“Nur wer sich zeigt, wird gesehn. Museen in Europa”. Parole che richiamano la diffusa credenza di molte popolazioni antiche, in cui qualcuno o qualcosa esisteva solo se aveva un nome e lo si poteva in qualche modo “chiamare”: “solo chi si mostra, sarà visto”.
Un motto, poche parole sull’invito a partecipare, con cui tra il 4 e il 5 di Ottobre 2010 si sono confrontati centinaia di professionisti e intellettuali più o meno coinvolti nel mondo culturale tedesco e non solo, in occasione del convegno: “Deutsches Kulturerbe auf dem Weg in die Europeana”, cioè “I Beni Culturali Tedeschi sulla via per Europeana”.
Due date scelte non a caso, con ancora in corso i festeggiamenti per il ventennale della riunificazione tedesca, in modo da sfruttare a pieno i risvolti simbolici (l’anniversario dell’unificazione tedesca) e pratici (più afflusso di pubblico) della celebrazione.
Gli incontri sono stati ospitati alla “Staatbibliothek zu Berlin”, promossi da “Stiftung Preussicher Kulturbesitz”, “Biodiversity Heritage Library”, dalle università berlinesi e, dettaglio non di poco conto, sponsorizzati da una lunga serie di imprese private, oltre naturalmente che dalla stessa “Europena – think culture -”.

Europeana, la biblioteca digitale europea, nasce il 20 novembre 2008 e sin dal principio si pone un obiettivo ambizioso: come si è premurato di sottolineare anche José Manuel Barroso, Presidente della Commissione Europea, “con Europeana realizziamo un’alleanza fra il vantaggio competitivo dell’Europa nelle tecnologie della comunicazione e della creazione di reti e il nostro ricco patrimonio culturale. Gli europei potranno ora accedere rapidamente e facilmente, in un unico spazio, alle incredibili risorse delle nostre grandi collezioni. Europeana è molto più che una biblioteca, è un vero e proprio strumento di propulsione che ispirerà gli europei del 21° secolo ad emulare la creatività dei loro antenati più innovativi, come quelli che hanno agito da elemento propulsore nel Rinascimento”.

Ma a che punto siamo dopo due anni dal lancio dell’iniziativa? E’ a questo interrogativo che ha tentato di dare una risposta la nostra due giorni di convention tedesca, occasione per presentare lo stato attuale del progetto di digitalizzazione dei beni culturali in Germania, le difficoltà tecniche, i fondi necessari, il grado di partecipazione di musei, archivi, gallerie, biblioteche a livello nazionale e locale. Ma i problemi, soprattutto di tipo tecnico e pratico o legislativo, sono ancora molti.
Di particolare interesse per il panorama italiano e per capire cosa accade fuori dai nostri confini, è tuttavia stato l’intervento, il primo giorno subito dopo i saluti, di Jill Cousins, Direttore Esecutivo della “Europeana Foundation”, quindi responsabile per il funzionamento e la gestione del dominio europeana.eu.
Si cita da un estratto sintetico del suo intervento: “Il Progetto Europeana entra nella sua seconda fase di sviluppo fornendo la possibilità di molti servizi aggiuntivi per quest’estate (2010, ndr). Da ora si può parlare di inizio vero e proprio di messa a disposizione di informazioni e strumenti per i propri fruitori. Con i nostri partners e le varie istituzioni, oltre ad altri portali a noi strettamente legati, potremo davvero plasmare  uno spazio unitario culturale e scientifico europeo attraverso i nostri beni culturali.  Attraverso questa politica di sviluppo di un pubblico dominio disponibile per tutti, possibile attraverso la digitalizzazione della nostra intera cultura, inizia anche un movimento di progressiva unificazione di relazioni, processi, strutture, enti e non solo culturali, ma anche politici ed economici, fondamentali alla pianificazione di una Europa unita, che prima, se esistenti, erano lasciati a singole azioni individuali. […]. La tecnologia è lo strumento attraverso cui tutto questo oggi è possibile e attraverso cui noi, come singoli cittadini, possiamo beneficiare di uno spazio culturale e di vita o servizi più ampio e in grado di mostrare quali sono le nostre radici e da dove proviene la nostra identità”.

I beni presenti e a disposizione del portale sono oggi 12.989.316. Le statistiche e i numeri dicono che i luoghi, la musica, le mappe geografiche e storiche, gli atti civili e politici, codici, opere librarie, oggetti d’arte, video arte, film, moda e gli stessi artisti e pensatori con le loro attività, sono stati forniti per il 20% dalla Francia, la maggior fornitrice e il paese europeo al contempo più “aperto” a questo progetto, per il 13% dalla Germania, per il 10% dalla Spagna e dall’Olanda, e poi tutta quanta una serie di paesi europei più o meno attivi in questo senso. Fanalini di coda di questa classifica di dati statistici, la Grecia, che ha fornito il 2 % delle informazioni disponibili in Europeana e , “last but not least”, l’Italia con ben l’1%.

Il paradosso. Le due culle della civiltà ellenistica, il paese principe del Rinascimento, ultimi pesi europei in un progetto come questo.
Perchè? Sarà solo una questione economica? E quali problemi economici si incontrano se i finanziamenti provengono per gran parte direttamente dalla Unione Europea? Siamo ancora ad una civiltà di stampo ottocentesco in cui forse la cultura è ancora considerata “cosa per pochi”, come accade per molti dei nostri musei anche nazionali? Rimasti enti di semplice aggregazione e conservazione di oggetti di valore?
Jill Cousins in risposta ad una domanda sull’attuale situazione in l’Italia, dopo un lungo sorriso riflessivo, risponde molto diplomaticamente, che i contatti con il “Ministero per i Beni e le Attività Culturali” sono intensi, nonostante i risultati effettivi ottenuti e che si sta lavorando intensamente per cambiare le statistiche.
Quello che si auspica è, ancora una volta, di non apparire come un popolo lontano dalla cultura, che si ritrova di più magari nella televisione, mezzo meraviglioso, ma che purtroppo ha perso il valore culturale di qualche decennio fa. Bisogna fare di più, assolutamente di più.
Chi non digitalizza e non è presente in certi ambienti e con una certa tecnologia che mantiene in contatto con i propri tempi, resta irrimediabilmente indietro e viene tagliato fuori da molteplici possibilità di sviluppo e di progresso. Resta un paese destinato a scomparire, senza nome e senza identità.
Le parole di molti politici e tecnici europei in una situazione politica e storica naturalmente molto diversa, sono per quanto riguarda l’Europa, nella sostanza, molto simili alla frase di Massimo D’Azeglio: “Abbiamo fatto l’Italia, dobbiamo fare gli Italiani”, questione per noi dopo 150 anni di storia nazionale, ancora aperta.
Si tratta della forgiatura di una coscienza e cultura europea comune, che ancora non esiste e che sarà fondamentale per la riuscita di una vera comunità di stati del continente e per la nostra stessa sopravvivenza nel mondo. L’Italia non può e non deve restarne fuori. Non impariamo proprio mai?

Link Utili:

http://www.europeana.eu
http://europa.eu/