Intervista a Franco Marconi, gallerista marchigiano

Milano, Venezia, Torino, Trento, Roma, e in parte anche Napoli e Bologna: sono queste le città catalizzatrici del grande mercato dell’arte contemporanea in Italia. E al di là del circuito principale?
Franco Marconi, gallerista di Cupra Marittima – cittadina marchigiana sulla riviera adriatica di poco più di 5mila abitanti – dopo il diploma all’Accademia di Belle Arti di Macerata, lavora a lungo come cuoco professionista. All’età di quarant’anni (non me ne voglia se menziono l’età) decide di aprire una galleria d’arte contemporanea che, nonostante la permanenza in un paese di provincia lontano dal grande mercato, riesce ad affermarsi nel territorio marchigiano e ad aprire i suoi contatti anche con artisti e addetti ai lavori di fama nazionale e internazionale. Dopo quindici anni la Galleria Marconi continua con successo la sua attività ed è tra le poche realtà nella regione Marche a divulgare un’arte contemporanea che riesce a stare al passo con le proposte delle altre gallerie italiane.
Visto che i marchigiani sono sempre riconosciuti per la loro cortesia, Franco Marconi non è da meno, e per Tafter rilascia una breve intervista.

Come mai dall’Accademia di Belle Arti all’arte culinaria a direttore di galleria?
Arte culinaria, Accademia, artista (ho rivisto da poco i lavori che facevo, e devo riconoscere che oggi, come gallerista, mi farei fare una personale!) ed infine gallerista.
Da sempre uno dei miei desideri era fare l’Accademia di Belle Arti, e avevo messo in conto di farla una volta andato in pensione. Premetto che sono, anzi, ero un ragioniere!
Per fortuna ho avuto il coraggio di reinventare la mia vita a trent’anni, ho abbandonato tutto e ho deciso di iscrivermi all’Accademia.
Dico sempre che ho smesso di fare l’artista perché tutti erano più bravi di me, ma è ironico, non ne sono del tutto convinto… e pur di rimanere nell’arte ho deciso di fare il gallerista.

Conoscendo bene il territorio, immagino che aprire una galleria d’arte contemporanea a Cupra Marittima incontri in partenza non poche difficoltà, a partire dalla disattenzione della cittadinanza, fino all’assenza di un mercato competitivo. Come mai la scelta di iniziare un’attività del genere a Cupra Marittima e non tentare una grande città? Quale “strategia” ha adottato?
Io non parlerei di strategie, ma di amore: sono sempre stato attratto dalle sfide, anche aprire un pub all’epoca (1980 circa) era una sfida, nel territorio non ce ne erano, e direi che l’ho vinta.
Con la Galleria, dopo 16 anni, non so se ho vinto, ma comunque sopravvivo, d’altro canto se tu ora mi stai intervistando evidentemente qualcosa che vale c’è, una traccia la sto lasciando…

Secondo lei, il fatto di provenire da una cittadina di provincia e non aver studiato in una grande università o frequentato Master da “milioni di dollari” può essere considerato un handicap per chi vorrebbe fare dell’arte contemporanea un mestiere?
Io sono stato fortunato perché l’ultimo anno di accademia a Macerata l’ho fatto sotto la guida di Alberto Garutti e mi ha aperto la strada e la mente. Ho incontrato la persona giusta al momento giusto. In generale possiamo dire che è vero, ci sono delle grandi difficoltà a lavorare “in provincia”. Però per affermarsi nel mondo dell’arte non è un limite eccessivo se si ha del talento e si sa cercare i contatti, interagire bene con le realtà esistenti e presentare un lavoro “forte”, intelligente e innovativo.

Facciamo un po’ di nomi: nel 2009 ha avuto ospite in galleria Elio Belisari, amico di Maurizio Cattelan. Mario Vespasiani, Carla Mattii, Eugenio Percorsi, Marta Valenti, Maicol e Mirco sono tutti artisti passati nella Sua galleria che adesso godono di una notevole fama e collaborazioni prestigiose in Italia e all’estero. In che modo si pone nei loro confronti? Pensa di aver avuto la fortuna di averli incontrati durante la sua carriera o pensa di aver dato un contributo al loro percorso?
Oltre a coloro che già hai opportunamente citato, vorrei menzionare anche  Nicola Bolla (presente all’ultima Biennale di Venezia – Padiglione Italia) e Rocco Dubbini, (uno degli artisti a cui sono più legato) che vanta diverse collaborazioni con Achille Bonito Oliva.
Per quanto mi riguarda, loro hanno riempito la mia vita; ognuno di loro è stato fondamentale; di ciascuno mi ricordo i discorsi, le passeggiate e le mangiate che abbiamo fatto insieme, per quanto concerne il contributo che io posso aver dato alle loro carriere, beh… bisognerebbe chiedere direttamente agli artisti.

Nella sua galleria ha ospitato esposizioni di fotografia, installazioni, performance, pittura, fino al fumetto. Qual’è l’espressione artistica che preferisce?
Non c’è un’espressione che preferisco: sono per i lavori che mi danno i pugni nello stomaco, che mi fanno venire la pelle d’oca e le lacrime agli occhi…

E se le chiedessi qual’è l’evento che ricorda con maggior soddisfazione?
Onestamente ti posso dire che in 16 anni solo 3 o 4 eventi non rifarei.
Ogni volta che chiudevo una mostra ero allo stesso tempo dispiaciuto e trepidante. Dispiaciuto per la chiusura della mostra e trepidante perché pensavo subito a quella dopo.
Alla Galleria le esposizioni durano all’incirca un mese. Un mese in cui io vivo letteralmente in mezzo alla mostra. Ogni giorno scopro qualcosa di più, un significato, un particolare… e quindi si sviluppa un’ affezione profonda. È esattamente come con le persone che ci piacciono, sembra che il tempo trascorso insieme non basti mai.

Che consiglio darebbe, dunque, ad un giovane curatore o amante dell’arte che vorrebbe fare dell’arte contemporanea un lavoro pur provenendo da realtà territoriali marginali rispetto al grande circuito?
Se lavora tanto, seriamente, in modo intelligente, con tanta passione e buona volontà, con sacrificio, pazienza, senza vendersi (c’è tempo più tardi per farlo), sono sicuro che riuscirà a farsi notare… o sto parlando di qualcosa che non esiste?

La ringrazio per la disponibilità e per il suo tempo.
Ciao Claudia, ti ringrazio per le tue domande. Mi hanno dato l’occasione di riflettere sul mio percorso e di rendermi conto di quanto sia stata effettivamente dura arrivare fino a adesso. Una strada dura si, ma anche piena di soddisfazioni, tanto che non ne potrei fare a meno.