Chi li uccide, chi li salverà

Morte e resurrezione dei giornali è il profetico titolo che Enrico Pedemonte ha scelto per il suo nuovo libro. L’autore, giornalista e corrispondente dagli Stati Uniti per testate quali Repubblica o L’Espresso, riprende nel suo saggio diverse riflessioni scaturite da appassionanti chiacchierate fatte con i più autorevoli personaggi del giornalismo internazionale, riguardanti naturalmente il lento (ma neanche troppo) declino del giornale cartaceo a favore di una nuova forma di comunicazione: quella della Rete.
Steiger, protagonista del primo capitolo del libro, lo aveva capito già da qualche anno quando, percependo la crisi editoriale, decise di abbandonare la guida del Wall Street Journal per dedicarsi ad una redazione web completamente nuova, e completamente no profit: da questa idea sarebbe nata Pro Publica, testata online che nel 2010 si aggiudica il Premio Pulitzer, il maggior riconoscimento giornalistico che per la prima volta nella storia è stato assegnato ad una testata online.
Ma i giornali scompariranno davvero? I dati non sono certo confortanti ma in fondo non lo sono da anni. Un calo del 18% del fatturato indica il malessere generale e, ciò che più spaventa è che la popolazione comincia a non sentire più la necessità di un approfondimento che è reperibile anche online e, molto spesso, gratis. Cambia e si modifica radicalmente anche la figura del giornalista che diventa, nell’era della terza rivoluzione della comunicazione, un semplice tecnico dell’informazione, che forse, proprio come il tipografo degli anni ’80, è destinato a scomparire dalla scena pubblica, sostituito da chiunque abbia accesso oggi alla rete internet che, con il Web 2.0 e il citizen journalism, permette interazioni sempre più dirette e immediate. Migliaia di persone diventano contemporaneamente produttrici e consumatrici di informazioni, di qualsiasi specie.
Nel paragrafo “il nuovo lettore, globale e spossato” si identifica il lettore giovane di oggi, un onnivoro web che mangiucchia le informazioni da blog, video, mail, siti più disparati per poi comporre un patchwork personale, e il più delle volte, confuso, di quello che ha visto o letto. La ricerca, condotta, dalla Associated Press, ha dell’incredibile se pensiamo che i risultati sono molto simili in qualsiasi parte del mondo sviluppato: la tecnologia sta plasmando le nostre menti ma soprattutto ci spinge ad utilizzare il nostro tempo libero in modi totalmente diversi da quelli tradizionali. Un utente medio, ad esempio, passa circa 6 ore al giorno  su Facebook mentre impiega circa 40 minuti per leggere un giornale. Non stupisce dunque, come ci fa notare Pedemonte, che nei ranking dei siti più visti al mondo ai primi posti troviamo social network, motori di ricerca e aggregatori come Youtube e il primo sito di informazione (BBC.co.uk) è solo al quarantatreesimo posto.
Ma se l’informazione costituisce veramente il quarto potere e senza di essa un Paese non può dirsi democratico, bisognerà cogliere tali trasformazioni, prenderne atto, partecipare al grande mutamento e riformare laddove i servizi pubblici vengano concepiti come obsoleti.
Ecco dunque che Pedemonte apre le porte ad un ipergiornale, un giornale che non fornisce solo le notizie d’attualità ma tutte le informazioni e i servizi di cui l’utente ha bisogno e che, soprattutto, si mette a disposizione della comunità, trasformandosi in base alla volontà comune, prendendo la forma più consona all’occasione. Che il giornale muoia dunque, a patto di risorgere con una forma smagliante.

Morte e resurrezione dei giornali
Chi li uccide, chi li salverà
Enrico Pedemonte
pp. 248
Garzanti, € 14,60
ISBN 978-88-11-68184-7