di un pubblico considerato nei suoi caratteri più generici. Ma se l’eccezione conferma la regola, quest’eccezione si presenta di fatto grazie ai festival.
È questo il caso di Benevento, comune campano di circa 60.000 abitanti nel quale il festival “Benevento Città Spettacolo”, giunto ormai alla trentunesima edizione (3-12 settembre 2010), nel bene e nel male concede agli spettatori di assistere a spettacoli che solitamente non arrivano nei teatri sanniti da novembre ad aprile o giù di lì. Inoltre, benché certi protagonisti del teatro nazionale non manchino, gli spettacoli più interessanti sono spesso quelli che non hanno la necessità di fregiarsi di nomi a valore di richiamo.
La sperimentazione, quando ce n’è, è ben accetta, la molteplicità delle proposte pure, basta leggere il programma. I più, forse, si domanderanno, come non di rado accade, chi sono gli sconosciuti il cui nome campeggia sotto il curioso titolo di uno spettacolo – eccezion fatta per gli addetti ai lavori e per gli spettatori più attenti, che riconoscono le professionalità di valore.
Inoltre il festival si svolge nella e con la città, in tutti i sensi, valorizzandone le caratteristiche, riutilizzando spazi remoti e suggestivi, invitando lo spettatore a scoprire anche luoghi inusuali per lo spettacolo dal vivo, prima di rassegnarsi alla proposta stagionale, solitamente più ingessata e confinata nella struttura dei circuiti regionali e nelle proposte impacchettate per il pubblico invernale, borghese o popolare che sia.
Nella prima decade di settembre i teatri di Benevento saranno tutti aperti, almeno quelli agibili, e il Comunale “Vittorio Emmanuele”, bomboniera di teatro all’italiana, festeggerà i suoi 150 anni. Ma ci saranno anche altri spazi all’aperto e/o “non teatrali”: tra i tanti, l’ex macello, ora Mulino Pacifico (e sede teatrale stabile), il deposito degli autobus – e per di più un vero e proprio autobus –, l’arena presso l’Arco del Sacramento e il neonato Parco archeologico di Cellarulo, nelle antiche zone romane, nonché piazze e vicoli, e così via. La città intera un teatro, talvolta senza quarte pareti né quinte. Una tendenza recente, sebbene non del tutto nuova, caratteristica anche del vicino e più impegnativo Napoli Teatro Festival Italia, che quest’anno è peraltro partner della rassegna sannita.
Tutto ciò in virtù della possibilità di circoscrivere l’eccezionalità delle proposte nel perimetro dell’evento, gregario dell’onda festivaliera che durante l’intera estate anima le città italiane, un po’ ovunque. La manifestazione coniuga proposte culturali di un certo spessore con l’intrattenimento (il calendario prevede prosa, performance, concerti, mostre, ecc.) e produce ricadute di visibilità per il Municipio, che svolge la sua attività di produzione culturale pubblica, alla faccia della crisi. E soprattutto, per i più giovani ma altresì per i meno giovani, si può andare a teatro spendendo meno del solito (alcuni spettacoli sono gratuiti e i biglietti e gli abbonamenti costano comunque meno di quelli della stagione tradizionale: 10 euro per un singolo spettacolo) e magari partecipare ad un laboratorio, gratuito (nelle passate edizioni ce ne sono stati anche di più, e spesso curati da professionisti di grande rilievo). Per l’autunno-inverno, poi, si potrà sperare in altre occasioni, come “Universo Teatro”, festival di teatro universitario che, per fortuna, a questi giovani offre possibilità di espressione e di condivisione di esperienze sociali, ludiche e sceniche.
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