Andare al museo oggi non vuol dire solamente visitare le sale espositive per ammirare le opere in mostra o curiosare tra gli oggetti e i volumi in vendita nel book-shop; può essere anche l’occasione per sedersi a tavola e mangiare. Sì perché ormai, ogni museo che si rispetti, ha al suo interno un angolo ristoro, se non un ristorante vero e proprio.
La tendenza è evidente se pensiamo a quanti sono gli spazi di nuova apertura nei più importanti musei italiani: al MACRO di Roma, il ristorante 138 gestito dal Gambero Rosso e dallo chef Nicolai; al MAXXI, dove ha da poco inaugurato MAXXI.Eat affidato a Relais Le Jardin; sempre a Roma, a Palazzo delle Esposizioni, si annovera il ristorante – bar Open Colonna, dal nome dello chef che lo conduce; al nuovo Museo del ‘900 di Milano è possibile invece mangiare al Ristorante dell’Arengario; il Mambo di Bologna ha recuperato l’ex Forno del Pane; mentre al GAM di Palermo, ricordiamo il Gourmart guidato da Costantino Guzzo.
Anche all’estero, molteplici sono gli esempi cui far riferimento: pensiamo ai ristoranti siti nel Museo d’Orsay o al Palais de Tokyo a Parigi, ai tre locali del Moma di New York, o al ristorante Arola del Reina Sofia di Madrid.
Insomma, la cucina sembra aver invaso l’arte. Il binomio tuttavia è facilmente spiegabile: per gli avventori delle mostre, che solitamente si concedono queste visite nel tempo libero e in compagnia, la conclusione perfetta di una passeggiata tra le opere del museo non può che essere una colazione, un aperitivo, un brunch o una cena, ancor meglio se ‘a tema’. Un cuoco ai fornelli in un museo non può infatti non essere ispirato dall’ambiente circostante e interpretare con le sue pietanze l’arte da cui è attorniato: è quello che ad esempio fa lo chef Gian Nicola Colucci dell’Hotel Danieli di Venezia, fornendo una elaborazione culinaria delle opere vorticaste attualmente in mostra alla galleria Guggenheim, ricorrendo a colori, forme, e sapori degli ingredienti; non è da meno la proposta delle “Terrazze del Ducale” di Palazzo Ducale di Genova, che in occasione della mostra “L’Africa delle meraviglie”, propone portate ai gusti del continente nero.
I ristoranti nei musei rappresentano inoltre un’ottima opportunità per promuovere i prodotti locali, come accade al già citato Gourmart del GAM di Palermo, dove si possono degustare piatti preparati con il latte fresco delle Madonie, verdure degli orti di Partinico, pane del Dittaino o formaggi dei Nebrodi il pesce di Mazara, sapientemente impiegati dallo chef siciliano Costantino Guzzo, con la supervisione dell’antropologo alimentare Sergio Grasso, per creazioni ispirate alle correnti artistiche presenti nelle sale espositive.
La cura nei dettagli poi è imprescindibile quando si tratta di uno spazio inserito in un museo e così fondamentale diventa l’arredamento e il design tra le sedute e nel bancone, con estrema cura anche nella grafica dei menu o nella presentazione dei tavoli: in questo ambito il legame tra arte, architettura, design e cucina diventa evidente. L’Open Colonna a Palazzo delle Esposizioni di Roma, si inserisce nello spazio serra dell’edificio e porta la firma dell’architetto Paolo Desideri: un ambiente moderno e lineare che gioca molto con le trasparenze delle vetrate tramite la luce naturale e artificiale. Anche il Bistrot Bovisa, alla Triennale Bovisa di Milano si presenta sobrio e minimale, in linea con l’intera struttura che lo ospita, su cui domina con un cubo in vetro trasparente che consente agli ospiti di ammirare le proiezioni sulla facciata. Più informale e retrò lo stile dell’Ex Forno al Mambo di Bologna, con il suo mix di arredi vintage e di design contemporaneo, che fanno da corredo ad una cucina semplice e genuina. Il MA*GA bar, nell’omonimo museo di Gallarate, è stato invece disegnato dall’artista catalano Marti Guixé e si caratterizza per un grande intreccio di panche e tavoli, a simboleggiare come l’incontro tra persone, storie, esperienze culturali e gastronomiche possa essere favorito dal museo.
A dirla tutta, dunque, non è da escludere che i ristoranti nei musei, da semplici servizi aggiuntivi quali sono, possano anche diventare attrazioni principali di questi spazi culturali, i cui visitatori diventano automaticamente potenziali clienti. Per questo accaparrarsi la gestione di tali punti ristoro, diventa obiettivo ambito e occasione per conquistare ampia visibilità anche da parte di molti chef e catering rinomati. Il giro d’affari infatti non è trascurabile: si è passati ad un incasso lordo pari a 638.444,24 euro nel 1999, a 1.457.352,92 euro nel 2009.
E’ certo comunque che un buon ristorante all’interno del museo contribuisce grandemente ad attrarre visitatori e a diffondere la cultura non solo artistica, ma anche culinaria, offrendo un’esperienza a tutto tondo che non può che essere giudicata positivamente.