“Mi spiace che nel mio paese prevalga tanta folcloristica acrimonia nella trattazione dei problemi comuni”: questa affermazione di Giuliano Amato ci potrebbe aiutare per tentare un commento sul dibattito riguardante le vicende del mondo della cultura e dintorni. In tempi in cui un GladiaTod’s salva il Colosseo attuando in chiave moderna e aziendalistica l’articolo 9 della Costituzione, si avverte l’esigenza di capire dove stiamo andando aldilà dei convegni e seminari che puntano l’attenzione sul valore economico dei beni culturali.
Poiché non c’è nulla di più specificatamente italiano che il poter complicare, da un dato semplice, una vicenda fino a farla diventare surreale.
Seguendo la logica evoluzione dei giacimenti culturali si intravedono, volgendo lo sguardo all’orizzonte, una serie di cantieri aperti annunciati da cartelli lavori in corso che spesso offuscano il Paesaggio Costituzionale.
E allora? E’ tempo di mettere nero su bianco. Per dirla con Pietro Graziani “ Credo sia giusto a questo punto pensare seriamente non alla patologia ma alle patologie che investono il sistema cultura in Italia. Prima cosa da porre in essere è un serio tavolo di riflessione, su tali patologie: occorre individuare e guardare con fiducia alle possibili terapie, innanzitutto all’interno del sistema statale, regionale, pubblico e privato. Le energie ci sono, gli uomini pure, vanno solo motivate e messe a sistema, poi l’aspetto finanziario troverà inevitabili percorsi condivisi”.
Le risorse diminuiscono proprio mentre la domanda di cultura aumenta. Un viaggio in Italia, anche per chi crede di conoscerla a fondo, non mancherebbe mai di rivelare splendide sorprese. Il patrimonio artistico e culturale italiano è di stupefacente ricchezza, e costituisce forse per il nostro Paese la sua più autentica risorsa.
Eppure, afferma Settis, l’Italia è davvero molto importante sotto il profilo del patrimonio culturale. Ma la sua centralità non risiede nella quantità bensì nella qualità del suo patrimonio, e in particolare in tre diversi fattori: la secolare armonia fra le città e il paesaggio, la diffusione capillare del patrimonio e dei valori ambientali, la continuità d’uso in situ di chiese, palazzi, statue, dipinti. In Italia i musei contengono solo una piccola parte del patrimonio artistico, che è sparso per le città e le campagne: in questo insieme, che è il prodotto di un accumulo plurisecolare di ricchezza e di civiltà, il totale è maggiore della somma delle sue parti
Da Mecenate a Della Valle c’è bisogno di una terza via. Seguendo le indicazioni del Premio Nobel Elinor Ostrom, ad esempio, comprendiamo che la gestione collettiva delle risorse comuni può essere una soluzione vincente, soprattutto per quelle risorse naturali per le quali il mercato privato dovrebbe fare un passo indietro di fronte a soluzione di governance sociale pubblica.Le privatizzazioni, secondo questa teoria, farebbero scomparire dall’economia non solo lo Stato ma anche la comunità.
L’attuazione statale dell’art. 9 della Costituzione potrebbe risolvere ogni problema anche se, nel breve periodo, l’intervento dei privati è quasi indispensabile per la salvaguardia di monumenti importanti e fondamentali. Si spera ovviamente che vi siano anche Salvatori della Patria che investano su tesori meno “famosi”, meno adatti per un logo naturale, ma più naturali di altri e non per questo da abbandonare dai luoghi del cuore.
“Della Valle dei templi” e non solo…