Si è da poco conclusa, il 3 ottobre 2010, l’ultima edizione di “Intersezioni” la rassegna d’arte che non solo segna il passo rispetto all’arte contemporanea in Calabria, ma rappresenta una innovativa contaminazione fra archeologia e contemporaneo.
Il protagonista della quinta edizione di Intersezioni è Michelangelo Pistoletto che ha proposto al Sud il progetto il DNA DEL TERZO PARADISO e come consuetudine ormai, l’evento si è dislocato fra il Marca  e il Parco Scolacium di Catanzaro a cura di Alberto Fiz.
Occorre, su quanto sta accadendo in questi ultimi anni a Catanzaro però fare una riflessione. Lo slancio vitale portato avanti dal curatore che, insediandosi nella Calabria più nascosta, ha portato alla luce aspetti brillanti di un percorso nuovo, dando finalmente un posto nel mondo della cultura ad un luogo da troppo tempo abbandonato, deve essere approfondito.
La nascita del Marca e le iniziative che ne sono scaturite, hanno senza dubbio apportato una forte spinta turistica ( e, di conseguenza, economica) al territorio che culmina oggi con la presenza di una figura internazionale come quella di Michelangelo Pistoletto. Senza tralasciare la consistenza concettuale del progetto dell’artista e la possibilità che questo offre al territorio di allinearsi finalmente con il panorama artistico contemporaneo nazionale e internazionale, rimangono comunque dei punti oscuri.
Catanzaro, come altre città italiane, produce non solo arte, ma anche artisti. Artisti giovani, carichi di prospettive e di un entusiastica voglia di ricerca che però troppo spesso rimane chiusa fra quattro mura, che siano quelle di casa o di una galleria ai più sconosciuta
E allora se Pistoletto ha fatto la storia, e se la storia è importante conoscerla, perché non lasciamo che questa abbia un’evoluzione? Troppe sono le volte che in molti luoghi si rimane ancorati agli anni passati, a quei meravigliosi anni 60  – 70, artisticamente parlando, quando giovani artisti, come sono i nostri adesso, lanciavano la loro arte in una fitta rete di relazioni che gli ha permesso poi di diventare i nomi di spicco quali sono oggi. Qualcosa evidentemente è cambiato, col tempo. Insomma il territorio calabrese ha colto e sentito l’esigenza di sviluppare nuovi processi comunicativi, turistici e di mercato, senza però saper cogliere la profonda innovazione che manca un po’ ovunque, ovvero quella di investire nel nuovo, nell’inedito. Lo spazio del Marca e il Parco Scolacium oggi rappresentano i cosiddetti spazi istituzionali dove ancora una volta si registra questa profonda lacuna, ovvero la mancanza di uno spazio dedicato all’arte giovane sia anagraficamente che concettualmente.
La conclusione diventa pertanto il paradigma di quanto si registra puntualmente in qualsiasi spazio istituzionale italiano: ovvero che l’arte soffoca l’arte. La produzione artistica affermata e consolidata non lascia respiro a quella emergente. Il Marca e le iniziative intraprese al suo interno sono la dimostrazione e, di conseguenza, la conferma che non è sufficiente istituire un museo o uno spazio dedicato per diventare portavoce di una cultura innovativa e aperta. Occorre piuttosto innovare la radice di un sistema ormai obsoleto, e chiuso dove la parola investimento viene utilizzata partendo da basi non mosse dall’economia della passione ma piuttosto da un economia di guadagno.