Chiudere per un giorno in modo da allontanare la possibilità di chiudere per sempre. E’ con questo obiettivo che venerdì 12 novembre i musei, i siti archeologici e le biblioteche di tutta Italia parteciperanno all’iniziativa “Porte chiuse, luci accese sulla cultura”, protesta indetta e organizzata da Federculture con ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) con l’adesione del FAI (Fondo per l’ambiente italiano) che vedrà sbarrati gli ingressi a tutti i visitatori dei luoghi culturali senza distinzione alcuna. A causa del decreto 78, divenuto a luglio legge 122/2010 (contenuta nella cosiddetta “manovra finanziaria”) le istituzioni culturali, soprattutto quelle facenti capo a Regioni o a enti locali, vedranno nel prossimo biennio molto indebolito il loro campo di azione e la possibilità di organizzare la propria attività con dei tagli che interessano l’80% del budget totale destinato non solo alle istituzioni culturali ma anche alle amministrazioni locali. La manovra, infatti, prevede al suo interno aspre riduzioni: tra le più discusse figurano quelle riguardanti i consigli di amministrazione, forzati a ridurre i propri componenti con conseguenti disincentivi all’investimento nella cultura da parte dei privati, e le limitazioni imposte alle spese effettuate per le mostre e per la sponsorizzazione di queste ultime. Sarà vietato, per i comuni che non superano i 30 mila abitanti, la costituzione di società ed è richiesta la liquidazione totale nel caso queste siano già state fondate negli anni addietro.
 “Misure come queste – ha dichiarato il delegato ANCI alla Cultura, Andrea Ranieri – comporteranno un danno di notevoli proporzioni per l’intero paese perché non si tiene conto che, diminuendo i fondi per la cultura, diminuirà l’attrazione verso di essa da parte di privati e sponsorizzazioni.”
Il nodo centrale sembra infatti, non tanto il taglio imposto alla cultura dal MiBAC, quanto l’impossibilità, in base alla norma vigente, di cercare con facilità percorsi alternativi e percorribili.
Enti di prestigio come la Scala di Milano o la Fondazione Musica per Roma dovranno obbligatoriamente congedare dei componenti del cda che rappresentano anche dei soci finanziari e quindi in grado di supportare economicamente le attività degli enti di cui sono parte integrante.
Con una protesta collettiva, mai sperimentata fino ad ora nel mondo della cultura, il comparto chiede dunque l’abrogazione della legge. E se la nobiltà della causa unisce tutti i protagonisti, le modalità con le quali dar voce alle proprie ragioni sono discordanti: il Comune di Milano, ad esempio, nella figura dell’assessore alla cultura Massimiliano Finazzer Flory, ha deciso di invertire la rotta proponendo, anche se sulla base dello stesso slogan, una giornata con entrata gratuita a tutti i musei della città organizzando inoltre all’interno di Palazzo Reale una conferenza che inviti alla presentazione di 10 valide alternative per attirare investimenti e sponsor privati in periodi di crisi, magari offrendo incentivi fiscali ai privati che investono nella cultura. Per rientrare nei costi della giornata, enti nazionali come il Touring Club e 400 volontari locali si sono resi disponibili a supportare l’iniziativa milanese.
Il rischio di veder precipitare la cultura ai livelli minimi storici è quanto mai vicino e scongiurarlo, quanto meno per far fede all’art 9 della nostra Costituzione che vede nella cultura un valore fondamentale, è nostro dovere così come delle oltre 900 mila imprese legate al settore. La cultura è in difficoltà, arranca per trovare fondi e le istituzioni poco fanno per aiutarla. Sarà veramente lo sciopero lo strumento di protesta adeguato? Riuscirà a scalfire gli animi dei legislatori proponendo una revisione delle norme? Con un paese che investe nella cultura lo 0,21% della spesa pubblica arretrare anche solo di pochi punti percentuali vorrebbe dire sprofondare nel baratro più assoluto, laddove cioè non avremmo più di che confrontarci con gli altri paesi europei.

Approfondimenti:
Federculture
ANCI
Testo della legge 122/2010