Beirut, Sarajevo, Berlino
A Beirut, Sarajevo, Berlino, città scenari di conflitto, dove la guerra, in particolare la guerra civile, ha consolidato una forma diversa, difficile di unità urbana la natura “correttiva” dei progetti di ricostruzione, puntando al recupero urbano, ha finito per ignorare il valore della memoria collettiva di un periodo traumatico, proponendosi come unica soluzione che riportasse all’unità andata perduta.
Tre, simbolicamente, i luoghi che gli autori scelgono come oggetto della loro riflessione: Piazza dei Martiri a Beirut, Potsdamer Platz a Berlino e gli interi quartieri trasformati di Sarajevo come Grbavica e Llidza. 
A Beirut, teatro principale del conflitto libanese, Sahat el Borj – nome con cui era più comunemente conosciuta piazza dei Martiri – giovandosi della sua posizione strategica di centro nel centro rappresentava il “filtro” attraverso il quale si avverava un superamento delle differenze e dei contrasti culturali e sociali che convivevano nella capitale libanese. La devastazione del Borj, fin dal 1975, determinò la perdita di un luogo inteso soprattutto come occasione di intreccio di relazioni, di superamento del confine tra “interno” ed “esterno”.
Con la ricostruzione del 1994 il centro di Beirut è ormai destinato a simulare nostalgicamente una “vecchia città” come fisicamente e socialmente chiusa: da un lato si spezza il legame con il passato, dall’altro si apre la strada al decadimento dell’essenza della “memoria urbana”. La ridefinizione dello spazio urbano del 2005 restituisce a Piazza dei Martiri, soprannominata “Piazza della Libertà”, la sua storica forza di attrazione, segnando una epocale riconquista dello spazio pubblico, dove i cittadini si ritrovano ad esibire bandiere libanesi, a ribadire un senso di patria inscindibile dalla memoria del passato.
A Sarajevo, la riflessione intorno alla questione della memoria e dello spazio urbano come narrazione vivente della storia si focalizza sul centro storico, espressione della storica vocazione multiculturale della città, divenuto, durante gli anni della guerra, luogo fisico simbolo della resistenza, “trincea” tra assediati e assedianti. La ricostruzione del dopoguerra, se da un lato si è uniformata alla tradizione di restauri filologici dei mahalle (quartieri residenziali alle pendici delle montagne), dall’altro ha rotto il rapporto armonioso preesistente con l’introduzione di edifici strutturalmente diversi. Ne viene fuori una città nuova dove la qualità urbana è peggiore e i luoghi della socialità meno pregnanti. La disattenzione e la lentezza dimostrate nel recupero del verde urbano e di tutte le aree che avevano subito trasformazioni emotivamente significative non riescono ad essere giustificate dal momento che la qualità dello spazio aperto, così determinante per la percezione di una città come Sarajevo,  rimane  una condizione insostituibile per definire il suo spazio urbano e valutarne la qualità della vita.
La Potsdamer Platz di Berlino, dopo quasi due decenni dalla caduta del muro, continua a rappresentare il fulcro della separazione, il luogo in cui gli sguardi dei due centri (l’Alexander Platz centro politico e architettonicamente rappresentativo di Berlino est e Berlino Ovest cuore dell’Occidente elegante) si incrociano e le fratture risolte a mosaico emergono in tutta la loro evidenza. Potsdamer Platz, oggetto di frequente riflessione sul tema della piazza metropolitana, a partire dallo smantellamento delle mura cittadine (1866) ha sempre rappresentato il luogo dello sviluppo spontaneo e del continuo mutare: traffico, animazione, insegne luminose, semafori.
Al centro del pubblico interesse (soprattutto dopo la riunificazione) e oggetto di concorsi urbanistici (Sony center), oggi appare sgombra e liberata dalle testimonianze storiche del nazionalsocialismo, della guerra e della divisione, senza però riuscire a ricreare o, almeno, a mantenere lo spirito degli aurei anni Venti.
Alla luce dei segni indelebili lasciati sul tessuto urbano di queste grandi città la memoria dello spazio urbano rappresenta l’unica narrazione vivente della storia capace di poter dialogare con il nostro presente.

Maze Haidar
Città e memoria
Beirut, Sarajevo, Berlino
Bruno Mondadori 18,00 €
ISBN: 9788861594654