Il CEIS (Centre for Economic and International Studies) dell’Università di Roma Tor Vergata propone un momento di dialogo e divulgazione con esperti del settore e rappresentanti delle Istituzioni sullo stato attuale del patrimonio culturale del nostro Paese e sul futuro della gestione dei beni culturali.
Il Seminario,“Beni Culturali in Italia: dall’emergenza alle nuove politiche economiche”, che avrà luogo a Roma, venerdì 4 febbraio 2011, presso l’Istituto Luigi Sturzo, vedrà confrontarsi esperti del settore e rappresentanti delle Istituzioni, in linea con il lavoro che da anni il CEIS svolge nel campo dell’economia e gestione dei beni e delle attività culturali, sia attraverso azioni di formazione, sia attraverso progetti di azione – intervento, in campo nazionale ed internazionale.
L’evento sarà momento di dialogo e confronto, ma anche occasione per la presentazione di una iniziativa del CEIS, in partnership con altre istituzioni – pubbliche e private – sensibili ai molteplici problemi che la economia e gestione dei beni e delle attività culturali pone nel nostro Paese.
Il CEIS, infatti, si è fatto promotore di un Rapporto annuale su “Cultura e sviluppo”.
L’obiettivo individuato è la creazione, attraverso una analisi delle tematiche della gestione e della sostenibilità economica, di un’occasione annuale per “riflettere e far riflettere” su alcuni aspetti critici che riguardano la condizione nel nostro Paese della cultura, come settore rilevante per lo sviluppo economico e sociale.
Nonostante gli aspetti critici che il settore presenta su tutti i suoi fronti, la politica italiana degli investimenti in cultura dell’ultimo ventennio è caratterizzata dalla realizzazione di una straordinaria quantità di progetti di investimento nei beni culturali. Tuttavia la costruzione e/o l’apertura di nuovi musei e teatri, il restauro e la ristrutturazione di edifici storici, di monumenti e chiese e altri interventi importanti nel settore non hanno risolto il problema della gestione dei beni culturali, e lo hanno invece, in certo modo, aggravato.
La mancanza di una proposta di un modello sostenibile di acquisizione di fondi per la gestione ha fatto sì che, in molti casi, gli investimenti effettuati aumentassero la sproporzione tra la consistenza fisica del patrimonio e i finanziamenti per le attività di conservazione attiva, ricerca e comunicazione, che dovrebbero esserne la necessaria controparte.
Ciò è avvenuto, in particolare, a fronte di maggiori fabbisogni da parte delle amministrazioni locali in termini di risorse finanziarie strumentali alla conservazione dei beni, alla gestione dei servizi, alla produzione dei contenuti. Lo scenario prospettico appare inoltre scoraggiante e caratterizzato dalla diminuzione generale delle risorse finanziarie pubbliche per il settore: dal MiBAC agli enti locali, al FUS .
Tutto ciò rischia di mortificare le potenzialità di un settore che, come confermano le esperienze di altri Paesi, va sempre più assumendo la fisionomia di “settore chiave” per lo sviluppo economico e sociale, locale e nazionale. Del resto, in molti paesi anche comunitari, ormai da tempo il dialogo tra cultura ed economia non si limita al confronto teorico, ma ha già assunto un ruolo di protagonista nelle scelte di politica pubblica. Esperienze come quelle della Francia, della Gran Bretagna, della Spagna raccontano di un settore culturale finanziato e gestito come settore strategico nazionale, il cui valore sociale e simbolico può costituire un fondamentale volano di coesione e sviluppo.
Tuttavia, solo una robusta politica economica, da un lato, e l’adeguatezza dei modelli gestionali, dall’altro, possono consentire al patrimonio culturale di concorrere alla definizione di un modello di sviluppo endogeno fondato sulle risorse più preziose dell’identità territoriale. La sostenibilità e lo sviluppo della settore della cultura, difatti, non può attuarsi solo attraverso interventi normativi (per quanto lungimiranti), né tantomeno attraverso nuovi programmi che individuino obiettivi e traguardi, trascurando i mezzi e le modalità per il loro perseguimento, né attraverso la semplice retorica del suo essere bene comune. Serve di più: serve osservazione, ascolto, interpretazione, approfondimento elaborazione e, non da ultimo, proposte operative.