Se l’essere umano ha cinque sensi, all’uomo del terzo millennio ne bastano due. Rifletteteci: sul tatto non investiamo tanto, anche perché i continui allarmi sanitari degli ultimi decenni ci hanno insegnato a disinfettare (e se possibile coprire le nostre mani), pericolosamente esposte a qualsiasi nuovo contagio; il gusto, per quanto i vari stili slow, vega, macro ci vengano incontro, finiamo generalmente per piegarlo alle logiche ed economie della grande distribuzione che, per evidenti ragioni industriali, tende ad omologare quell’incantevole diversità che la natura ci ha regalato; l’olfatto… esiste ancora? Insomma, tra allergie, raffreddori, sinusiti e via discorrendo, credo che la guerra tra i produttori di fazzoletti e le maison di prodotti odorosi vedano i primi vincere sui secondi, non perché abbiamo smesso di profumarci, anzi, ma semplicemente perché “sentiamo” meno.

La top five se la contendono, dunque, vista e udito. Impossibile dichiarare il vincitore, anche perché il grosso delle sollecitazioni ci arriva in formato audio-video. Certo, però, non è difficile capire che dalla prima Era industriale in avanti, il genere umano non si è risparmiato nella produzione di suoni ed immagini: belle, brutte, originali, copiate, mixate, contaminate, analogiche e digitali. Il motivo è relativamente semplice: i contenuti audio e video sono stati i primi che l’uomo è stato in grado di spostare/trasferire salvaguardandone la forma, sono quelli con i quali gestiamo la parte maggiore della nostra socialità. Infine, connesso con le prime due, dobbiamo considerarne l’archiviabilità: la possibilità di farne memoria e rintracciarli nel tempo.
I geologi ci ricordano che l’uomo, rispetto all’età del Pianeta Terra, è come un ragazzino: impara velocemente, sperimenta, sbaglia e si lagna ad ogni capitombolo. Nell’ansia di giocare con i suoni e le immagini, ha perso di vista il punto di partenza: in particolare il silenzio.
Capita a tutti, anche involontariamente, di trovarsi di tanto in tanti in luoghi davvero privi di suoni e soprattutto di rumori, luoghi in cui quasi sentiamo il nostro cuore battere, il lieve ticchettio dell’orologio, il poetico frusciare del vento tra le foglie.
Per tentare di riconnettere i propri cittadini con quella dimensione di piacere che si ha nell’ascoltare suoni semplici, cogliendone le sfumature, la Provincia di Torino ha inaugurato il progetto Paesaggi sonori con il quale intende instaurare un confronto con chiunque sia interessato al  rapporto tra acustica, rumore, suono, senso dell’udito e tessuto sociale.
La premessa è interessante: combattere l’inquinamento sonoro, non significa solamente ridurre il rumore, bensì si tratta di determinare dei parametri socialmente condivisi e che fissino soglie utili a definire un certo luogo vivibile dal punto di vista fonico.
Per mappare questi luoghi, la Provincia ha suggerito tre denominazioni: oasi sonore, riserve acustiche e  paesaggi sonori tipici della Provincia di Torino.
Della prima fanno parte quei luoghi dove l’ascolto ritrova una dimensione prevalentemente silenziosa o con eventi sonori a bassa intensità. Con i secondi s’intendono aree contraddistinte da suoni fortemente caratterizzati e che quindi non saranno quasi mai aree silenziose. I terzi riguardano quei  luoghi in cui i suoni richiamano immediatamente alla mente una precisa tradizione o condizione ambientale, tipica del territorio torinese.
In epoca di crisi economica globale pare velleitario occuparsi di paesaggi sonori ma proprio in questi frangenti l’attenzione alla breve distanza si fa più forte e, forse più necessaria. D’altra parte molti artisti contemporanei sviluppano da tempo produzioni legate al suono delle cose e delle situazioni reali. Il variegato mondo delle sonorizzazioni, infatti, passa proprio dalla rivalutazione dei microsuoni e dalla possibilità di campionarli, mixarli, modularli.
In Europa non sono molti i centri di catalogazioni dei suoni, se si escludono quelli dei centri di ricerca o dei privati, ma vale la pena di segnalare l’archivio pubblico della British Library che, oltre ad una vastissima collezione di dischi, video e registrazioni radio, conta, nella sezione “wildlife”, oltre centocinquantamila documenti sonori che comprendono animali, pianti, fenomeni atmosferici e umani.
Buon ascolto!