Oggetto di un numero crescente di studi e ricerche, il paesaggio rifugge da sintetiche definizioni, incapaci di restituire la complessità degli elementi che concorrono alla sua formazione. Con lo scopo di fornire uno strumento volto alla salvaguardia, alla gestione e alla pianificazione di una vasta porzione del territorio europeo, la Convezione Europea del Paesaggio – presentata a Firenze esattamente dieci anni fa – tenta di non circoscrivere il campo d’azione, affermando che il paesaggio è “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”. Per la prima volta la nozione di salvaguardia si applica non solo ai paesaggi definiti “eccezionali”, ma anche ai paesaggi del quotidiano e ai paesaggi degradati, in quanto la Convenzione riguarda sia gli spazi rurali e naturali, sia gli spazi urbani e periurbani.
In Italia la tutela del paesaggio è affidata al Codice dei beni culturali e del paesaggio, che approvato nel 2004 ha subito due successive modifiche nel 2006 e nel 2008. Nella sua versione definitiva il Codice aveva previsto che entro il 31 dicembre 2009, tutte le Regioni si dotassero di un piano paesaggistico, elaborato in maniera congiunta con il Ministero per i beni e le attività culturali. Ma a quasi un anno dal decorrere di tale termine, nulla sembra essere cambiato. Giovedì 21 ottobre Italia Nostra, l’associazione nazionale per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale, ha reso noti i risultati contenuti nel “Primo rapporto nazionale sulla pianificazione paesaggistica”, che prendendo in considerazione le azioni intraprese da tutte le Regioni italiane, fornisce un quadro esaustivo dello stato di avanzamento dei lavori per ciò che concerne la pianificazione in materia di paesaggio. Le analisi riportate da Italia Nostra non lasciano adito a dubbi, mettendo in evidenza “uno stato di scandalosa impasse”, in cui il Ministero latita – non è mai stato reso operativo l’osservatorio nazionale sul paesaggio e non sono mai stati stabiliti dei criteri omogenei per la redazione degli accordi di pianificazione e per la costituzione degli osservatori regionali -, e le Regioni sonnecchiano visto che ad oggi non esiste un solo piano paesaggistico effettivamente operante. In una situazione di stallo generale si distingue il caso del Lazio, che stando alle osservazioni contenute nel rapporto di Italia Nostra, rappresenta “il primo organico tentativo di applicazione delle innovazioni introdotte dal Codice”, sulla cui effettiva efficacia pendono però le 18mila osservazioni giunte a seguito della sua pubblicazione.
In linea con quanto espresso dalla studio condotto da Italia Nostra, reso possibile grazie alla collaborazione dei propri Consigli regionali e delle oltre duecento sezioni sparse sull’intero territorio nazionale, i dati contenuti nell’ultimo rapporto di Legambiente sul consumo di suolo in Italia, parlano di una superficie di 21.500 chilometri quadrati sottratta complessivamente all’ambiente dal fenomeno dell’urbanizzazione, con una media annua pari a 500 chilometri quadrati, una porzione di spazio che corrisponde a circa tre volte l’estensione del Comune di Milano. Come messo in evidenza da Legambiente quello che più preoccupa non sono tanto i numeri assoluti, in quanto se è vero che la cementificazione è un fenomeno in continua espansione è altrettanto vero che dal 1990 ad oggi le aree boschive sono aumentate di circa il 20%, quanto piuttosto la qualità delle scelte che si decide di compiere. La maggior parte degli interventi insediativi attuati negli ultimi vent’anni hanno profondamente minato l’integrità del nostro paesaggio, con il rischio di ritrovarsi con “uno straordinario patrimonio di ‘isole’ in un mare di case, capannoni, infrastrutture”. Un problema questo sollevato anche da Italia Nostra che identifica due principali priorità: i centri storici, minacciati dal degrado, e lo spazio rurale e naturale, soggetto a profonde e sovente irreversibili alterazioni.
Per far sì che il paesaggio continui ad essere una parte importante del nostro patrimonio culturale e identitario, le alternative percorribili non sono tante e passano tutte attraverso una maggiore interazione tra l’amministrazione statale e le amministrazioni regionali, al fine di rafforzare il concetto di tutela e di elaborare delle politiche urbane, capaci di porre un freno al dilagare di costruzioni inutili e di puntare sulla qualità e sulla riqualificazione.

Riferimenti:
Primo rapporto nazionale sulla pianificazione paesaggistica
Convenzione Europea del Paesaggio
Un’altra casa? Dossier Legambiente sul consumo di suolo