“Dobbiamo ovviamente chiarire, se vogliamo parlare in termini economici di «consumi culturali», cosa si intende per «cultura»; e non mi occuperò dell’«accezione antropologica» del termine (cultura come insieme di valori e comportamenti)…Certo che, se in quel poco non ci crediamo, abbiamo perso in partenza. Non si mangia con l’anoressia culturale”
Con queste parole Umberto Eco ci propone una sua autorevole lezione di economia della cultura, abbandonando l’aspetto antropologico soffermandosi su quello più attuale ed urgente di valore economico, di miniera e di ricchezza della Nazione.
Nel modo più semplice ed immediato. Ovvero con la Cultura si mangia o si dovrebbe mangiare. Questa frase – indipendentemente da chi l’abbia effettivamente pronunciata – identifica ormai un concetto cardine sul quale si anima il dibattito intorno al capitale culturale. Cultura ed economia intimamente connesse per alcuni. Cultura o economia per altri. 
In ogni caso, non possiamo rimanere a contemplare ci vuole un nuovo modello di sviluppo, anche per creare effettivamente ricchezza e lavoro; dunque cultura insieme ad una nuova e moderna classe dirigente. La cultura è uno degli assi dell’economia italiana. Ma sarebbe come un castello di carte senza la spina dorsale di risorse finanziare ed umane. Risorse che siano tali e non cartacee, Veni, Vidi, Capii e altri discorsi…
Di sicuro la raffigurazione iconografica della Cultura quale donna opulenta e l’economia invece come donna scarna è ovviamente più difficile da sostenere. Eppure, la Cultura in se potrebbe essere assimilata ad una Dea della prosperità o ad una Grande Madre se solo venisse alimentata per alimentare.
Forse più semplicemente potrebbe essere essenziale la Diligenza del Buon Padre di Famiglia. Per la Famiglia Italiana. Per amministrare il Patrimonio di questa nostra Patria. Per la Treccani (ora consultabile liberamente sul web in nome della diffusione della Cultura): patrimònio s. m. [dal lat. patrimonium, der. di pater -tris «padre»]. –. Il complesso dei beni, mobili o immobili, che una persona (fisica o giuridica) possiede: amministrare il proprio p.; accrescere, sperperare, consumare il p.; è l’erede di un p. immenso; ha lasciato, morendo, un bel
p.; p. familiare; p. mobiliare, immobiliare, secondo che consista in beni mobili o immobili; pàtria s. f. [dal lat. patria, propr. femm. sostantivato (sottint. terra) dell’agg. patrius «paterno»: v. patrio].
Territorio abitato da un popolo, al quale ciascuno dei suoi componenti sente di appartenere per nascita, lingua, cultura, storia e tradizioni. Lingua, cultura, storia e tradizioni. Senso di appartenenza. Paesaggio, Costituzione…per dirla con Salvatore Settis il quale afferma: “Il tema del patrimonio culturale pubblico non è uguale a quella dei beni comuni – dice – ma ci sono affinità e interazioni. Per il momento storico in cui viviamo, dominato dalla cultura del saccheggio, viene da chiedersi se intendiamo ancora proteggere l’elevato livello di tutela del territorio che caratterizza la nostra costituzione, o al contrario rinunciarvi”.
L’esortazione e la riflessione, sulla ricchezza della nostra Costituzione come elemento fondativo di tutela del paesaggio e del patrimonio, lancia un allarme e una speranza: “Non vogliamo rinunciarvi”. Non possiamo rinunciarvi. E con il sottofondo dell’Inno Nazionale par di sentire la voce di un Padre che legge lentamente l’articolo 9 della nostra Carta Costituzionale:“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

L’articolo è stato scritto in collaborazione con Marianna Scibetta