Un esperimento colossale che tenta l’avvicinamento della grande opera lirica “Rigoletto” al pubblico di massa della tv generalista del sabato sera, sferzando mix di tecnologia e innovazione attraverso quello che è stato ribattezzato il “cinema in diretta”: questo è stato “Rigoletto a Mantova”, opera lirica in tre atti andata in onda sabato 4 e domenica 5 settembre sulla rete ammiraglia Rai con la regia di Marco Bellocchio e il premio Oscar alla fotografia Vittorio Storaro. A dirigere l’orchestra sinfonica della Rai, il maestro di origine indiana Zubin Mehta, già direttore del Maggio Musicale Fiorentino, con un Placido Domingo, per l’occasione baritono, nel ruolo del protagonista.
Un cast d’eccezione, in gran parte ripreso da quello dell’osannata Tosca di quasi vent’anni fa, che ha dovuto fronteggiare le innumerevoli angosce dovute alla caducità della rappresentazione: l’opera, ideata da Andrea Andermann, in mondovisione per 148 paesi tra cui Stati Uniti, Africa, Russia e Australia, è stata pensata e girata come un vero e proprio “film in diretta”. Le ambientazioni, quella del Palazzo del Tè, il Palazzo Ducale di Mantova, la rocca di Sparafucile (restaurata per l’occasione) dove l’intero melodramma si svolge, sono state infatti adibite a set cinematografico in cui macchine da presa hanno seguito movimenti e canti dei protagonisti. L’orchestra, invece, si è esibita al Teatro Bibiena: il tutto, contornato da monitor e altoparlanti bidirezionali nascosti nella scenografia e in grado di connettere, attraverso un sistema a fibre ottiche, musica, coro e cantanti nella maniera più sincronica possibile.
Quattro regie digitali, trenta chilometri di cavi e microscopici microfoni nascosti nei capelli degli attori hanno dunque fatto da ponte ad un’opera in bilico tra teatro, cinema e tv, tra tradizione storica e innovazione tecnologica.
Nel caso in cui avesse piovuto la rappresentazione sarebbe stata annullata e al suo posto mandata in onda una replica delle prove generali in cui attori e cantanti si alternavano con una generale scarsa qualità del suono: una vera e propria pessima figura in mondovisione  che, fortunatamente, è stata evitata.
Eppure, nonostante il meteo favorevole, la campagna mediatica aggressiva e il saluto iniziale del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha ricordato la preziosità della tradizione lirica del nostro Paese, c’è chi ha interpretato i dati dell’auditel come una sconfitta: 14,30% di share nella prima serata di sabato e una media del 10% per gli altri due atti trasmessi domenica, rispettivamente alle 14 e alle 23,30 (per fare in modo che si rispettassero gli orari dell’opera e la luce fosse quanto mai verosimile all’atmosfera evocata dal libretto dell’opera) non sono bastati a scalzare dalle cime degli ascolti programmi come “Velone” o il soap-film “Il peccato e la vergogna” trasmessi da Canale 5.
Il dibattito montato riguarda, come al solito, i limiti della televisione pubblica che ha l’obbligo di fornire un servizio educativo e “alto” ma che, paradossalmente non può neppure sottrarsi alle logiche del mercato, rischiando così di perdere inserzionisti indispensabili per reggere i conti in rosso del bilancio.
In effetti, nell’orario che oscilla tra le 20 e le 22,30 del sabato sera, RaiUno è abituata a punti percentuali più alti di quelli registrati con il “Rigoletto a Mantova”: ma l’operazione va inserita in dinamiche più ampie di quelle meramente commerciali.
Oltre un miliardo di persone in tutto il mondo guarderanno nell’arco dell’anno Rigoletto in tv e lo faranno apprezzando nel contempo le bellezze straordinarie della nostra città dei Gonzaga la quale, attraverso la Film Commission lombarda, ha stanziato un contributo di 250 mila euro per la buona riuscita del dramma, dimostrando che anche in Italia si può creare un kolossal.
Certo, non ai livelli cinematografici dell’americano Avatar ma, nell’ambito del teatro lirico, l’operazione tentata è sicuramente ragguardevole. E poi, come ha commentato ieri anche l’Osservatore Romano tra le pagine del suo quotidiano: “Meglio un Rigoletto di chiara derivazione populista che nessuna opera in tv”…